Dai droni nuove frontiere per la previsione delle eruzioni vulcaniche
Tempo di Lettura: 4 minutiUn team internazionale guidato dall’UCL (UK), e che include il gruppo di ricerca di Vulcanologia del Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare – DiSTeM dell’Università di Palermo, ha sviluppato e utilizzato una nuova tecnologia basata sull’uso dei droni per la misura dei gas vulcanici emessi dai vulcani attivi.
La ricerca è stata condotta sul vulcano Manam in Papua Nuova Guinea, e i risultati conseguiti consentiranno alle comunità locali di prevedere meglio le future eruzioni, e alla comunità scientifica internazionale di meglio comprendere come i vulcani contribuiscono al ciclo globale del carbonio, che gioca un ruolo chiave nel sostenere la vita sulla Terra.
I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista Science Advances dell’AAAS – American Association for the Advancement of Science, dimostrano per la prima volta come l’uso combinato di misurazioni aeree, da terra e satellitari permetta di esplorare i vulcani più inaccessibili e attivi del pianeta.
La ricerca è stata condo..
Un team internazionale guidato dall’UCL (UK), e che include il gruppo di ricerca di Vulcanologia del Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare – DiSTeM dell’Università di Palermo, ha sviluppato e utilizzato una nuova tecnologia basata sull’uso dei droni per la misura dei gas vulcanici emessi dai vulcani attivi.
La ricerca è stata condotta sul vulcano Manam in Papua Nuova Guinea, e i risultati conseguiti consentiranno alle comunità locali di prevedere meglio le future eruzioni, e alla comunità scientifica internazionale di meglio comprendere come i vulcani contribuiscono al ciclo globale del carbonio, che gioca un ruolo chiave nel sostenere la vita sulla Terra.
I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista Science Advances dell’AAAS – American Association for the Advancement of Science, dimostrano per la prima volta come l’uso combinato di misurazioni aeree, da terra e satellitari permetta di esplorare i vulcani più inaccessibili e attivi del pianeta.
La ricerca è stata condotta nell’ambito del progetto ABOVE del Deep Carbon Observatory una comunità globale di scienziati impegnati in una ricerca decennale (finanziata dalla Alfred P. Sloan Foundation di Washington) finalizzata a una migliore comprensione del ciclo naturale terreste del carbonio. Il progetto ABOVE ha coinvolto specialisti dal Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Italia, Svezia, Germania, Costa Rica, Nuova Zelanda e Papua Nuova Guinea, le cui expertise spaziano dalla vulcanologia all’ingegneria aerospaziale.
I ricercatori hanno ideato nuove soluzioni tecnologiche per la misurazione delle emissioni di gas rilasciate in atmosfera dai vulcani attivi, utilizzando droni a lungo raggio. Tali innovative tecniche sono state messe alla prova durante una campagna di terreno nella remota isola vulcanica di Manam.
Con un diametro di 10 km e un’elevazione di 1800 m sul livello del mare, il vulcano Manam si trova su un’isola a 13 km dalla costa nord-orientale della Papua Nuova Guinea. Studi precedenti avevano individuato nel Manam uno tra i maggiori emettitori di anidride solforosa (SO2) al mondo. Tuttavia, nulla era noto (prima di questo studio) sulla sua produzione di CO2 vulcanica.
Le emissioni di CO2 vulcanica sono difficili da misurare a causa delle alte concentrazioni nell’atmosfera di background, che impongono la necessità di eseguire le misurazioni in prossimità delle aree crateriche sommitali. Nei vulcani attivi e pericolosi come il Manam, i droni rappresentano l’unico modo per realizzare le misure in condizioni in sicurezza. Tuttavia, fino a oggi, i voli con droni “oltre la linea di vista” erano raramente stati tentati in ambienti vulcanici, in considerazione delle sfide tecnologiche che questi richiedono.
Utilizzando nuovi sensori di gas e spettrometri miniaturizzati, e progettando innovativi dispositivi di campionamento attivabili in maniera automatica, il team è stato in grado di far volare il drone fino a 2 km di altezza e 6 km di distanza, e di raggiungere la cima del Manam ove eseguire le misurazioni.
