1 maggio femminista e transnazionale: Nonunadimeno lancia lo sciopero globale
- Annalisa Ramundo
- 01/05/2020
- Donne
- a.ramundo@agenziadire.com
Alle 18 in tutto il mondo 'ruidazo' di suoni e rumori dai balconi Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print
ROMA – Il movimento Non Una Di Meno lancia il 1 maggio femminista transnazionale con lo sciopero globale che anche in Italia culminerà alle ore 18 con il ‘ruidazo’, un’azione di musica, rumori di pentole e parole che le attiviste insceneranno in tutto il mondo dai balconi a causa del lockdown. Molti gli eventi territoriali che si stanno costruendo in queste ore, costantemente aggiornati sulla pagina Facebook di Non Una Di Meno.
Le parole d’ordine sono le stesse diffuse dal ‘Manifesto femminista transanzionale’, pubblicato nei giorni scorsi. Per uscire dalla pandemia e cambiare il sistema’ l’obiettivo è “dare visibilità, rafforzare le lotte e le resistenze attualmente in atto, globalmente, contro i modi in cui si stanno riconfigurando le condizioni di vita e messa al lavoro delle donne e delle persone Lgbtqi*”.
Così si legge sul testo dell’evento Facebook nazionale: “Continuiamo ad alzare le nostre voci con forza di fronte all’urgenza di denunciare insieme la crisi della riproduzione della vita di fronte a cui ci pone la pandemia, che precarizza e intensifica ulteriormente il lavoro produttivo e riproduttivo che facciamo noi donne, lesbiche, trans, queer e non-binarie. Per questo dobbiamo organizzarci e lottare insieme. La pandemia globale generata dal Covid-19 ha reso ancora più visibile non solo la crisi capitalistica e patriarcale, ma anche l’urgenza di trasformare complessivamente la società e combattere le sue disuguaglianze. Milioni di lavoratrici e lavoratori durante questa pandemia continuano a lavorare nei magazzini logistici senza protezione e con salari bassi. Le condizioni di lavoro delle e dei migranti diventano ancora più precarie: tanto le misure che di fatto mantengono irregolari le e i migranti, quanto quelle che li/le regolarizzano in maniera selettiva, sono ugualmente funzionali a poterli/e mettere a lavoro in condizioni di maggiore sfruttamento. Milioni di operatrici sanitarie e di operaie lavorano senza sosta, con salari bassi e in condizioni inadeguate, mettendo a rischio la loro vita ogni giorno- sottlineano le attiviste- Migliaia di lavoratrici domestiche vengono licenziate senza ricevere alcun sussidio. Milioni di donne sono sovraccaricate di lavoro domestico e milioni di lavoratrici informali, delle economie popolari e precarie si ritrovano senza lavoro. La crisi pandemica mostra chiaramente che i lavori necessari per la riproduzione sociale sono i più sfruttati e precari, svolti il più delle volte da donne e migranti”.
Continua la nota: “Allo stesso tempo, l’attuale isolamento dimostra che migliaia di donne, lesbiche, e trans non possono rimanere a casa e proteggere la loro salute perché devono continuare a lavorare. Coloro che possono rimanere a casa, si vedono obbligate dal sistema patriarcale ad assistere e prendersi cura degli anziani e dei bambini, aumentando ancora di più il loro lavoro domestico per il quale non c’è mai stato né un limite di ore né una retribuzione. Per molte, le case non sono luoghi sicuri perché significa essere esposte alla violenza dei propri partner ogni giorno. I femminicidi e la violenza contro le donne e le persone Lgbtqi+ si sono intensificati con questa crisi, la cui gestione securitaria omette questa realtà. La crisi invisibilizza anche il ruolo nella società delle donne diversamente abili, la cui cura e vita quotidiana sono soggette a ritmi molto particolari”.
Aggiungono le femministe: “Non vogliamo che il futuro assomigli a questo presente e ci rifiutiamo di ritornare alla normalità neoliberale, la cui insostenibilità si rivela in modo indiscutibile in questa crisi. Lottiamo per porre fine all’estrattivismo, agli allevamenti intensivi e alla produzione industriale di alimenti su larga scala, che subordinano tutte le specie viventi e la terra ai profitti del capitale. Oggi stiamo combattendo per sopravvivere nella pandemia, ma ci stiamo anche organizzando per affrontare le conseguenze a lungo termine che questa avrà sulle condizioni economiche e di vita di milioni di persone in tutto il mondo. Non vogliamo uscire da questa ‘emergenza’ ancora più indebitate e precarie. Chiediamo che la ricchezza sia utilizzata per garantire che nessuna persona sia lasciata senza entrate economiche o costretta a indebitarsi per sopravvivere”.
E ancora si legge, poco più avanti: “Durante la pandemia e nei prossimi mesi il processo di insubordinazione alimentato dallo sciopero femminista deve convertire il nostro lavoro riproduttivo in un campo di lotta per contestare la divisione sessuale e razzista del lavoro e per esigere la socializzazione del lavoro di cura. Vogliamo che sia data totale attenzione alla salute e che i servizi essenziali siano rafforzati. Pretendiamo che tutti i lavori non indispensabili a sostenere la vita siano sospesi: i lavori non necessari devono essere interrotti. Vogliamo la fine della subordinazione, dello sfruttamento, della precarizzazione. Pretendiamo anche che si forniscano le protezioni necessarie contro il virus per i lavori essenziali. Vogliamo sovvertire tutto- sottolineano le attiviste- per mettere fine alla violenza patriarcale e razzista della società neoliberale, per poter abortire in modo sicuro, libero e gratuito, per non indebitarci ancora di più, per poter disporre delle nostre libertà. Lo sciopero femminista globale ci ha insegnato che quando siamo unite siamo forti e ora più che mai dobbiamo alzare le nostre voci nella stessa direzione per evitare la frammentazione che la pandemia sembra imporci. Vogliamo un’uscita femminista transnazionale dalla crisi per non tornare più a una normalità fatta di disuguaglianze e violenze. Nella giornata internazionale delle lavoratrici e dei lavoratori affermiamo ancora una volta che la società può essere organizzata su nuove basi, che è possibile una vita senza violenza patriarcale e razzista e libera dallo sfruttamento“, concludono.
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