Alzheimer: e se fosse tutta questione di produzione di energia?
Secondo una recente ricerca esisterebbe una connessione tra l’energia delle cellule e la malattia di Alzheimer
Lo studio ha identificato un legame tra il modo in cui le cellule producono energia per la funzione cerebrale e una mutazione genetica associata al morbo di Alzheimer. La scoperta ha stimolato un’ulteriore analisi su questo collegamento, considerato come fattore fondamentale e precoce del morbo di Alzheimer nell’uomo.
Nello studio, purtroppo ancora condotto sugli animali, i ricercatori hanno analizzato il cervello di giovani adulti di pesci zebra con mutazioni genetiche associate alla malattia ad esordio precoce. Il team ha utilizzato una tecnologia genetica all’avanguardia e analisi matematiche, per confrontare l’attività genica e rilevare sottili differenze tra i pesci normali e quelli con le mutazioni.
Mentre i ricercatori hanno scoperto che mutazioni diverse in geni diversi hanno molti effetti differenti sulla funzione delle cellule cerebrali, hanno anche scoperto che le mutazioni del morbo di Alzheimer influenzano una funzione cellulare molto importante: l’uso dell’ossigeno all’interno delle cellule per produrre energia.
Si tratta di una scoperta molto interessante perché si può sapere che quando si sviluppa l’Alzheimer, il cervello delle persone diventa gravemente carente nella produzione di energia. I cervelli sono costituiti da molti tipi diversi di cellule, che hanno modi complicati di produrre e condividere energia. Il gruppo di ricerca ora vuole esaminare come le mutazioni del morbo di Alzheimer influenzino questi diversi tipi di cellule.
Quindi, la produzione di energia è l’attività cellulare più importante che supporta tutte le altre funzioni, in particolare negli organi altamente attivi come il cervello; di conseguenza, se la ricerca riuscisse a capire in dettaglio cosa accade con l’uso di ossigeno e la produzione di energia, si potrebbero individuare i modi per fermare la malattia prima che inizi, a beneficio della popolazione che invecchia.
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Fonte: The Company of Biologists
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