Attaccamento genitoriale: cos’è e cosa comporta

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Attaccamento genitoriale? Cosa comporta? Quante volte è successo: mi siedo a tavola per cena e tu inizi a piangere. E non si tratta di un lamento, ma di un pianto vero e proprio. Ti ho preso dalle braccia di papà mentre si scusava per non essere riuscito a calmarti. Ma entrambi sappiamo che cosa volevi in ​​quel momento: era la mamma.

La verità era che probabilmente eri troppo stanco e allora ti ho portato in camera da letto e ti ho cullato. E cullato. E cullato.

E ci ritroviamo ancora qui. Quasi ogni giorno da quando sei nato. Quando arriva l’ora della messa a letto rispondo ad ogni tua esigenza. Anche se non mangio la cena.

Ma ci sono sere che questo mi costa davvero molta fatica, vorrei potermi sedere e cenare con calma. Quando inizi a parlarne con altri ti senti anche dire che quella che sta sbagliando sei tu “Questo non succederebbe se tu gli insegnassi ad addormentarsi da solo”.

Altri dicono che si tratti di attaccamento genitoriale; per me si tratta della strada più semplice da seguire rispetto alle esigenze di mio figlio, nonostante mi ritrovi spesso a pensare a tutte le mamme i cui bambini dormono tutta la notte e che si addormentano da soli.

Perché per me non può essere così? Dove ho sbagliato? E tutte le sere mi ritrovo a sperare che si addormenti rapidamente per poter finalmente avere un po’ di tempo da sola, per quanto egoista possa sembrare.

Alcuni giorni, sono così orgogliosa del modo in cui ho scelto di essere genitore e altri giorni non faccio altro che convincermi a continuare su questa strada, soprattutto quei giorni in cui non puoi stare fuori dopo le 8 di sera, perché tuo figlio ha bisogno che lo addormenti; quei giorni in cui ti svegli più volte per notte perchè lui ti chiama; quei giorni in cui tuo figlio non vuole stare con nessuno se non con te.

Ed ogni sera la stessa storia, ti sto accanto fino a quando non ti sei addormentato e a volte la cena resta, dimenticata e fredda, sul tavolo.

Attaccamento genitoriale: quando può essere dannoso

Sull’attaccamento genitoriale sono stati condotti molteplici studi da parte di illustri studiosi. Uno degli studi più importanti è quello condotto dallo psicoanalista J. Bowlby secondo il quale, fin dai primi giorni di vita del bambino, possono determinarsi tra questo e la madre tre diverse tipologie di attaccamento.

  • attaccamento buono
  • attaccamento minaccioso
  • attaccamento interrotto

Nell’attaccamento buono il bambino si sente sicuro del rapporto con la madre, appare sereno e manifesta un comportamento giocoso; nell’attaccamento minaccioso il bambino non ha piena sicurezza del rapporto con la madre e manifesta comportamenti di gelosia, di angoscia e di rabbia; nell’attaccamento interrotto la relazione con la madre viene interrotta per vari motivi, e il bambino manifesta angoscia e dolore.

La dottoressa Annalisa Barbier, psicologa, spiega che: “disturbi dell’attaccamento si possono manifestare anche attraverso un comportamento di attaccamento eccessivo che può sfociare in una vera e propria dipendenza affettiva. Tipicamente femminile, questo disturbo può colpire anche il sesso maschile ed è solitamente legato alle dinamiche relazionali risalenti alla prima infanzia e relative al rapporto che la persona ha avuto con i genitori e le figure di riferimento. Quando il rapporto con le figure di riferimento, solitamente un genitore, è stato caratterizzato da comportamenti e dinamiche disfunzionali, la persona in questione crescendo tenderà a riprodurre tali aspetti in tutti i rapporti che sono importanti e coinvolgenti dal punto di vista emotivo e sentimentale. Riprodurrà quindi degli schemi di attaccamento e di relazione che non sono sani ma che rappresentano l’unica modalità sperimentata e meglio conosciuta di relazionarsi. Poiché non è infrequente che, nel maschio, tali comportamenti di eccessivo attaccamento possano sfociare in atteggiamenti aggressivi, possessivi e limitanti o nocivi per la partner”.

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