Fra i vari parametri osservati, è stato determinato il rapporto di abbondanza fra CO2 e SO2 nei gas vulcanici. La conoscenza di questo parametro è fondamentale per determinare la probabilità del verificarsi di un’eruzione, poiché aiuta i vulcanologi a stabilire la profondità alla quale il magma risiede. Queste nuove conoscenze sono pertanto preziose per aiutare i programmi di monitoraggio e mitigazione della pericolosità vulcanica sull’isola di Manam che, sebbene remota, conta una consistente popolazione locale. Le ultime grandi eruzioni del Manam, tra il 2004 e il 2006, hanno devastato vaste porzioni dell’isola, e hanno costretto una popolazione di circa 4.000 persone a spostarsi verso la terraferma; i loro raccolti sono stati distrutti, e le risorse idriche contaminate.
Emma Liu (UCL Earth Sciences), responsabile del progetto, ha dichiarato che “il vulcano Manam non era stato studiato nel dettaglio in passato, ma i dati satellitari confermavano le sue consistenti emissioni di gas. L’osservatorio vulcanologico locale (Rabaul Volcanological Observatory), nonostante le modeste risorse disponibili, svolge un carico di lavoro incredibile, e ha favorito i contatti con la comunità che vive sull’isola di Manam, indispensabili per la buona riuscita della campagna”.
A seguito del lavoro sul campo, svolto nel maggio 2019, i ricercatori hanno raccolto fondi per acquistare computer, pannelli solari e altre tecnologie per consentire alla comunità locale – che da allora ha messo insieme un gruppo di emergenza per la mitigazione delle catastrofi naturali – di comunicare via satellite dall’isola, e di coadiuvare le azioni di monitoraggio del Rabaul Volcanological Observatory.
Le emissioni vulcaniche rappresentano la principale sorgente naturale al ciclo naturale del carbonio sulla Terra – il movimento del carbonio tra interno della terra, atmosfera e oceano. Tuttavia, le conoscenze attuali sulle emissioni globali di CO2 dai vulcani sono incomplete e frammentarie – a oggi, le misurazioni del flusso di CO2 sono state limitate a un numero relativamente piccolo dei 500 vulcani in degassamento sul Terra. La comprensione dei fattori che controllano le emissioni di carbonio vulcanico oggi aiuterà a comprendere l’evoluzione del clima nel passato geologico, e quindi come questo potrebbe rispondere in futuro in risposta alla continua e massiccia iniezione di CO2 ad opera del’uomo.
Uno dei co-autori dello studio, Alessandro Aiuppa (Università di Palermo), ha descritto i risultati dello studio come “un vero progresso in campo vulcanologico”, aggiungendo: “Dieci anni fa, i vulcanologi si sarebbero dovuti limitare a osservare a distanza le emissioni di un gigante in attività come il Manam, e immaginare quanto intense fossero le sue emissioni di CO2. Oggi, possiamo utilizzare i droni per volare attraverso i gas craterici, e misurane la composizione”.
“Il carbonio rilasciato dal vulcanismo globale rappresenta oggi meno dell’uno per cento del bilancio totale delle emissioni totali, che è dominato dalle attività umane”, afferma Aiuppa. “In pochi secoli, gli esseri umani si sono sostituiti ai vulcani nel determinare il bilancio della CO2 nell’atmosfera”.
Tobias Fischer (Università del New Mexico), co-autore della ricerca, ha aggiunto che “per comprendere i fattori trainanti del cambiamento climatico, è necessario comprendere il ciclo del carbonio nella terra. Volevamo quantificare l’emissione di carbonio dal Manam perché questo rappresenta uno dei principali emettitori di anidride carbonica vulcanica. Volevamo inoltre stabilire l’origine del carbonio emesso, e a tal fine abbiamo misurato la sua composizione isotopica per risolvere i rispettivi contributi dal mantello terrestre, dalla crosta e dai sedimenti subdotti sotto il vulcano”.
Lo studio apre nuove prospettive per il monitoraggio dei vulcani attivi, e per una migliore comprensione del flusso di anidride carbonica (CO2) rilasciata dai vulcani a livello globale.
(ITALPRESS).