Bimbi e adolescenti durante il lockdown, cos’è cambiato?
- Redazione
- 04/08/2020
- Giovani
- redazioneweb@agenziadire.com
Risponde con un'analisi della situazione la pediatra Teresa Mazzone Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print
di Teresa Mazzone
Pediatra di libera scelta
Articolo pubblicato su Pediatria – numero 7 – luglio/agosto 2020 – pag. 20
Il lockdown, la lunga quarantena per la pandemia da COVID-19, ha costretto tutti, grandi e piccoli, a stare a casa, stravolgendo completamente il nostro modo di vivere: lavoro da casa laddove possibile, niente scuola, niente palestre, piscine, discoteche, serate con gli amici, pranzi e cene con i famigliari. Ci si è chiesti fin dai primi giorni con la chiusura di nidi, asili, scuole, come hanno reagito i bambini e gli adolescenti, strappati ad una quotidianità piena di impegni e relazioni e se tutto ciò avrà un seguito sul benessere psico-fisico di queste generazioni. Ognuno di loro elaborerà questo periodo a modo suo, a seconda delle esperienze vissute. Qualcuno avrà perso un nonno, un parente, altri ricorderanno l’ansia vissuta tra le pareti di casa ed espressa dai volti e dalle conversazioni dei genitori. Altri ancora ricorderanno di non essere andati a scuola, di essere stati più tempo a casa con mamma e papà.
Da metabolizzare c’è davvero molto: l’interruzione delle normali attività, l’improvvisa separazione dagli amici, la paura del virus. E così le domande, i dubbi, le paure dei genitori su comportamenti mai avuti prima dai propri figli si sono rincorse negli ambulatori dei pediatri. Paolo, 10 mesi, dall’età di 5 frequenta il nido, bambino tranquillo; la mamma racconta crisi di pianto inconsolabili, “è isterico”, riferisce difficoltà alimentari e disturbi del sonno, mai avuti prima. Filippo, 3 anni, ha ripreso a farsi i bisognini addosso. Elsa, 8 anni, la mamma riferisce reiterate domande sulla morte, paura del buio, necessità di tornare a dormire nel lettone. Marta, 7 anni, ha paura alla sola idea che i genitori escano di casa. Andrea, 6 anni, è molto spaventato e teme che i compagni di scuola che non vede nel corso della quotidiana lezione online, solo perché la classe è suddivisa in due gruppi, siano morti per il coronavirus. Francesca, 12 anni, è apatica, sempre stanca, ha frequenti mal di testa. Cosa abbiamo risposto a questi genitori preoccupati?
Ho letto in questi giorni che l’infezione da coronavirus è stato un contagio anche emotivo. La presenza del virus è stata accompagnata dalla trasmissione di una sensazione di paura ed incertezza diffusa che ha creato forti tensioni emotive. Ha scatenato in tutti, grandi e piccoli, forti emozioni come la rabbia, la paura, la tristezza, che rappresentano una risorsa preziosa per permettere di comunicare prima a noi stessi e poi anche agli altri come ci sentiamo e di cosa abbiamo bisogno. Ad esempio, i bambini abbastanza grandi per seguire la notizia possono avere temuto la morte dei genitori. In questi casi è importante sapere accettare e riconoscere la paura, parlando di tutte le cose che si fanno in famiglia per rimanere in buona salute, ad esempio rimanere in casa fintanto che è stato necessario, indossare la mascherina per uscire di casa, mantenere la distanza di sicurezza e lavare spesso le mani per evitare i germi. I genitori dei bambini più piccoli, più abitudinari e confortati dalla routine quotidiana, totalmente stravolta, hanno notato maggiori comportamenti di attaccamento e fenomeni di regressione, o gesti di auto-conforto come succhiarsi il pollice. I genitori dei bambini in età scolare, preadolescenti ed adolescenti, in molti casi hanno dovuto far fronte ad umore altalenante ed irritabilità.
Nel primo periodo di quarantena può darsi che siano stati gli stessi bambini a fornire ai genitori le motivazioni per affrontare giornate nuove, diverse dalle solite. Alcuni di loro sono riusciti ad affrontare le paure ricevendo dagli adulti di riferimento informazioni il più possibile chiare, adatte all’età, rassicurazioni sulle condizioni di salute dei propri cari, spazi per esprimere le proprie emozioni, regolarità negli impegni della nuova quotidianità. I più fragili, soprattutto coloro che vivono una condizione di disabilità, possono avere mostrato una regressione, richiesto più attenzioni o manifestato sintomi ansiosi rilevanti. Con il prolungamento della quarantena, la situazione è diventata più complicata, soprattutto per gli adolescenti, tra i quali la situazione di deprivazione sociale si è fatta sentire in maniera più acuta. Tra le tante connotazioni negative, c’è stato anche il dato positivo di famiglie che sperimentando una nuova quotidianità ed avendo più tempo da passare in casa lo hanno usato per ricostruire relazioni in un contesto familiare più calmo.
Quali i possibili esiti ed a cosa/chi bisogna prestare particolare attenzione? La stragrande maggioranza di questi cambiamenti emotivi e comportamentali sopravvenuti nel corso della quarantena, in contesti familiari in cui il bambino, soprattutto se piccolo, è adeguatamente contenuto, si risolverà senza particolari sequele. Dobbiamo prestare invece molta attenzione alle situazioni in cui la fragilità della famiglia, incapace di contenere e sostenere il bambino in un momento particolare, potrebbe avere conseguenze nella sua traiettoria evolutiva e richiedere interventi specialistici, e tanta attenzione ai ragazzi laddove la reclusione possa aver portato ad un aumento della conflittualità in famiglia.
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