Affari illeciti nel mercato delle pelli in Toscana, in manette esponenti clan Lo Russo

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Ciro Taglialatela e Vincenzo Bocchetti, entrambi arrestati a Napoli, sono ritenuti responsabili di riciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print

NAPOLI – Diciotto persone indagate, per due delle quali è stata disposta la misura della custodia in carcere.
Questa mattina i carabinieri del comando provinciale di Firenze hanno dato esecuzione a un’ordinanza firmata dal Gip del tribunale Firenze Silvia Romeo, su richiesta della Dda del capoluogo toscano, nei confronti di Ciro Taglialatela, figlio di Bruno Taglialatela, esponente di spicco del clan Lo Russo dell’area nord di Napoli, e Vincenzo Bocchetti, entrambi arrestati a Napoli, dove risiedono. Sono ritenuti responsabili di riciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. I due operavano come referenti delle ditte Brupel e World Pellami con sede a Casavatore (Napoli), aziende attive nel settore del commercio di pellami.

Si tratta del secondo filone dell’operazione “Vello d’Oro” che, nel febbraio 2018, aveva permesso di identificare 14 persone che avevano messo su un’articolata organizzazione criminale legata alla ‘ndrangheta calabrese e operante in Toscana, Calabria e in Europa con una rete di aziende costituite ad hoc per generare voluminose movimentazioni finanziare.
Durante le indagini è stato appurato che, nell’estate del 2015, i due indagati napoletani erano subentrati ai soggetti calabresi legati alle famiglie di ‘ndrangheta dei Nirta e dei Barbaro, rilevando anche i rapporti illeciti di natura economica con gli imprenditori toscani. Quale intermediario degli imprenditori rimaneva invece inalterato il ruolo di Cosma Damiano Stellinato, già tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Vello d’Oro”.

Bocchetti e Taglialatela, per la procura, si occupavano di ricevere fittizi ordinativi di merce del comparto conciario (pellame, grasso animale e altro) da parte di imprese toscane, operanti nel cosiddetto distretto del cuoio tra le province di Firenze e Pisa. Venivano emesse false fatture circa le forniture relative a ordinativi di merce fittizi, pagati tramite bonifico.
Una rete di spedizionieri compiacenti permetteva poi la consegna di denaro contante dalla provenienza illecita per centinaia di migliaia di euro. Il denaro versato nelle attività economiche toscane veniva impiegato principalmente per retribuire le prestazioni cosiddette “fuori busta” dei lavoratori dipendenti e ridurre pertanto gli esborsi di carattere previdenziale.
Le fatture per operazioni inesistenti venivano invece utilizzate dai medesimi imprenditori toscani per dichiarare elementi passivi fittizi con l’obiettivo di evadere le imposte sul reddito o sul valore aggiunto: annotando in contabilità le false fatture, abbattevano gli utili delle proprie aziende (quindi pagavano una minore imposta sul reddito), registravano un credito Iva fittizio e, quindi, scaricavano sull’erario il “costo” del finanziamento illecitamente ottenuto.
Complessivamente sono 18 le persone indagate, tra collaboratori di Taglialatela e Bocchetti, titolari di imprese toscane e responsabili di ditte di spedizioni, tutti già destinatari di decreti di perquisizione e contestuale informazione di garanzia eseguiti nell’ottobre 2018 nei confronti di 28 abitazioni e sedi di imprese.

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