A Roma la mostra “Ipotesi Metaverso” tra storia e innovazione

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Tempo di Lettura: 6 minutiROMA (ITALPRESS) – Dal 5 aprile al 23 luglio 2023 Palazzo Cipolla a Roma si trasforma in Ipotesi Metaverso, la mostra evento, un’immersione in nuove dimensioni spaziali/esistenziali e nei mondi immaginari di 32 artisti (16 storici e 16 contemporanei) in dialogo tra loro nel territorio dell’immaginazione, dal Barocco a oggi. 15 ambienti per altrettanti percorsi […]

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ROMA (ITALPRESS) – Dal 5 aprile al 23 luglio 2023 Palazzo Cipolla a Roma si trasforma in Ipotesi Metaverso, la mostra evento, un’immersione in nuove dimensioni spaziali/esistenziali e nei mondi immaginari di 32 artisti (16 storici e 16 contemporanei) in dialogo tra loro nel territorio dell’immaginazione, dal Barocco a oggi. 15 ambienti per altrettanti percorsi multimediali e multisensoriali che trasformano lo storico palazzo romano di Via del Corso in un viaggio tra linguaggi e visioni, virtuale e reale, per una mostra tra le prime del genere su scala internazionale, ideata e fortemente voluta dal Prof. Avv. Emmanuele Emanuele e a cura di Gabriele Simongini e Serena Tabacchi.
La mostra vede insieme opere storiche di Carlo Maratti, Andrea Pozzo, Giovanni Battista Piranesi, Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Fortunato Depero, De Pistoris, Giorgio de Chirico, Maurits Cornelis Escher, Victor Vasarely, Ugo Nespolo, Giulio Paolini, Giuseppe Fiducia, Pier Augusto Breccia, Alfredo Zelli, Cesar Santos, e opere site-specific di alcuni tra gli artisti digitali più innovativi e dirompenti della scena contemporanea italiana e internazionale: Robert Alice, Refik Anadol, Alex Braga, Joshua Chaplin, Sofia Crespo e/and Feileacan McCormick, Damjanski, Primavera De Filippi, fuse*, Fabio Giampietro con/with Paolo Di Giacomo, Krista Kim, Mario Klingemann, Pak, Joe Pease, Federico Solmi, Sasha Stiles, Pinar Yoldas.
Contemplazione ed immersione, intimità e partecipazione corale, percezione quasi simultanea del “materiale” e dell’immateriale sono le esperienze che la mostra propone allo spettatore, da vivere quasi simultaneamente.
Palazzo Cipolla non è nuovo a questo genere di sperimentazioni: dalla storica mostra di Bansky a Quayola, passando per London Calling per arrivare fino a Ipotesi Metaverso, il palazzo ottocentesco affacciato sul centro storico di Roma, per volontà del Presidente Emanuele che vi ha realizzato ben 59 mostre in poco più di vent’anni, si è sempre configurato come avamposto contemporaneo della capitale, intercettando nuove tendenze e nuovi linguaggi, promuovendo l’arte contemporanea in ogni sua coniugazione e sfumatura.
