Coronavirus, il fronte silenzioso dell’agricoltura: “Ci vorrebbe una medaglia al valore”
Tempo di Lettura: 3 minutiFlavio Sanvoisin 24/03/2020 Ambiente, Lavoro, Lazio f.sanvoisin@agenziadire.com Nel Lazio nessuno si è tirato indietro: “Nei campi siamo obbligati a continuare o fra tre mesi mangeremo solo merce proveniente dall'estero” Condividi su facebook Condividi su twitter Condividi su whatsapp Condividi su email Condividi su print ROMA – C’è un fronte silenzioso che lavora incessantemente in questa guerra al coronavirus. E’ quello di chi ogni giorno opera per garantire rifornimenti di cibo fresco a supermercati e negozi di alimentari. Forse non un ruolo da prima pagina, ma che contribuisce in maniera fondamentale a benessere e quiete pubblica in un periodo di estrema fragilità. Da Nord a Sud del Lazio il comparto agricolo non si è tirato indietro di fronte all’emergenza, adattandosi alle sempre piu’ difficili condizioni operative.
“Meriterebbero una medaglia al valore”, dice Mirko Giuliani riferendosi ai suoi collaboratori del Ccorav, consorzio di 120 produttori dell’Alto Viterbese che des..
- Flavio Sanvoisin
- 24/03/2020
- Ambiente, Lavoro, Lazio
- f.sanvoisin@agenziadire.com
Nel Lazio nessuno si è tirato indietro: "Nei campi siamo obbligati a continuare o fra tre mesi mangeremo solo merce proveniente dall'estero" Condividi su facebook Condividi su twitter Condividi su whatsapp Condividi su email Condividi su print
ROMA – C’è un fronte silenzioso che lavora incessantemente in questa guerra al coronavirus. E’ quello di chi ogni giorno opera per garantire rifornimenti di cibo fresco a supermercati e negozi di alimentari. Forse non un ruolo da prima pagina, ma che contribuisce in maniera fondamentale a benessere e quiete pubblica in un periodo di estrema fragilità. Da Nord a Sud del Lazio il comparto agricolo non si è tirato indietro di fronte all’emergenza, adattandosi alle sempre piu’ difficili condizioni operative.
“Meriterebbero una medaglia al valore”, dice Mirko Giuliani riferendosi ai suoi collaboratori del Ccorav, consorzio di 120 produttori dell’Alto Viterbese che destina oltre 4mila quintali di patate e 30 di legumi alla Gdo ogni settimana.
“Da quando è cominciata l’emergenza- spiega l’agronomo del consorzio- nello stabilimento abbiamo dovuto fare turni da capogiro per evadere i folli ordini che ci arrivavano quando i supermercati sono stati presi d’assalto. Abbiamo lavorato anche fino alle 2 del mattino, distribuendo i turni per evitare contatti tra il personale. In questa frenesia, nonostante la paura e le pessime notizie dai telegiornali, non c’è stato un operaio che si sia dato malato o che abbia detto una parola. Maschere, guanti, distanza di sicurezza e abbiamo continuato a lavorare. Come del resto anche i produttori nei campi, perché se non seminano in questo momento poi non potranno più farlo”.
Coraggio e abnegazione sono particolarmente utili a Fondi, da giovedì scorso zona rossa, dove il Mercato ortofrutticolo opera a orario ridotto. E al timore del contagio si aggiungono difficoltà operative. “Per raggiungere il posto di lavoro molti di noi si presentano alle 3 e mezza del mattino– racconta Mariano Di Vito, imprenditore agricolo della zona- perché ci sono lunghe file per passare i termoscanner e poi il mercato per effetto dell’ordinanza regionale deve chiudere alle 14. Inoltre, non possiamo lavorare il sabato (l’ordinanza lo chiude per operazioni di sanificazione ndr.) così i flussi di lavoro vengono tranciati. Il sabato e la domenica sono per Fondi giornate di preparazione dell’enorme mole di merce che deve partire il lunedì per destinazioni in tutta Italia. Ora questo lavoro va fatto in 7 ore invece che in un giorno e mezzo”. Ciò nonostante, però, nessuno ha pensato a fermarsi. “Siamo consapevoli dei rischi per la salute in questo momento- afferma Di Vito- ma sappiamo anche di essere una filiera importante che mette cibo fresco sulle tavole di 4/5 milioni di persone. Se ci fermiamo noi, si ferma il mondo. Nei campi siamo obbligati a continuare o fra tre mesi mangeremo solo merce proveniente dall’estero. Quello che chiediamo è di evitare limitazioni fuori logica. Ci vuole meno contrattazione e più logistica. Così i compratori stanno a casa e noi mandiamo loro la merce“. E’ cio’ che nel loro piccolo molte aziende agricole stanno facendo, soprattutto a seguito della chiusura dei mercati rionali e contadini. “Il telefono squilla continuamente- racconta Ascenzo Bottoni, agricoltore di Sezze, che si è organizzato con una compagnia che fa consegne anche a Roma e dintorni. Il sistema funziona anche per il vino, sfuso e imbottigliato.
“Offrire questo servizio ci salva- garantisce la direttrice di una nota cantina dell’area del litorale Romano- quando abbiamo raggiunto un numero sufficiente di ordini, facciamo partire il furgoncino che porta i vini direttamente a casa delle persone“.
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