Coronavirus, Giannone: “Per Viminale sì a ingresso dei genitori in casa-famiglia”

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"Ma occorre ulteriore chiarimento scritto non interpretabile" Condividi su facebook Condividi su twitter Condividi su whatsapp Condividi su email Condividi su print

ROMA – “Occorre un ulteriore chiarimento scritto, preciso e non interpretabile, su cosa si intende per tutela della salute del minore, sia nei casi in cui risieda in una casa famiglia o in una comunita’, che nei casi in cui viva con uno dei due genitori separati, o rispetto agli incontri negli spazi neutri. Ci sono bambini in case-famiglia ai quali e’ stata tolta la possibilita’ di vedere i propri genitori e di avere accanto i propri punti di riferimento in un momento difficile. Questo e’ inaccettabile. Gia’ questi bambini non hanno la possibilita’ di avere una vita normale, ora non possono uscire. Togliere loro anche la possibilita’ di sentire l’affetto dei genitori durante gli incontri e’ una privazione per la loro salute mentale”. A parlare e’ Veronica Giannone, deputata e segretaria della Commissione parlamentare infanzia e adolescenza, che, all’indomani della circolare del Viminale sulle passeggiate genitore-figlio, commenta all’agenzia Dire il passaggio relativo alle case-famiglia.

“La circolare del 31 marzo del Viminale specifica che le case famiglia non sono riconosciute come forme di assembramento”, osserva Giannone, soffermandosi su una frase: “Si legge che ‘in tali strutture chiunque acceda dall’esterno (operatori, fornitori, familiari, ecc.) sara’ comunque tenuto al rispetto del divieto di assembramento, della distanza interpersonale di un metro e dall’utilizzo degli occorrenti presidi sanitari (mascherine e guanti)’. I familiari, quindi, possono accedere, come specificato tra parantesi. E allora perche’ non li fanno entrare?”.

Nel primo mese d’emergenza, infatti, queste strutture non si sono mosse in modo univoco, anche perche’ “nel primo decreto del 9 marzo si parla solo di Rsa e comunita’ per anziani”, non di case-famiglia. “Il 14 marzo ho depositato un esposto in Questura a Lecce perche’ ad una donna, della quale mi ero gia’ occupata, non era piu’ consentito di vedere il proprio figlio fino a data da destinarsi, non si in base a che cosa, visto che non e’ mai stato scritto nulla di specifico sulla chiusura delle comunita’ agli incontri con i genitori- racconta Giannone– Ad un’altra donna separata, con tre figli dal padre e la potesta’ genitoriale intatta, dal 9 marzo sono stati sospesi gli incontri negli spazi neutri, seppure i servizi sociali siano tra i settori al lavoro”.

Una situazione tanto piu’ paradossale perche’, invece, nei casi di separazione tra i due coniugi, sono mantenuti i diritti di visita con relativi spostamenti, consentendo di fatto al minore la frequentazione di piu’ case e piu’ persone, con maggiori possibilita’ di contagio. Su questo, Giannone ha chiesto chiarimenti, dapprima al ministero della Giustizia e, proprio ieri, con una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Il 26 marzo il legislativo Giustizia ha risposto ad un mio quesito del 23 citando il familiarista A. Simeone che sostiene che ‘le visite sono funzionali, anche e soprattutto, alla tutela del benessere psicofisico dei minori, e che, dunque, occorre evitare di applicare rigidamente i decreti, escludendo di fatto la possibilita’ di mantenere le visite e le frequentazioni’. E poi rimandandomi alle Faq presenti sul sito della Presidenza del Consiglio”, racconta Giannone. “Sono separato/divorziato, posso andare a trovare i miei figli?- si legge tra le Faq- Si’, gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di se’, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalita’ previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio”.

E allora perche’ lo stesso diritto di visita non puo’ essere garantito anche ai minori che si trovano in casa famiglia? Il paradosso, per la segretaria della Commissione parlamentare infanzia e adolescenza, “e’ che all’interno di queste comunita’ ci sono diversi operatori che entrano ed escono, tra educatori, psicologi, persone addette alla pulizia dello stabile o alla mensa”. E “se la struttura fosse chiusa” a tutela della salute dei minori allora “anche gli operatori si dovrebbero trasferire al suo interno, evitando altri spostamenti. Ma questo non avviene”. Nella lettera inviata il 31 marzo al presidente Conte “assieme ad alcune associazioni abbiamo chiesto su questo tema chiarezza, nero su bianco, dando la nostra disponibilita’ per confrontarci col presidente o con i ministri competenti, proponendo delle soluzioni- chiarisce Giannone- Abbiamo fatto degli esempi pratici e abbiamo proposto delle soluzioni per ognuno di questi casi. Ad esempio, una delle proposte- sottolinea- e’ di far tornare a casa i minori che hanno la possibilita’ di rientrare in famiglia. O di riprendere gli incontri nelle sedi di comunita’ e case famiglia facendo entrare un genitore alla volta, con guanti e mascherina da tenere durante tutto l’incontro, nel rispetto delle giuste distanze, senza togliere al minore quel momento. E, infine, di prevedere almeno una videochiamata al giorno per ogni minore”.

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