Allarme dei sindacati: negli ospedali marchigiani un ginecologo su quattro è obiettore

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ANCONA – Nelle Marche il 73% dei ginecologi ospedalieri è obiettore, praticamente uno su quattro. Sono dati della Regione elaborati dai sindacati (Cgil, Cisl e Uil) che denunciano le difficoltà delle donne marchigiane ad abortire. “Tanto che- spiegano in una nota le organizzazioni sindacali regionali- una donna circa su dieci deve andare fuori regione per abortire”. Nel 2019 le interruzioni volontarie di gravidanza sono state 1.450: 447 in provincia di Ancona (170 all’ospedale di Senigallia, 42 a Jesi, 27 a Fabriano, 30 al Salesi di Ancona, e 178 in Case di Cura), 300 a Pesaro Urbino (122 ad Urbino, 136 a Pesaro e 42 a Fano), 358 a Macerata (105 a Civitanova Marche e 253 a Macerata), zero a Fermo e 345 ad Ascoli Piceno (129 a San Benedetto del Tronto e 216 ad Ascoli Piceno).

Per quanto riguarda i ginecologi ospedalieri su 137 che lavorano nelle Marche 100 sono obiettori e 37 non obiettori. A Jesi gli obiettori sono 10 su 10 (100%), a Fano 9 su 10 (90%), a Fermo 10 su 11 (91%), a Civitanova Marche otto su nove (89%), a Macerata nove su 12 (75%), a Senigallia sette su nove (78%) e ad Ascoli Piceno sei su otto (75%). Numeri che scendono a Fabriano dove gli obiettori sono tre su cinque (60%), al Salesi di Ancona 14 su 24 (58%), a Urbino sei su 11 (54%), a Pesaro otto su 12 (67%) e a San Benedetto del Tronto cinque su nove (56%).

sindacaliste marche

In ogni caso in nessun ospedale marchigiano i ginecologi non obiettori sono più dei ginecologi obiettori. “Lo Stato ha il dovere di rendere concretamente effettiva la legge 194 che è stata una conquista delle donne per assicurare la loro libertà e il loro diritto alla salute- dichiarano in una nota Daniela Barbaresi, Cristiana Ilari e Claudia Mazzucchelli, di Cgil, Cisl e Uil Marche-. Chiediamo anche il rispetto da parte della Regione delle linee guida del ministero della Salute sull’aborto farmacologico e sul ruolo dei consultori”.

Nelle Marche, secondo i sindacati, solo il 6% delle interruzioni volontarie di gravidanza avviene con metodo farmacologico: valori lontanissimi dalla media nazionale (21%) e da quelli di regioni come la Toscana (29%), Emilia-Romagna (37%) o il Piemonte (44%). “Le donne vogliono vivere in un paese che consenta di mettere al mondo figli senza l’angoscia per il futuro- concludono-. Un paese in grado di assicurare loro un lavoro stabile e adeguatamente retribuito e che investa in un’adeguata rete di servizi per l’infanzia e per un welfare davvero universale. Nelle Marche le donne non torneranno indietro e non smetteranno di rivendicare con forza il loro diritto ad essere rispettate come persone e ad essere libere di scegliere”.

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