Coronavirus, Ordine di Malta: “Allarme doppio nelle zone di conflitto”

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Dalla Siria al Sudafrica fino alle Americhe: "Rafforziamo gli interventi" Condividi su facebook Condividi su twitter Condividi su whatsapp Condividi su email Condividi su print

ROMA – Presente in molte aree di conflitto, dal Medio Oriente all’Africa subsahariana, l’Ordine di Malta chiede una risposta congiunta alla diffusione della Covid-19 in regioni dove i sistemi medici non sono in grado di far fronte alle attuali esigenze. Come spiega il Grande Ospedaliere Dominique de La Rochefoucauld-Montbel: “Le preoccupazioni crescono per le comunità che vivono in zone di guerra in tutto il mondo, dove l’accesso all’assistenza sanitaria di base è scarso e insufficiente. Gli sfollati di queste zone soffrono per la carenza di acqua potabile, cibo e servizi sanitari”.

In totale 25 Paesi africani hanno già segnalato casi di coronavirus. In una nota l’Ordine di Malta ricorda le molte attività mediche in corso in circa 30 paesi africani e di stare fornendo attrezzature di protezione alle sue équipe mediche, come materiali e prodotti per la disinfezione e piccole attrezzature mediche: tensiometri, tende a concentrazione di ossigeno e barelle. “L’aspetto più importante per noi è continuare ad offrire i nostri servizi medici” ha aggiunto il Grande Ospedaliere, ricordando che l’Ordine di malta “dà priorità alla protezione del proprio personale in modo che possa continuare a lavorare al servizio delle comunità locali”.

Padre Gérard, fondatore e presidente della Confraternita del Beato Gerardo, a Mandeni in Sudafrica, una delle aree più povere del mondo, avverte di un possibile tsunami: “Il Sudafrica è un Paese di 59 milioni di abitanti e se il numero di malati si mantiene, per il momento, ancora basso, vediamo arrivare lo tsunami, dobbiamo affrettarci. Siamo di fronte a un pericolo enorme- continua padre Gérard- le nostre strutture sanitarie non sono all’altezza della sfida, e il virus si sta diffondendo rapidamente nel Paese”. Come ricorda il presidente, stando alle previsioni del ministro della Salute il 60-70 per cento della popolazione sudafricana “sarà infettata dal virus. Un modello epidemiologico prevede tra gli 88mila e i 350mila morti solo in Sudafrica”.

Si moltiplicano anche le preoccupazioni per un possibile focolaio di Coronavirus in Siria, che è ormai entrata nel decimo anno di guerra. Nella sola provincia nord-occidentale di Idlib, quasi un milione di persone è fuggito dalle loro case nell’ultimo anno a causa delle violenze. Molti vivono in insediamenti sovraffollati, dove le condizioni igieniche e sanitarie sono molto scarse. “La situazione nel Nord-Ovest della Siria era già molto fragile prima dell’epidemia di Coronavirus, ora con quasi un milione di nuovi sfollati interni in movimento, la diffusione del virus provocherebbe conseguenze oltre ogni immaginazione” ha avvertito Janine Lietmeyer, team leader Middle East del Malteser International, l’agenzia di soccorso internazionale dell’Ordine di Malta. “Il sistema sanitario già ora non è in grado di affrontare le conseguenze legate alla guerra” il monito di Lietmeyer.

Con le sue organizzazioni partner in Siria, l’agenzia di soccorso internazionale dell’Ordine continua a gestire e rafforzare le capacità sanitarie – ospedali e centri di assistenza sanitaria di base – e sta intensificando le attività nel settore idrico, igienico e sanitario (programma Wash) distribuendo più acqua, articoli per l’igiene e contribuendo a risanare le pessime strutture sanitarie nei campi e negli insediamenti nati spontaneamente. “Purtroppo non siamo in grado di servire le strutture con le necessarie attrezzature di protezione, poiché nulla è disponibile sul mercato locale” ha spiegato ancora Janine Lietmeyer.
Quanto alla Palestina, in Cisgiordania l’Ospedale della Sacra Famiglia dell’Ordine di Malta a Betlemme, che è dotato dell’unica e sola unità di terapia intensiva neonatale in tutta la regione, continua il suo prezioso lavoro. Dalla chiusura a zona rossa del 6 marzo, a Betlemme sono nati circa 150 bambini. “Le restrizioni di movimento hanno aumentato le difficoltà per trasportare i neonati prematuri nel nostro ospedale, dove il personale può occuparsi dei neonati nati prima delle 32 settimane e del peso di circa 500 grammi, e per i neonati che hanno urgente bisogno di un intervento chirurgico e devono essere trasferiti in un altro ospedale”, ha riferito l’Ambasciatore dell’Ordine di Malta in Palestina, Michele Bowe. Secondo Bowe la situazione nella regione è particolarmente preoccupante a causa della mancanza di attrezzature mediche come ventilatori e ossigeno e per la carenza di maschere, alcool e disinfettanti.

Le stesse preoccupazioni valgono anche per altri Paesi che stanno attraversando crisi umanitarie dovute a guerre civili, povertà e disordini politici. Jelena Kaifenheim, responsabile regionale del Malteser International per le Americhe, afferma: “In Colombia, abbiamo un medico distaccato presso la segreteria sanitaria di La Guajira per sostenere la gestione delle crisi. Le severe misure di quarantena in Colombia hanno creato ulteriori esigenze. La situazione è ora drammatica, soprattutto per i rifugiati venezuelani e le popolazioni locali, che sopravvivono con lavori umili e che ora faticano a sfamarsi”.
Kaifenheim denuncia che la maggior parte di loro “non ha accesso all’acqua, al sapone, ai servizi sanitari e non ha le condizioni di base per rispettare le norme di quarantena in materia di igiene”.
Il Malteser International fa anche parte di un gruppo di crisi che comprende l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), l’Organizzazione Panamericana della Sanità (Paho) e il ministero della Sanità colombiano.

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