Coronavirus, multa da 533 euro a infermiere di Napoli: “Continuo a lavorare”

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"Il presidente dell'ordine degli Infermieri di Napoli si è messo a disposizione sia per il ricorso che per l'assistenza legale", racconta alla Dire Davide Brignola Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print

NAPOLI – “Stamattina mi ha contattato il presidente dell’ordine degli Infermieri di Napoli, Ciro Carbone, che si è messo a disposizione sia per ricorrere contro la multa, cosa che farò sicuramente, che per l’assistenza legale. Anche lui ritiene sia assurdo quello che mi è successo”. Lo racconta alla Dire Davide Brignola che ieri, in un post su Facebook, ha raccontato di essere stato multato, con un verbale da 533,33 euro, mentre rientrava a casa dopo aver assistito una paziente al Vomero.
“Dopo la prestazione – ricostruisce l’infermiere – sono stato fermato a piazza Medaglie d’Oro da una volante della polizia a cui mostro il mio tesserino dell’Opi”. Gli agenti “mi hanno obbligato a dargli nome e indirizzo della paziente che, anche se non so se dovevo farlo visto le leggi sulla privacy, gli ho fornito”. Nonostante le sue spiegazioni, però, il controllo dura circa mezz’ora e si conclude con un verbale, appunto, in cui viene scritto che l’infermiere “violava le prescrizioni atte al contenimento del rischio epidemiologico, lasciando senza giusto motivo il proprio domicilio/dimora, risultava infatti che fosse in atto uno spostamento non motivato da esigenze lavorative”. In quel frangente l’infermiere ha contestato “per iscritto che in realtà le esigenze lavorative esistevano visto che avevo svolto una prestazione sanitaria”.
Penso – prosegue – che non mi abbiano creduto. Probabilmente volevano che gli mostrassi una fattura, ma non so. Io l’ho fatta da casa direttamente dal pc, come faccio per tutte le prestazioni private. In più esistono le prestazioni pro bono, che io eseguo, in cui scelgo di non farmi pagare. Io oggi ho continuato tranquillamente a lavorare anche perchè fermarmi significherebbe privare di un servizio sanitario non solo chi ha bisogno di un prelievo, ma anche ragazzi di 30 anni che hanno un tumore o anziani che sono a casa allettati. Nel corso di tutta l’emergenza – conclude l’infermiere – non mi sono mai fermato se non per due giorni in cui mi sono procurato i dpi”.

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