Centrosinistra al lavoro per le primarie a Roma, Covid porta i gazebo sul web

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Parte il tavolo per la coalizione in corsa per il Campidoglio, ma con l'impennata dei contagi ai dem serve un 'Rousseau'

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ROMA – Qualcosa si muove nel centrosinistra romano, o almeno sembra. Dopo la schiera di autocandidature a sindaco all’interno del Pd – per ultima la senatrice Monica Cirinnà – quelle da parte di forze civiche come La Giovane Roma e i ragionamenti di Carlo Calenda, a circa otto mesi dalle elezioni i dem capitolini sembrano aver deciso che è il momento di cominciare a tirare le fila dell’auspicato campo largo progressista che dovrà comporre la squadra con il compito di sfidare il centrodestra e l’amministrazione uscente di Virginia Raggi.

IL TAVOLO DI COALIZIONE

È di ieri, infatti, la notizia della volontà del segretario romano del Partito democratico di Roma, Andrea Casu, di voler convocare un tavolo di coalizione dopo l’appello ai big da parte del segretario Nicola Zingaretti, caduto apparentemente nel vuoto. La prima riunione è stata fissata per il 14 ottobre e, oltre al Pd, sono stati invitati Azione, Italia Viva, Sinistra Italiana, Articolo 1, Psi, Radicali, Verdi e Liberare Roma. Con loro anche i quattro presidenti di centrosinistra dei Municipi, Sabrina Alfonsi, Francesca Del Bello, Giovanni Caudo e Amedeo Ciaccheri, nonché i capigruppo in Campidoglio del Pd, Giulio Pelonzi, della civica RomaTornaRoma, Svetlana Celli e di Sinistra X Roma, Stefano Fassina.

LE PRIMARIE AI TEMPI DEL COVID

L’obiettivo è quello, in assenza finora del ‘grande nome’, di organizzare le primarie per il candidato sindaco, cercando di non farle passare per quelle “dei sette nani” che tanto spaventano su al Nazareno. Una missione che già per il primo punto sembra impossibile, a partire dal semplice punto di vista logistico: inizialmente dal partito nazionale si pensava alla data del 6 dicembre, poi accantonata dalle ipotesi di consultazioni a gennaio o febbraio, più vicini alle elezioni, ma in ogni caso con un grosso, grosso problema. Anche a Roma c’è il Coronavirus, e anzi la Capitale, come il Lazio, vede fin dall’estate un costante aumento dei casi che l’hanno portata sotto la lente d’ingrandimento delle autorità sanitarie. Morale: le primarie, così come si sono sempre celebrate tra gazebo, schede consegnate a mano e scambi di monetine, non si potranno fare. O sarà almeno molto difficile convincere Asl e Governo – se non anche l’assessorato regionale alla Sanità – della necessità irrinunciabile di organizzarle. Anche perché, almeno in teoria, le alternative ci sono eccome.

I GAZEBO SU ROUSSEAU?

Le primarie, ammesso che si facciano, il Pd dovrà farle online, proprio come i compagni di Governo del Movimento Cinque Stelle. La prima opzione che balza alla mente è tanto suggestiva quanto politicamente e forse anche tecnicamente impraticabile, quella di un ‘prestito’ della piattaforma Rousseau per un giorno a iscritti e militanti del centrosinistra. Tralasciando l’impossibilità di un voto certificato in brevissimo tempo che renderebbe necessaria la cessione a una società privata dei dati sensibili di migliaia di persone, mettendo quindi a rischio la partecipazione di quanti si rifiutassero, sarebbe un vero e proprio suicidio politico implorare aiuto al Movimento, alleato di Governo ma nemico giurato proprio a Roma dove si arriva da quattro anni e mezzo di scontri e attacchi continui. Senza contare poi come reagirebbe la sindaca uscente di fronte a un favore del genere elargito agli avversari di sempre.

‘PD APP’, LA SOLUZIONE IN CASA

L’alternativa però il Pd ce l’ha già in casa, anche se sotto qualche centimetro di polvere. Poco più di un anno fa, il 25 settembre del 2019, il segretario Nicola Zingaretti, insieme al ministro Francesco Boccia – “È la rivoluzione del secolo”, disse – lanciò con l’evocativo slogan ‘Tu vali tu’ un’applicazione per smartphone che avrebbe dovuto essere a tutti gli effetti la Rousseau dei democratici, sostituendo il tentativo fallito della piattaforma BOB – in onore di Robert Kennedy – lanciata qualche anno prima da Matteo Renzi e finita nelle retrovie degli store online per problemi tecnici mai risolti. La creatura di Zingaretti, chiamata ‘Pd App’, nasce con l’ambizioso obiettivo, tramite un contributo di 1 euro al mese, di mettere in rete in una sola community tutti gli eletti del Pd (parlamentari, consiglieri regionali e comunali), con rendiconti online delle proprie attività, ma anche iscritti e militanti, in una agorà virtuale che mantenga in contatto tutti i livelli del partito. Con uno spazio news completo di video, foto e appuntamenti, ma soprattutto una sezione ad hoc intitolata ‘Consultazioni’ costruita per ospitare referendum online su proposte specifiche e grandi scelte politiche. Uno strumento che ora appare perfetto per le primarie del centrosinistra a Roma in piena emergenza Covid-19, se non fosse che la piattaforma voluta dal segretario non è mai diventata pienamente operativa, tanto da essere diventata introvabile sugli store di Apple e Google. A quanto risulta, il team di sviluppatori è ancora al lavoro sull’applicativo: chissà che non si riesca a mettere a disposizione del partito in tempi brevi almeno la sezione dedicata alle consultazioni. In questo caso la soluzione il Pd se la troverebbe già pronta in casa e anche le primarie tornerebbero un’opzione praticabile per individuare il prossimo candidato sindaco del centrosinistra a Roma, dando al contempo un segnale di svecchiamento e modernità ai propri iscritti e anche agli alleati di Governo.

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