«Già nel 2021, portando a Palazzo Cipolla la mostra del media-artist Quayola Re-coding, ho voluto dimostrare, attraverso un linguaggio completamente nuovo, che le tecnologie più attuali si mettono al servizio dell’atto creativo in tutte le sue forme, offrendo all’artista ed ai suoi fruitori nuovi strumenti per esplorare l’ineffabile mistero del fare arte. E oggi desidero proseguire in questo solco improntando l’attività espositiva alla modernità della mia visione e all’apertura universale del mondo alle sue diverse proposizioni: da qui, come detto, nasce la mostra Ipotesi Metaverso. Spero sinceramente che questa mostra, nella quale abbiamo chiamato a esporre giovani artisti noti già nel mondo, in Oriente, in America, in Europa, possa dare contezza di questa mia visione innovativa e radicalmente rivoluzionaria. Ma soprattutto mi auguro che da questa esperienza scaturisca il conforto di una visione positiva del mondo che si evolve, che non si arresta e che continua, con mezzi differenti dal passato, a produrre emozioni universali» spiega il Prof. Emmanuele Emanuele, e aggiunge: «Questa mostra si configura come la sintesi di quello che è il mio pensiero, ovvero che oggigiorno è necessario ed imprescindibile coniugare la tradizione con il nuovo che avanza, con il mondo digitale, con l’apporto delle nuove tecnologie, che costituiscono una vera rivoluzione anche nella maniera di manifestare il sentimento che è, fin dall’alba dei tempi, alla base dell’opera d’arte. A chi teme che la tecnologia possa sopraffare le specificità dell’essere umano, rispondo con la convinzione secondo cui l’umanità saprà trovare le risorse giuste per convivere con essa e non esserne totalmente asservita: in altre parole, ne sfrutterà le potenzialità affinchè migliorino qualitativamente il nostro vivere. Per questo credo fortemente alla coesistenza del passato e del futuro e, come ho detto prima, ritengo che anche l’arte si sia uniformata a questa compresenza».
Commentano i curatori Gabriele Simongini e Serena Tabacchi: «Ipotesi Metaverso è una delle prime mostre internazionali a porsi domande sul concetto tecnologico/esistenziale di Metaverso, attraverso una serie di esperienze multisensoriali e multimediali create dal genio di artisti contemporanei messi in dialogo con opere “materiali” di artisti storici o tuttora operanti che hanno creato altri mondi, dal Barocco ad oggi, con spazi mentali ed illimitati. Il visitatore si immerge così in una dimensione phygital (unione di fisico e digitale), che è poi quella che ci si prospetta nella vita quotidiana dell’immediato futuro. L’ultima frontiera del Metaverso appartiene al mondo dei social media e degli spazi virtuali in VR (realtà virtuale), in AR (realtà aumentata) e costruiti su tecnologia blockchain, un sistema di archiviazione dati non centralizzato e crittografato. In questi mondi ognuno di noi può incarnarsi nel proprio gemello digitale (avatar) o trasformarsi in quello che abbiamo sempre desiderato. Il Metaverso non è regolato dalla fisica terrestre e ogni oggetto al suo interno può essere importato dal mondo reale o creato ex novo dalla nostra fantasia. Anche l’intelligenza artificiale gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo di queste realtà in cui l’uomo, la natura e la tecnologia possono trovare una nuova sinergia, ibrida e armonica, verso un umanesimo digitale».
Il percorso parte da una fra le più celebri e visionarie “Carceri d’Invenzione” di Giambattista Piranesi per entrare subito dopo dentro le sue architetture illusionistiche e disorientanti grazie al film d’animazione 3D di Grègoire Dupond e Teho Teardo. Nella grande sala laterale, il moto pendolare fra fisico e digitale si concretizza nell’altalena immersiva di Fabio Giampietro e Paolo Di Giacomo, mentre al centro Maurits Cornelis Escher, l’artista che ha più ispirato gli “architetti” del Metaverso, dialoga con Andrea Pozzo, di cui è esposto il bozzetto per la finta cupola della Chiesa di S.Ignazio, capolavoro di architettura simulata e virtuale che lo stesso artista olandese aveva studiato ed ammirato a Roma. Di fronte, “Onda lunga” di Pier Augusto Breccia ci propone un vortice ipnotico che sembra aver anticipato quello nel quale tuffarsi per entrare in “Decentraland”, Metaverso