Colpo al clan mafioso di Porta Nuova a Palermo, i summit in una sala da barba
PALERMO (ITALPRESS) – Operazione antimafia dei carabinieri, a Palermo. Inferto un duro colpo al mandamento di Porta Nuova. I militari del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a 9 fermi di indiziato di delitto, disposti dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia. Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso; estorsione, consumata e tentata, con l’aggravante di avere commesso il fatto al fine di agevolare l’attività mafiosa e di essersi avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva; associazione finalizzata al traffico di droga; spaccio di sostenze stupefacenti.
Il quadro indiziario raccolto dagli investigatori ha fatto emergere, ad avviso della Direzione Distrettuale Antimafia, la struttura di vertice della famiglia mafiosa di Palermo Centro, “competente” sui quartieri Capo, Ballarò, Kalsa e Vucciria, inquadrata nel mandamento palermitano di Porta Nuova, documentando la realizzazione di numerose riunioni di mafia, alcune di queste svolte, con modalità riservate, all’interno di una sala da barba gestita da uno degli indagati. Numerose le estorsioni “a tappeto” sul territorio, di cui 3 contestate agli indagati, consumate per alimentare le casse dell’associazione.
Per ridurre i rischi di denunce da parte dei commercianti, l’associazione mafiosa avrebbe realizzato, sistematicamente, l’imposizione di una lotteria abusiva, la cosiddetta riffa, obbligando all’acquisto dei biglietti i commercianti della zona e minacciandoli nel caso in cui questi non avessero aderito alla richiesta.
Al centro delle indagini una serie di vicende grazie alle quali è stato possibile agli inquirenti acquisire indizi riguardo all’azione dirimente posta in essere dai capi della famiglia mafiosa nella risoluzione di privati dissidi e nella gestione delle dinamiche interne allo storico mercato di Ballarò. In tale contesto è emerso come i vertici della cosca si sarebbero inseriti nel controllo delle attività lecite ed illecite del territorio; in particolare sono emersi indizi in ordine alla autorizzazione per l’apertura e la cessione degli esercizi commerciali ricadenti nella loro “giurisdizione” criminale, al controllo del contrabbando di sigarette, alla gestione del regolare il funzionamento dei mercati rionali anche avallando o negando l’installazione di un ombrellone per vendere la merce.
Inoltre, è stato accertato come il costante traffico di sostanze stupefacenti sarebbe servito per ottenere profitti da destinare al sostentamento degli affiliati detenuti. Le indagini avrebbero confermato l’esistenza di una rigida regia mafiosa delle piazze di spaccio, nell’ambito delle quali opererebbero solo pusher preventivamente autorizzati dalla cosca, i quali farebbero riferimento ai capi piazza. Questi ultimi si occuperebbero di garantire il rispetto delle regole imposte dai vertici mafiosi, tra di esse, in primo luogo, quella che impone che la droga commercializzata provenga dalle forniture gestite dalla cosca mafiosa.
Il concreto pericolo di fuga di uno dei capi, sul cui conto, a breve, sarà emessa sentenza nel processo d’Appello conseguente all’operazione Cupola 2.0, ha fatto scattare l’operazione antimafia.
foto ufficio stampa Carabinieri
(ITALPRESS).