Conte sempre più forte, nel Parlamento è cominciato il fuggi fuggi

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giuseppe conte

L'editoriale del direttore dell'Agenzia Dire Nico Perrone Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print

ROMA – Solo Salvini ancora non ci crede, non può crederci. Oggi il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è venuto in Parlamento per illustrare l’accordo raggiunto in Europa sui 209 miliardi di euro che serviranno per far ripartire il Paese dopo la botta del virus. Per lui molti applausi, mentre Salvini che voleva attaccarlo facendo l’elenco dei tanti che si lamentano, dai ristoratori agli agricoltori, alla fine pure lui è stato costretto a mettersi in fila dietro a tutti quelli che già preparano la mano per le urgenti necessità.

Non saranno giorni facili, nemmeno per la maggioranza che tiene su il Governo. Stasera il Consiglio dei ministri deciderà sui 20-22 miliardi di scostamento di bilancio che il Parlamento dovrà autorizzare. Soldi necessari per la cassa integrazione fino a dicembre, per sostenere le imprese in difficoltà, i Comuni che con il crollo dei tributi non hanno risorse per garantire i servizi per i cittadini.

Sul fronte politico poi, a livello trasversale, nei prossimi mesi si assisterà al fuggi fuggi in direzione di quelle forze politiche che potranno garantire, quando si voterà, una rielezione. Al momento è Forza Italia il partito che sconta le maggiori difficoltà, oggi tre senatori di peso hanno lasciato il gruppo e si sono iscritti al Misto.

Nel Paese intanto si segnalano in varie parti assembramenti alla porta di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, in forte ascesa nei sondaggi. Tutti gli occhi sono puntati alle elezioni regionali del 20-21 settembre, il giorno dopo si capirà chi vince e chi perde, e allora sarà veramente ‘fuga per la vittoria’.

Nel M5S, dicono diverse fonti, oggi è il presidente Conte ad incarnare, di fatto, la leadership politica del Movimento. Non sta bene all’ex capo politico, Luigi Di Maio, che spera sempre di riconquistare lo scettro del comando. Obiettivo che, al momento, appare assai improbabile.

Anche nel Pd c’è fermento. Fino all’ultimo minuto utile si cercherà di stringere accordi con il M5S per le Regionali. “Se alla fine non capiranno che insieme possiamo vincere bene, dal minuto dopo scateneremo i nostri mastini sui territori, faremo una campagna elettorale che li stroncherà”.

Intanto al segretario del Pd, Nicola Zingaretti, è andata di traverso la mossa dei ‘grillini’ per far slittare a dopo l’estate la riforma della legge elettorale. Su questo c’era un accordo sottoscritto e ai Dem non va giù che adesso non lo si rispetti: “Sia chiaro – dice un Dem di rango- ci sarà comunque un voto in Commissione se la maggioranza non ci sarà allora se ne troverà una per un’altra riforma elettorale“.

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