Conte al momento non si tocca, ma se ci saranno tracolli e rivolte…

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L'editoriale di Nico Perrone per DireOggi Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print

Mentre Vittorio Colao, in videoconferenza da Londra, sta lavorando con gli altri 16 esponenti del ‘Comitato per la ripartenza’ per trovare la quadra sul possibile calendario cadenzato delle riaperture, a livello politico è guerra tra Governo nazionale e alcune Regioni. In testa la Lombardia, che con il suo presidente Attilio Fontana, solo pochi giorni fa schierato sulla serrata totale, ora spinge per ripartire in modo massiccio e in tempi rapidi. E non fa niente se il Comitato tecnico scientifico invita alla calma, a valutare bene perché il virus circola e contagia ancora. Ormai la discussione si sta spostando su ‘tanto dobbiamo imparare a convivere col virus’ e tutti già pensano a quando si potrà uscire di casa. Non ci sta il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, che a sua volta tuona: «Se le regioni del Nord riaprono io chiudo i confini della Campania». Di qui la fotografia, preoccupante, del ruolo della politica nazionale. Ormai è un pullulare di comitati, spesso formati da decine e decine di esperti, che si occupano di questo e di quello. E in attesa delle loro decisioni, tutti gli altri decidono per conto loro. Nel Pd nessuno mette in discussione il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: «Al momento è l’unico punto di equilibrio con il M5S – spiega una fonte – anche se ormai teme complotti da ogni parte. Colao doveva essere a capo di un Comitato ristretto, prendere decisioni rapide proprio per frenare il “fai da te” delle Regioni… Invece è stato allargato a 17 persone, che parlano e non decidono». E si torna sempre sul ruolo della politica nei giorni, terribili, che verranno. Perché in pochi credono che le risorse arriveranno in tempi rapidi, e sono sempre di più quelli che temono situazioni critiche con il rischio di forte proteste popolari. «In quel caso- spiega ancora la fonte Dem- è chiaro che ci troveremmo di fronte a tutt’altro scenario politico». Il tempo è poco, tutti guardano al prossimo Consiglio dei leader europei del 23 aprile. Se non si troverà una soluzione comune, un provvedimento per reperire almeno 1.500 miliardi di euro da mettere a disposizione dei Paesi più colpiti dall’epidemia, allora saranno guai. A quel punto sarà gioco facile per la Lega e Fratelli d’Italia accusare Conte del fallimento, alimentando la protesta e il ‘no’ all’Europa che nega la solidarietà.

LEGGI DIREOGGI | EDIZIONE DEL 17 APRILE 2020

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