totalmente decentralizzato. Si prosegue con un confronto inedito fra un’opera d’arte nativa digitale di Krista Kim ed un capolavoro di Victor Vasarely, fra vertigini ottiche ed utopie zen per un mondo più vivibile. Nelle due sale successive, Federico Solmi fa dialogare quadri e sculture con la virtualità attraverso un processo di ritorno e riconfigurazione delle immagini da un mondo digitale a quello fisico. Subito dopo, arrivano sorpresa e inquietudine con le innumerevoli metamorfosi di volti create da Mario Klingemann con nuove applicazioni delle reti neurali. Nella sala successiva ci si immerge nell’installazione audiovisiva di fuse* che formula un’ipotesi creativa sul Multiverso. Usciti dalla sala, ecco una nuova esperienza “fisica” che ci fa confrontare con la capacità profetica del futurismo: con “Forme uniche della continuità nello spazio” (1913) di Boccioni, e il quadro “Donna e ambiente” (1922) di De Pistoris abbiamo l’uomo e la donna del futuro, due “cyborg” aerodinamici che avanzano fondendosi con lo spazio. La smaterializzazione torna nella sala successiva con la performance audiovisiva di Alex Braga che crea un’esperienza di moltiplicazione sensoriale fondata sulla musica. Proseguendo, si incontra un’idea diversa di virtualità con l’opera “Figura e spazio” di Alfredo Zelli, un’apparizione che unisce pittura, scultura e visione architettonica. Nel cortocircuito fra due artisti di epoche diverse come Fortunato Depero e Joe Pease diventa poi protagonista una realtà urbana ipnotica e accattivante. Il confronto/dialogo fra fisico e digitale si accentua nell’abbinamento, fra il capolavoro barocco di Carlo Maratti e Sediment Nodes di Entangled Others. Pochi passi e si entra nella dimensione della letteratura generativa con Sasha Stiles. Proseguendo, un altro dialogo fra fisico e digitale è quello tra Giacomo Balla, capace di realizzare una sorprendente ibridazione fra razionalismo ed esoterismo, e Robert Alice il quale crea una rappresentazione in grafica vettoriale per rappresentare l’architettura tecnologica del nuovo internet, il web3. Subito dopo ci si confronta con un tempo circolare, un “eterno ritorno” di cui sono protagonisti Giorgio de Chirico e Giulio Paolini. Pochi passi ed ecco il grande quadro di Giuseppe Fiducia che già negli anni novanta ha dipinto congegni futuribili. A fianco, si snoda un accavallarsi di orizzonti visionari con “Corridor” di Cesar Santos. In questo contesto la ricerca di PAK ci porta a comprendere l’enorme possibilità del concetto di metaverso attraverso una serie di opere interattive: ogni opera è legata intrinsecamente alla tecnologia blockchain, che mette in comunicazione l’artista con la sua community. Se il digitale appartiene solo al mondo virtuale, l’opera di Damjanski ci ricorda che la presenza umana potrebbe presto scomparire in futuro. Procedendo nel percorso, l’idea di Tecnonatura, che apre la strada ad un rinnovato dialogo fra esseri umani e natura tramite la tecnologia, trova espressione nel lavoro di Primavera De Filippi, con il suo “Plantoid” che si nutre di criptovalute, mentre possiamo pensare di tramutarci in divinità ibride grazie alla fantasia e ai modelli 3D di Pinar Yoldas: le sculpture phygital dell’artista turca. Poco dopo Ugo Nespolo, degno erede del futurismo, individua nel videogame una componente fondamentale dell’immaginario contemporaneo e dello stesso Metaverso. Il riferimento al gaming apre al dialogo con la visione del britannico Chaplin, giovanissimo artista di Nottingham: con lui il metaverso appare come una finestra su vari mondi, in cui l’utente può navigare attraverso uno schermo e una tastiera, a metà tra il gaming e l’esperienza immersiva. Infine, atterriamo in un mondo fluido e in continuo divenire, realizzato da Refik Anadol, in cui una serie di algoritmi programmati su un dataset selezionato dall’artista ci fa entrare finalmente in quello che chiamiamo metaverso, trasformando la nostra conoscenza del reale in qualcosa di mai visto prima.
La mostra, curata da Gabriele Simongini e Serena Tabacchi, è promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, ed è realizzata da Poema SpA.
-foto ufficio stampa Fondazione Terzo Pilastro-
(ITALPRESS).

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