Coronavirus, morto in ospedale a Bologna il primo detenuto
- Andrea Mari
- 02/04/2020
- Bologna, Politica, Sanità, Welfare
- a.mari@agenziadire.com
È deceduto in ospedale a Bologna il primo detenuto per coronavirus: era italiano, aveva 76 anni e pare fosse affetto da altre patologie Condividi su facebook Condividi su twitter Condividi su whatsapp Condividi su email Condividi su print
BOLOGNA – “Prima o poi doveva accadere, ed è purtroppo accaduto. È deceduto in ospedale a Bologna il primo detenuto per coronavirus”. Lo riferisce Gennarino De Fazio della Uilpa Polizia penitenziaria nazionale, precisando che “si tratta di un ristretto del circuito ad alta sicurezza, ricoverato qualche giorno fa in stato di detenzione e poi ammesso agli arresti domiciliari a seguito del trasferimento in terapia intensiva”. L’uomo, aggiunge, “era italiano, aveva 76 anni e pare fosse affetto da altre patologie“.
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Nella sua nota, De Fazio si dice “naturalmente costernato per la perdita di un’altra vita umana”, e pur affermando di “non volere e non potere strumentalizzare l’accaduto” non rinuncia a tirare una stoccata al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, e al dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, che a suo dire “hanno tante colpe e responsabilità nell’inadeguata gestione delle carceri, prima e durante l’emergenza sanitaria”.
Gestione che, tira dritto il sindacalista, “dovrebbe essere affrontata in maniera molto più efficace da molti punti di vista”, sia “per quanto riguarda i detenuti, sia sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro e delle misure a protezione degli operatori e, di rimando, per gli stessi reclusi”.
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La sensazione, scrive De Fazio, è che “il coronavirus, nel ‘territorio straniero’ delimitato dalle cinte murarie e chiamato carcere, sia arrivato in differita e che pertanto, mentre nel Paese pare si stia registrando il picco, nei penitenziari potrebbe essere in piena fase di sviluppo e ascesa“. E questo, aggiunge, “dovrebbe indurre ad adottare più efficaci e stringenti precauzioni e misure di prevenzione, anche per evitare che dal carcere possano svilupparsi i cosiddetti ‘contagi di ritorno’, che potrebbero far riprecipitare la situazione in tutto il Paese”.
Da qui la richiesta alla presidenza del Consiglio di “assumere pro-tempore, almeno sino al perdurare dell’emergenza sanitaria, la gestione diretta delle carceri”, perché “indugiare ancora potrebbe determinare l’irreparabile”.
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