Come si dorme durante una regata di 4.000 miglia in solitario? Lo studio
- Redazione
- 04/06/2020
- ApprofonDiRE, Costume e Società, Welfare
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Un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna ha studiato le strategie del riposo per chi pratica barca a vela in solitario. E ha scoperto che non c'è posto per i 'gufi' tra i velisti Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print
BOLOGNA – Siete da soli su una piccola barca a vela, davanti a voi avete più di quattromila miglia di oceano da attraversare, e siete in gara con un’ottantina di altri velisti. Ci vorranno tre o quattro settimane per arrivare alla meta finale. Domanda: come fate a dormire e quale strategia vi premierà sulla linea di arrivo? Un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna ha per la prima volta individuato e analizzato le diverse strategie di gestione del sonno utilizzate dagli skipper che si imbarcano in grandi regate in solitario.
“La navigazione a vela in solitario, soprattutto durante le regate transatlantiche, richiede uno skipper sempre pronto ad interventi rapidi e lucidi, effettuati con piena padronanza fisica e mentale, che gli consentano di modificare rapidamente rotta ed assetto dell’imbarcazione”, spiega Giuseppe Plazzi, professore dell’Università di Bologna che ha coordinato lo studio. “Inoltre, la necessità di dover affrontare condizioni metereologiche instabili e difficili spesso costringe i velisti a lunghi periodi di veglia continuativa: per questo una corretta gestione del sonno, a partire già dalla fase di preparazione della competizione, può risultare determinante per il rendimento e la sicurezza della navigazione”.
Pubblicato sulla rivista ‘Nature and Science of Sleep’, lo studio porta alla luce diverse strategie: chi accumula ore di sonno prima della partenza, chi punta su brevi e frequenti sonnellini, chi si abitua a tempi di riposo via via più ridotti. Ma rivela anche una “selezione naturale” tra i velisti che favorisce chi si sveglia presto ed è più attivo nelle prime ore del giorno (le cosiddette “allodole”) e di fatto esclude chi invece è più attivo nelle ore serali e notturne (i cosiddetti “gufi”). Si tratta di risultati che possono rivelarsi utili per migliorare la preparazione degli atleti impegnati in competizioni sportive di endurance.
DALLA FRANCIA AI CARAIBI
Per analizzare le strategie di gestione del sonno degli skipper, i ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione sui partecipanti alla Mini Transat La Boulangère, la più affollata regata transatlantica in solitario. Ogni due anni, più di ottanta velisti affrontano 4.050 miglia di Oceano Atlantico vivendo per settimane a bordo di imbarcazioni lunghe appena 6 metri e mezzo. Il percorso è diviso in due tappe: si parte dalla costa occidentale francese, a La Rochelle, percorrendo 1.350 miglia fino alle Canarie; poi la lunga traversata dell’Atlantico per 2.700 miglia, con il favore degli alisei, fino all’isola caraibica di Martinica.
Gli studiosi hanno preso in analisi un campione di 42 skipper raccogliendo dati e informazioni durante le settimane di allenamento che hanno preceduto la partenza della regata, tra cui la qualità del loro sonno, il livello di sonnolenza e il loro cronotipo, cioè la propensione ad essere più o meno attivi in un periodo specifico della giornata.
STRATEGIE DI GESTIONE DEL SONNO
Il primo dato che emerge dall’indagine è che più della metà dei velisti considerati (55%) ha scelto di prepararsi alla regata mettendo a punto una strategia di gestione del sonno. “Gli skipper che fanno questa scelta sono anche quelli più esperti”, nota il professor Plazzi. “Chi ha alle spalle molte miglia di navigazione in mare aperto è anche maggiormente consapevole di quanto sia importante la gestione del sonno”.
Ma quali sono le strategie adottate? La più utilizzata (52%) consiste nell’accumulare la maggior quantità di sonno possibile nelle settimane che precedono la partenza: una sorta di “riserva di sonno” da spendere poi durante la gara, quando il tempo per dormire e la qualità del sonno inevitabilmente diminuiscono. C’è poi il sonno polifasico, strategia scelta dal 26% dei velisti, che si basa sulla programmazione di brevi sonnellini distribuiti nel corso di tutta la giornata: un metodo che permette di non abbandonare mai troppo a lungo il controllo dell’imbarcazione. Infine, una terza strategia (22%) si basa sulla graduale diminuzione del tempo speso per dormire, fino a trovare il giusto bilanciamento tra un breve sonno ristoratore e le condizioni psicofisiche necessarie per proseguire la gara.
NIENTE “GUFI” TRA GLI SKIPPER
C’è poi il tema del cronotipo, ovvero la propensione ad essere maggiormente attivi in un periodo specifico della giornata, regolando di conseguenza gli orari di sonno e di veglia. Qui gli studiosi notano una sorta di “selezione naturale”tra i partecipanti alla Mini Transat La Boulangère. Il 40% del campione studiato appartiene infatti al cronotipo mattutino. Sono le cosiddette “allodole”: che si svegliano presto, sono più attive durante la mattina e non si addormentano tardi.
Il 60% appartiene invece al cronotipo intermedio: i cosiddetti “colibrì” che non mostrano inclinazioni particolari per una maggiore attività mattutina o serale. Ci sarebbe poi un terzo cronotipo, quello dei “gufi”, più attivi di sera che tendono ad addormentarsi tardi e svegliarsi a mattina inoltrata, ma nessuno dei velisti analizzati rientra in questa categoria.
“Nel campione che abbiamo studiato il cronotipo mattutino è decisamente sovrarappresentato: le ‘allodole’ sono infatti circa il 25% nella popolazione generale”, spiega Plazzi. “E ancora più sorprendente è l’assenza totale dei ‘gufi’, la cui predisposizione notturna rappresenta evidentemente uno svantaggio per la partecipazione ad attività sportive di endurance”.
CRONOTIPO E STRATEGIE
Gestione del sonno e cronotipo finiscono anche per intrecciarsi. Un’ampia maggioranza dei velisti che adottano strategie di controllo dei tempi di riposo appartiene infatti al cronotipo intermedio, mentre la maggior parte di chi non adotta queste strategie appartiene al cronotipo mattutino. Un dato che, secondo gli studiosi, si spiega con una maggiore rigidità delle “allodole”, per le quali risulta più difficile modificare radicalmente i tempi di sonno e di veglia.
“Dai risultati di questo studio emerge l’importanza dell’adottare una strategia di gestione del sonno nella preparazione psicofisica per competizioni estreme come le regate in solitario”, dice in conclusione il professor Plazzi. “Il prossimo passo sarà realizzare monitoraggi diretti del ritmo sonno-veglia sia nella fase preparatoria che durante le gare, in modo da poter mettere a punto strategie di gestione del sonno sempre più precise ed efficaci”.
I PROTAGONISTI DELLO STUDIO
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista ‘Nature and Science of Sleep’ con il titolo “Pre-Race Sleep Management Strategy and Chronotype of Offshore Solo Sailors”. Gli autori sono Marco Filardi, Silvia Morini e Giuseppe Plazzi del Dipartimento di Scienze biomediche e neuromotorie dell’Università di Bologna.
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