Coronavirus, Trianni (Villa Pineta Modena): “Riabilitazione respiratoria per il ripristino della funzionalità”
- Michela Coluzzi
- 29/07/2020
- Sanità
- m.coluzzi@agenziadire.com
"Dal 2015 centro universitario, accolti studenti americani da 50 Atenei" Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print
ROMA – Si e’ sentito molto parlare di trattamento respiratorio e di riabilitazione respiratoria nei pazienti che sono risultati positivi al Covid-19. Il recupero delle loro funzionalita’ necessita di protocolli individuali perche’ questa nuova malattia ha insegnato che la reazione di ogni paziente e’ diversa e cio’ e’ dovuto non solo alla carica virale bensi’ alla situazione clinica di partenza del soggetto. Ma come hanno risposto le struttura, soprattutto nei territori maggiormente colpiti dalla pandemia? E il recupero post polmonite interstiziale e’ totale oppure no? A fare chiarezza in merito e a raccontare anche i progetti formativi nel campo della riabilitazione respiratoria e’ Ludovico Trianni, pneumologo e primario dell’ospedale privato Villa Pineta a Modena.
– Villa Pineta e’ un unicum a livello regionale e nazionale per la cura e il trattamento in ambito respiratorio. Questo periodo emergenziale ha messo a dura prova il sistema. Come siete riusciti a fronteggiare il periodo e di cosa fare tesoro per essere pronti in un futuro a pandemie tipo questa?
“E’ indubbio che una pandemia di tale portata ha disarticolato tutta l’organizzazione sanitaria. Anche noi, a Villa Pineta, abbiamo subito uno stress test da cui impareremo molto nella gestione di una patologia che si prospetta possa durare nel tempo. C’e’ stata una forte sinergia tra noi e il Ssn pubblico. Questo ha implicato una organizzazione giornaliera per essere di supporto ai reparti di emergenza-urgenza travolti dalla pandemia e per intervenire nei pazienti dopo la fase acuta. L’altro grande nostro sforzo e’ stato quello di organizzare l’assistenza degli anziani, che occupano gran parte dei posti letto di Villa Pineta. Dall’inizio abbiamo capito che la Rsa potesse diventare un grande focolaio. Per evitare che cio’ accadesse, una domenica ci siamo riuniti per organizzare una zona rossa, con percorsi per gli operatori in entrata e in uscita dove questi potessero dotarsi di dpi. Inoltre abbiamo organizzato i pazienti Covid positivi in stanze singole e abbiamo dimesso tutti i pazienti che potevano tornare a casa, per creare un grande reparto di 50 stanze singole per Covid positivi monitorati attraverso i tamponi e i test sierologici. In collaborazione con la Asl 16 di Modena, abbiamo gestito in totale 80 pazienti Covid positivi. Abbiamo avuto, quindi, una bassa infezione del personale, con 4 operatori infettati senza nessuna conseguenza, e in generale una mortalita’ bassa grazie a procedure serie e con una sorveglianza stretta. Ora i famigliari dei pazienti possono rientrare a far visita, ma con stringenti controlli e triage e per appuntamenti scaglionati. Come successo in tutta Italia, il personale si e’ molto dedicato: voglio ringraziare gli oss, i fisioterapisti affiatatissimi e tutti i medici che si sono prodigati per i pazienti. Un dato negativo e’ invece la carenza infermieristica, assorbita dal Ssn, che non ci permette di usare al massimo le nostre potenzialita’ per il recupero funzionale dei pazienti”.
– La polmonite interstiziale provocata dal Coronavirus e’ debilitante. Quali possono essere i tempi di recupero e che ruolo svolge la riabilitazione?
“Ci sono stati pronunciamenti importanti da parte di task force europee e internazionali sull’importanza di una riabilitazione precoce nei pazienti Covid positivi. Questa malattia colpisce in maniera individualizzata e diversificata, ed e’ questa la novita’ di questa patologia che non dipende solo dalla carica virale ma dalla situazione clinica del singolo paziente. Sappiamo che l’astenia e l’affaticamento sono la costante per tutti i pazienti ma a livelli diversi. Sappiamo che l’80% dei pazienti e’ affetto da una forma lieve-moderata, il restante 20% va incontro alla patologia di grado medio-severa. Un altro dato da tenere in considerazione e’ che questi pazienti ospedalizzati superano la malattia con lunghi periodi di degenza. Al danno provocato dal virus si aggiunge un danno da allettamento prolungato, e si devono tenere in considerazione anche i farmaci che si utilizzano nel percorso di cura. La riabilitazione respiratoria si rivolge ai pazienti che hanno polmonite interstiziale di livello lieve-moderato nei reparti di degenza ordinaria e a chi proviene dalla rianimazione. Noi abbiamo una Terapia intensiva di 8 posti letto e un team di fisioterapisti e psicologi dedicati ai pazienti, nel tentativo di staccarli dalla respirazione meccanica invasiva e per recuperare abitudini e autonomie personali compromesse dalla degenza in ambiente rianimatorio. Si comprende che a monte c’e’ un lavoro cardiorespiratorio da fare. Dall’esperienza nostra personale c’e’ difficolta’ ad estrapolare dei dati sulla capacita’ di recupero totale di alcuni pazienti della capacita’ respiratoria. Ad oggi non abbiamo indicazioni sull’intero territorio nazionale precise sulla terapia piu’ efficace nei diversi stadi e forme. Abbiamo registrato a Villa Pineta tre casi, in particolare, con recuperi neuromotori insperati grazie a un lavoro riabilitativo intenso che prevedeva due sessioni giornaliere di riabilitazione pari a 4 ore, divise in 2 la mattina e 2 il pomeriggio. In questo modo noi siamo stati in grado di rimettere in piedi questi pazienti. Naturalmente la collaborazione del paziente al trattamento riabilitativo e’ fondamentale”
– La vostra struttura dal 2015 e’ Centro universitario e punto di riferimento per studenti stranieri, soprattutto americani. Ci parla di questo progetto che la vede schierata in prima linea?
“Il progetto e’ nato quando ho conosciuto un collega americano riabilitatore che ha creato una agenzia che propone degli internship a degli studenti degli ultimi anni nei corsi di fisioterapia negli Stati Uniti. All’inizio era legato alla neuroriabilitazione, a strutture in Toscana e Umbria. Da qui ho proposto di completare questo percorso di studi per i fisioterapisti allargando il campo alla riabilitazione cardiorespiratoria. Abbiamo seguito piu’ di 70 studenti americani che provengono da 50 universita’ diverse degli Stati Uniti ricevendo un feedback molto positivo sia sulla didattica che sulla esperienza pratica e umana. Abbiamo ospitato anche docenti americani con un riscontro da parte loro rispetto al nostro modo di insegnare notevole. Credo che questo sia un messaggio positivo per l’Italia. Possiamo insegnare molto agli altri. In questo momento siamo impegnati con l’Universita’ di Modena e l’Universita’ di Parma all’interno dei master di fisioterapia”.
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