A Cannes arriva “Nostalgia”, Martone a Napoli con Favino
CANNES (ITALPRESS) – Napoli, luogo della coscienza: Mario Martone sa bene cosa vuol dire muoversi nella sua città, nei vicoli del Rione Sanità, ed è partendo da questa consapevolezza che per il suo nuovo film si è confrontato con il libro di Ermanno Rea, “Nostalgia”. Presentato a Cannes 75 in Concorso e da oggi in sala anche in Italia, il film rappresenta un ennesimo tassello della sua narrazione napoletana, un dialogo con la città alla quale il regista appartiene, che va avanti da sempre e che in questo caso prende le mosse da quello che è un po’ il libro testamento di Rea, la storia di una riconciliazione con la propria città che è anche una riconciliazione con la propria biografia. Qualcosa di simile Martone lo aveva già trovato nelle pagine di Elena Ferrante per “L’amore molesto”, col quale nel 1995 proprio qui a Cannes aveva trovato il suo primo grande successo internazionale.
La “Nostalgia” è quella che spinge un uomo ormai maturo, Felice Lasco, interpretato da Pierfrancesco Favino, a tornare a Napoli dopo decenni di lontananza: vuole rivedere la vecchia madre, che lo aveva spinto a partire quando era ancora un ragazzo, un quindicenne, per raggiungere uno zio in Libano e rifarsi una vita lì. Quello che il romanzo di Rea ci dice subito, Martone sceglie però di metterlo da parte, rinviando l’epilogo di una storia che quest’uomo ha celato nel suo cuore per tutta la vita e che è tutto sommato il vero motivo per cui è ritornato a Napoli. Una storia che ha a che fare con un suo fraterno amico di gioventù, Oreste Spasiano, il cui nome oggi incute timore perché è il più temuto dei boss del Rione Sanità. E’ contro il suo impero di droga, prostituzione e tangenti che il coraggioso parroco Don Luigi (interpretato da Francesco Di Leva) si batte da una vita ed è per ritrovare lui che Felice non intende andarsene da Napoli, anche se in Libano lo attendono una moglie innamorata e una vita ricca e onesta.
L’intreccio insomma è di quelli che conducono le ragioni del cuore nella sfera della realtà sociale: Martone lo persegue con la una lucidità che è ben diversa dalla confusione interiore in cui aveva trovato le ragioni della protagonista di “L’amore molesto”, film col quale “Nostalgia” dialoga immancabilmente, soprattutto nella prima parte. Martone si affida infatti allo spiazzamento del protagonista, al suo seguire il percorso di memorie rimosse, di sonorità dimenticate, per trovare la via d’accesso alla narrazione di una città dolce e tentacolare, confusa e accogliente, che poi si dispiega davanti al suo ritorno con una nuova disponibilità, mediata dal parroco do quartiere che lo ha preso sotto la sua protezione.
Aiutato da Pierfrancesco Favino, che si offre nelle movenze e nelle sonorità delle sue parole al ritratto di un personaggio che ha perso la sua Napoli e cerca di ritrovarla, Mario Martone conduce “Nostalgia” in un percorso che scopre progressivamente le verità di un dramma antico come la città. Un dramma fatto di giovani senza prospettive, che tentano la strada dell’illegalità e finiscono per essere le prime vittime delle loro scelte, anche quando le loro azioni ricadono sanguinosamente su altri. Il tema del film è il perdono e la rinascita, ma anche e soprattutto l’impotenza che si ha difronte alle scelte sbagliate. In questo senso Mario Martone sceglie di raccontare la doppia faccia di una Napoli che da un lato si compiace in arcaiche sottomissioni al dominio del male incarnato dal boss, e dall’altro si affida alla voglia di legalità e di rinascita, rappresentata da Don Luigi e dalla sua comunità.
Il film ha tre movimenti, ognuno dei quali rappresenta una chiave d’accesso alla narrazione della città: la prima parte si muove nelle vene di Napoli, scorrendo assieme alla confusione del protagonista e alla dimensione sentimentale della memoria incarnata nella vecchia madre ritrovata; la seconda instaura un nuovo rapporto con la città che trova nel confronto con il sacerdote di quartiere la sua dimensione autentica; il terzo si spinge nella colpa rimossa del protagonista e nel suo rinnovato confronto con l’amico d’infanzia. In ognuno di questi movimenti Martone mette ragioni sufficienti a definire l’assetto del suo film, ma quello che forse manca all’insieme è la capacità di far davvero dialogare queste parti, creando un confronto autentico e una rappresentazione davvero intima della città. Un film sulla memoria persa e ritrovata, un film sulla “Nostalgia”, deve saper prima di tutto perdersi davvero nelle ragioni del ritorno e in quelle del perdono mancato.
– foto agenziafotogramma.it –
(ITALPRESS).