Al cimitero Flaminio un altro feto sepolto senza consenso della donna

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Un'altra croce bianca col nome e cognome della donna. Un abuso che di ora in ora appare sempre più diffuso

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ROMA – “Mi sono recata al Cimitero Flaminio e ho scoperto che c’è una tomba a mio nome. All’ufficio mi hanno stampato un foglio con i dati della salma e la sua ubicazione con tanto di cartina per l’orientamento. Tutto senza il mio consenso e senza che io ne fossi minimamente a conoscenza“. Arriva un’altra volta dal profilo Facebook di una donna, questa volta Francesca, la denuncia della sepoltura di un feto abortito, avvenuta senza consenso e senza rispetto della privacy al cimitero Flaminio di Roma, corredata dalla foto del foglio logato Cimiteri Capitolini e della croce. Un’altra croce bianca col nome e cognome della donna, come raccontato pochi giorni fa da Marta, che con la sua testimonianza ha squarciato il velo su un abuso che di ora in ora appare sempre più diffuso.

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“Nei giorni in cui sono stata ricoverata in ospedale, più volte ci hanno tenuto a farmi un’ecografia per vedere il viso di mia figlia e sentire il battito del suo cuore come se il dolore che stessi provando nell’aver preso la durissima decisione di abortire non fosse abbastanza- scrive Francesca sul suo profilo in un altro post- In tre occasioni ho chiesto che fine avesse fatto il feto. La prima quando la mattina dopo mi hanno frettolosamente dimesso dal reparto dandomi il Polase perchè ‘un po’ verdina’ e mi fecero spallucce suggerendomi di lasciare stare. Pensai, che tatto! Evitano di dirmi che l’hanno buttato tra i rifiuti speciali! La seconda alla visita di controllo dopo un mese dal capo parto (il ritorno del ciclo dopo il parto). Controvoglia mi sono recata in ospedale dalla dottoressa che mi aveva fatto abortire, donna non obiettrice, solo per guardarla negli occhi e chiederle perchè mi aveva visto urlare per tutte quelle ore senza intervenire e mi rispose ‘Signora lei non ha idea come sono costretta a lavorare qui dentro e cosa c’è dietro a tutto questo! Del feto non so nulla‘. La terza e ultima volta quando sotto Natale, a distanza di più di tre mesi dal parto, finalmente mi è stata consegnata la tanto attesa cartella clinica (incompleta e illeggibile) e anche in quella occasione la risposta della signora allo sportello referti fu ‘non so dirle del feto, mi dispiace!‘”. Continua Francesca: “Ora, ieri vedere il mio nome su quella brutta croce gelida di ferro in quell’immenso prato brullo è stata un’altra profondissima pugnalata, un dolore infinito e una rabbia da diventar ciechi. Avete presente quella scena di Tarantino dove lei viene sepolta viva sotto terra? Ecco, io stanotte ho sognato quella roba là e mi sono tirata su di scatto congelata. Ora che conoscete i fatti, mi concedete di usare il termine ‘tortura’?“.

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