ALLARME MEDICI, MAGGIORE CARENZA IN LAZIO, MOLISE E LOMBARDIA
E' allarme medici e odontoiatri in Italia. Meno numerosi, più vecchi e con un trend in preoccupante aumento; sono del tutto insufficienti gli accessi ai corsi di laurea in medicina e alle scuole di specializzazione per compensare questa continua diminuzione di camici bianchi. Dalle proiezioni effettuate dai ricercatori dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane, che opera all’interno di Vithali, spin off dell’Università Cattolica presso la sede di Roma, dei 56 mila medici che il Servizio Sanitario Nazionale perderà nei prossimi 15 anni saranno rimpiazzati solo il 75%, cioè 42 mila. Un dato che si avvererà considerato l’attuale numero di posti per i corsi di laurea in medicina e chirurgia e delle scuole di specializzazione messi a bando ogni anno. Lazio, Molise e Lombardia sono le Regioni attualmente con le minori dotazioni di medici.
"Questo scenario, determinatosi nel corso di anni in cui non è stata fatta una programmazione adeguata da parte delle autorità competenti, rischia di compromettere le basi portanti del SSN – afferma il professor Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane -. In un mondo in cui la carenza di medici e di personale sanitario sta diventando drammatica, l'Italia aggiunge la miopia di finanziare la formazione di un numero importante di giovani medici e di ‘regalarli’ poi a Paesi in grado di accoglierli a braccia aperte".
Sempre secondo le proiezioni dell’Osservatorio, per rimpiazzare i 56 mila medici in 15 anni saranno necessarie 13 mila e 500 immatricolazioni ai corsi di laurea in medicina e 11 mila posti di specializzazione. "Ma le Università dovranno essere attrezzate per formare circa 5 mila studenti in più ogni anno”, commenta Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio.
"La dinamica della spesa sanitaria, a livello nazionale, nel corso degli ultimi 15 anni, è stata caratterizzata da un evidente rallentamento della crescita osservata dopo la prima metà degli anni ‘90 – spiega Solipaca – La contrazione della spesa si è accentuata con l’introduzione dei Piani di Rientro, attivati per arginare il crescente aumento del deficit delle Regioni. Tra le voci di bilancio maggiormente colpite dagli interventi la spesa per personale dipendente del SSN, scesa nel 2016 al 30,6% del totale della spesa sanitaria pubblica". "Tale riduzione è stata ottenuta attraverso una forte contrazione del numero del personale dipendente, testimoniato dal turnover osservato negli ultimi anni che in alcune Regioni è arrivato al 25%, cioè su 100 pensionati ci sono state solo 25 nuove assunzioni”, aggiunge Solipaca.
I dati riferiti al quadriennio 2013-2016, pubblicati dal Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato, mostrano come il tasso di compensazione del turnover, al netto delle procedure di stabilizzazione, sia in tutti e 4 gli anni presi a riferimento, inferiore a 100, il che significa che sostanzialmente l’organico del SSN ha subito una contrazione.
In particolare, nel 2016 si registra un tasso di compensazione del turnover nazionale del 97,2%, ma nel 2015 si è attestato al 76,3% e nel 2014 all’80,5%. L’ultimo triennio segue a un trend storico, tra il 2008 e il 2012, in cui si è osservato un tasso di compensazione costantemente in riduzione, dal 97,2% del 2008 è sceso fino al 68,9% nel 2012.
Tale dinamica ha interessato anche i medici e gli odontoiatri del SSN il cui numero si è ridotto in modo costante tra il 2013 e il 2016, passando da 108.271 unità nel 2013 a 105.093 unità nel 2016 (-2,9%). Il medesimo trend si riscontra in maniera più accentuata se si rapporta il numero di medici e odontoiatri del SSN alla popolazione; infatti, in questo caso la riduzione del numero di unità è del 4,3%.
La dotazione minore di medici si riscontra nel Lazio, Molise e Lombardia le quali hanno 1,3 e 1,4 medici ogni 1.000 abitanti, a livello nazionale si attesta a 1,7 per 1.000. Molise e Lazio sono le regioni che hanno sperimentato la diminuzione più marcata dal 2013, 16,3% e 13,3% rispettivamente.
In generale, la dotazione di medici mediamente più bassa si registra nelle regioni del Mezzogiorno, ad eccezione della Sardegna e della Basilicata che vantano un rapporto medico/popolazione superiore alla media nazionale, rispettivamente 2,7 e 2,1 ogni 1000 abitanti.
La riduzione del personale medico è assai preoccupante in quanto si accompagna a un progressivo invecchiamento. Infatti, nel 2016, quasi il 52% del personale medico ha oltre 55 anni, sale al 61% tra gli uomini, tra le donne si attesta al 38%. Tra i 50 e i 59 anni la quota dei medici si attesta al 41%, tra i 40 e i 49 anni a circa il 23%.
La dinamica temporale osservata dal 2013 al 2016 è molto preoccupante, infatti è aumentata di quasi il 10% la quota di medici ultra sessantenni, la variazione è del 7% al Nord, 8% al Centro e sale fino al 14% nelle regioni del Mezzogiorno. Per contro, tutte le fasce di età più giovani sperimentano una diminuzione del loro peso percentuale, calo generalizzato su tutto il territorio italiano.
"La prospettiva futura è allarmante – affermano Ricciardi e Solipaca – in quanto, nel 2016, i medici con più di 55 anni sono oltre 56 mila, quindi nel corso dei prossimi 15 anni, a legislazione vigente e al netto di uscite anticipate legate alla riforma nota come ’quota 100’, ci si attende una uscita per pensionamento di pari entità. Lo scenario appena prospettato – concludono i ricercatori dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane – è aggravato dal fatto che la programmazione degli accessi ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, nonché quelli previsti per le scuole di specializzazione, non ha considerato il fabbisogno di medici che avrebbe dovuto assicurare, come dimostrano le stime che seguono effettuate dall’Osservatorio. Il rientro dal deficit delle Regioni attuato tagliando la spesa per il personale medico da un lato, la cattiva programmazione degli accessi ai corsi di laurea e di specializzazione dall'altro mettono il SSN di fronte a una vera emergenza per il futuro".