Dal razzismo al ritardo nei soccorsi: in un libro la fine di Jimi Hendrix

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jimi hendrix

"Volevamo raccontare un periodo, una fase rimasta oscura, quella della sua morte". È in libreria e in digitale 'The story of life- gli ultimi giorni di Jimi Hendrix' Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print

ROMA – Jimi Hendrix “un faro, una passione, un punto di riferimento”. E allora quale migliore scelta se non quella di raccontarlo in un libro? Non la solita biografia, però, e neanche un racconto della sua discografia. “Volevamo raccontare un periodo, una fase rimasta oscura, quella della sua morte”. È in libreria e in digitale ‘The story of life- gli ultimi giorni di Jimi Hendrix’. È dedicato all’ultimo mese del chitarrista mancino, scomparso a Londra il 18 settembre 1970. La prefazione del volume è firmata dal fratello minore, Leon Hendrix. Gli autori sono Enzo Gentile, giornalista ed hendrixiano da sempre, al quarto volume sul leggendario chitarrista di Seattle, e Roberto Crema, collezionista e curatore di blog e incontri dedicati allo stesso Hendrix.

The story of life- gli ultimi giorni di Jimi HendrixDiverse sono le leggende da sfatare a proposito della scomparsa di Hendrix: “Sui giornali dell’epoca si è parlato di droga, di morte per overdose” però “la droga uccide ma non Jimi”, spiega Gentile che nel libro ha pubblicato l’autopsia che va a smentire questa tesi. Con questo volume “prendiamo in esame il periodo che va dal concerto dell’Isola di Wight fino al 18 settembre- spiega Gentile all’agenzia Dire- Dopo fece altri concerti, l’ultimo in Germania il 6 settembre, prima di tornare a Londra. Non c’erano avvisaglie, ipotesi di suicidi. Era però stanco. E lui doveva essere sempre al centro sul palco, non poteva certo nascondersi dietro la batteria”. Per quanto riguarda la causa del decesso, avvenuta a 27 anni, motivo per cui è entrato a far parte del club 27, l’invenzione giornalistica sviluppatasi negli anni per indicare quegli artisti scomparsi appunto a 27 anni, “Jimi faticava a prendere sonno, anche per questa stanchezza che aveva. Preso un sonnifero, evidentemente non bastava, allora ne prende un altro e un altro ancora. Evidentemente troppi, fino al disastro che tutti sappiamo”.

Della conseguente crisi respiratoria si è accorta Monica, la fidanzata: “Lei evidentemente aveva preso meno sonniferi ed era uscita per prendere le sigarette- continua Gentile- Al ritorno, ha subito chiamato un’amica per chiederle il numero da contattare per i soccorsi. Dopo una ventina di minuti l’arrivo dell’ambulanza. Il problema c’è stato anche per come era fatta la struttura dove si trovava: è stato infatti calato verticalmente per essere trasportato. Pure l’ambulanza era piccolina, poco più di una macchina. Quindi non è stato possibile intervenire con le prime cure com’è naturale oggi”.

Ma c’è anche un’ipotesi inquietante a proposito della morte di Hendrix: “Un’ipotesi non del tutto peregrina- spiega Gentile- C’è chi sostiene che uno dei due infermieri che sono intervenuti fosse un famoso razzista. Quindi non ci sarebbero state fretta e sollecitudine che invece, forse, avrebbero portato a qualche risultato in più”. Il libro si chiude con una serie di contributi e testimonianze di personaggi che hanno raccontato il loro punto di vista: George Benson, Eric Burdon, Paolo Fresu, Pat Metheny, Franco Mussida, Beppe Severgnini, Fabio Treves, Carlo Verdone. “Volevo andare a toccare persone ce avessero un motivo preciso per essere legate a Jimi”.

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