Coronavirus, in Algeria i medici sono senza mascherine: è sciopero

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Nell'ospedale di Blida, la città-focolaio: 'Dov'è lo Stato?' Condividi su facebook Condividi su twitter Condividi su whatsapp Condividi su email Condividi su print

ROMA – In Algeria l’epidemia di Covid-19 continua ad estendersi. Con 584 casi di contagio confermati e 35 decessi, le autorita’ hanno reagito imponendo nuove misure: il coprifuoco ad Algeri ma soprattutto la chiusura totale di Blida, il focolaio del coronavirus. E’ proprio in questa citta’ a 45 chilometri a ovest della capitale che conta 180mila abitanti, che le tensioni sociali sono divenute piu’ forti. Gli ospedali sono in affanno per i tanti malati di coronavirus da gestire, a fronte della mancanza di dispositivi di protezione individuali (Dpi): mascherine, guanti, soluzioni disinfettanti per le mani o camici protettivi.

Per denunciare questa situazione, parte del personale di uno degli ospedali in prima linea nell’emergenza, quello di Frantz Fanon, ha deciso di scioperare. Una delle responsabili, Khedidja Bessedik, in un post su Facebook ha espresso tutta la frustrazione vissuta dai colleghi: “I nostri addetti alla rianimazione stanno scioperando perche’ non hanno nessun presidio di protezione contro il Covid-19. Dove sta lo Stato? Dov’e’ il ministero della Salute? Dove sono le 50 milioni di mascherine (promesse) dal presidente?”. Bessedik, come molti altri in Algeria in questi giorni, ha quindi fatto appello alle donazioni per permettere a medici e infermieri di acquistare questi materiali.

Nei giorni scorsi il presidente Tebboune ha proposto di stanziare 91 milioni di euro proprio per acquistare dall’estero questi materiali, ma anche per importare macchinari e strumenti per le analisi cliniche. Il governo e’ tuttavia restio a decretare l’isolamento per tutto il territorio nazionale: solo Blida e’ infatti zona rossa, mentre in dieci province – tra cui Algeri – vige il coprifuoco. Ma per il comitato scientifico nazionale non basta, e oggi e’ stato l’annunciato l’appello all’estensione totale. Intanto, per far fronte alla crisi, varie associazioni e volontari stanno rispondendo: c’e’ chi fabbrica in casa le mascherine oppure il gel disinfettante, come gli studenti della Facolta’ di farmacia dell’universita’ di Tizi Ouzou, e chi usa i social network per sensibilizzare le persone sull’importanza di restare in casa e rispettare le norme anti-contagio. Ci sono poi cliniche e studi privati che donano agli ospedali stock di medicinali e altri materiali sanitari.

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