Calcoli della colecisti patologia in crescita, i fattori di rischio

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Tempo di Lettura: 3 minutiCalcoli della colecisti patologia in crescita, i fattori di rischioMILANO (ITALPRESS) – I calcoli della colecisti sono depositi solidi che si formano all’interno della cistifellea, un piccolo organo posto sotto il fegato che immagazzina la bile, liquido necessario per la digestione dei grassi. I calcoli della colecisti, detti anche calcoli biliari, sono molto comuni: si calcola infatti che colpiscono tra il 10% e il […]

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Calcoli della colecisti patologia in crescita, i fattori di rischio

MILANO (ITALPRESS) – I calcoli della colecisti sono depositi solidi che si formano all’interno della cistifellea, un piccolo organo posto sotto il fegato che immagazzina la bile, liquido necessario per la digestione dei grassi. I calcoli della colecisti, detti anche calcoli biliari, sono molto comuni: si calcola infatti che colpiscono tra il 10% e il 15% degli adulti. L’incidenza aumenta con l’età, soprattutto dopo i 40 anni. I calcoli si formano principalmente quando ci sono squilibri nei componenti della bile, come un eccesso di colesterolo. La dimensione può variare dal granello di sabbia fino a quella di piccole pietre. Sono questi alcuni dei temi trattati da Luigi Boni, professore ordinario di chirurgia generale dell’Università degli Studi di Milano e direttore della struttura complessa di chirurgia generale mininvasiva del Policlinico di Milano, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“E’ una patologia comune, ne soffre più o meno il 6% della popolazione – ha esordito – Ci sono pazienti che non hanno sintomi, non è infrequente, anzi: la maggior parte dei pazienti non ne hanno di sintomi e non ne avranno. In altri casi ci possono essere dei sintomi variabili, come il fatto di mangiare e sentirsi il cibo nello stomaco, altri ancora delle vere e proprie coliche, che possono manifestarsi in due diversi tipi, ed entrambe portano il paziente al pronto soccorso: o dolori particolarmente intensi associati a nausea, vomito e febbre, o dolori intensissimi come una coltellata in mezzo alla pancia, che si associano a brividi di febbre e sudorazioni – ha sottolineato il professore – Il dolore della colecisti inizia quasi al petto e inizialmente va anche verificato che non si tratti di infarto, per cui anche la fase della diagnostica ha molta importanza”.
Per quanto riguarda le cause: “C’è chi ha i calcoli e ha uno stile di vita perfetto, e in questi casi riguarda la componente genetica, ma è ovvio che chi ha una dieta troppo ricca e un colesterolo alto è predisposto a soffrire di calcoli della colecisti, solitamente senza sintomi. Nell’obesità grave è frequente imbattersi in calcoli della colecisti – ha aggiunto Boni, soffermandosi poi sull’incidenza in base al sesso – I calcoli della colecisti sono più presenti nelle donne, probabilmente è una questione legata all’attività ormonale. Sono frequenti anche nell’uomo, ma il rapporto è 3 a 1, sulla sintomaticità invece il rischio è uguale per entrambi i sessi”. “E’ una patologia in crescita: siamo diventati molto bravi a fare la diagnosi, perchè ora le ecografie sono ad alta risoluzione – ha riconosciuto – Lo stile di vita e l’alimentazione hanno influenzato molto questo aumento dei casi”.
Esistono diversi tipi di calcoli: “Si formano perchè la bile altera il suo metabolismo. Se il colesterolo o i sali biliari prevalgono l’uno sull’altro, si formano dei sassolini. In base a quale componente prevale, i calcoli hanno consistenza e forma diversa – ha spiegato il professore – I calcoli possono rimanere separati o tendono ad aggregarsi tra di loro raggiungendo dimensioni ragguardevoli”. E sul trattamento dei calcoli della colecisti: “Un caso è quello dei pazienti che fanno un’ecografia per caso e trovano i calcoli della colecisti, in questi casi non essendoci nulla di sintomatico non ha senso togliere la colecisti – ha precisato Boni – Se il paziente viene in pronto soccorso perchè ha una colica, questa è un’indicazione a togliere una colecisti. Si può ragionare se toglierla subito o se temporeggiare per quando ci saranno meno rischi nell’intervento”. “L’approccio più frequente è quello laparoscopico – ha raccontato – E’ anche stato sdoganato in pazienti compromessi: un tempo gli anestesisti erano titubanti, ora lo chiedono loro stessi perchè il decorso post-ospedaliero e i tempi di recupero sono più rapidi. La degenza di un intervento mini-invasivo è anche di un giorno – ha concluso – Con la chirurgia open si tratta di diversi giorni”.

– foto tratta da video Medicina Top –
(ITALPRESS).

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