Caserta, sequestrata azienda bufalina nelle mani dei fratelli Zagaria

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gdf azienda bufalina clan zagaria

L'obiettivo era consentire al clan di proseguire nella gestione di un'attività economica particolarmente remunerativa e diffusa su quel territorio Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print

NAPOLI – Sequestrata a Grazzanise (Caserta) un’azienda bufalina ritenuta nella diretta disponibilità di Antonio e Carmine Zagaria, fratelli del boss Michele Zagaria. Il provvedimento, emesso dal gip del tribunale di Napoli su richiesta della locale Dda, é stato eseguito dai militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Napoli. L’azienda sottoposta a sequestro, composta da diversi immobili e manufatti, attrezzature agricole e per la mungitura oltre a circa 350 capi di bestiame, ha un valore stimato intorno ai 2 milioni di euro.
Secondo quanto emerso dalle indagini, svolte dal Gico di Napoli sotto la direzione della procura distrettuale, l’azienda oggetto di sequestro sarebbe stata impiegata dai fratelli Zagaria come “schermo” per consentire alla loro famiglia di “reimpossessarsi”, in maniera occulta e fraudolenta, dell’azienda bufalina di proprieta’ della madre dei fratelli Zagaria, Raffaella Fontana. Da tempo era affidata alla gestione di un amministratore giudiziario in quanto già colpita da diverse misure giudiziarie.
Alla realizzazione del disegno illecito avrebbero partecipato anche gli altri due fratelli, Antonio e Fernando Zagaria (solo omonimi ma non legati da vincoli di parentela al clan camorristico) che hanno messo a disposizione le loro aziende.
Prima lo aveva fatto Antonio Zagaria, poi divenuto collaboratore di giustizia, e, successivamente, Fernando. L’obiettivo era consentire al clan di proseguire nella gestione di un’attività economica particolarmente remunerativa e diffusa su quel territorio. In particolare, dopo aver sostanzialmente esautorato dalle proprie funzioni l’amministratore giudiziario della ditta, a partire dal 2006 i fratelli Carmine e Antonio Zagaria hanno, di fatto, operato una vera e propria cogestione tra le citate aziende e quella intestata alla madre.
Il piano predisposto dal boss Zagaria ha consentito di neutralizzare per anni gli effetti delle misure cautelari reali e ablative gravanti sulla ditta Fontana Raffaela per poi rientrare nella piena disponibilità della quasi totalità dei beni aziendali confiscati alla ditta stessa, attraverso un acquisto all’asta a prezzo stracciato, solo 100mila euro a fronte di un valore di 2 milioni, per subentrare nell’attività.

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