Davide Longoni e il concetto di pane come prodotto agricolo
Il pane non è un prodotto alimentare qualsiasi. Anzi non è un prodotto alimentare, «è un prodotto agricolo perché è il risultato della trasformazione di un frutto della terra, il cereale. Così, per fare un buon prodotto, è necessario, prima di ogni altra cosa, recuperare il rapporto con la terra». Così Davide Longoni, panificatore nato in Brianza premiato con i tre pani nella Guida “Pane e Panettieri d’Italia” per i prodotti che sforna giornalmente a Milano e mette in vendita nelle due botteghe (che presto diventeranno tre) in via Tiraboschi e al Mercato del Suffragio, interpreta il pane.
Figlio d’arte, cresciuto nella bottega del padre dove sin da piccolo si rendeva utile, è tornato al pane dopo un lungo periodo trascorso lontano da quel mondo. Laureato in lettere con un master in tecnologie applicate agli studi umanistici, prima di scrivere il suo nome tra quelli che hanno determinato la rinascita della panificazione italiana, ha lavorato a fianco di fotografi del calibro di Gianni Berengo Gardin e Martin Parr che seguiva come agente personale all’agenzia fotogiornalistica Magnum Contrasto.
Oggi, premi a parte, Longoni è un uomo che ha deciso di puntare sulla ricerca, di grani innanzitutto. «Da tre anni – racconta – coltivo segale e farro per il mio pane e gli altri prodotti in vendita nelle mie botteghe in periferia di Milano, nei pressi dell’abbazia di Chiaravalle, un’area che il comune di Milano ha messo a bando dopo anni di abbandono. Si tratta di terreni che hanno parte del progetto di “rigenerazione urbana” attraverso il recupero del paesaggio e a costituzione di Parchi Agricoli».
Per il panificatore Davide Longoni “Il pane non è un prodotto alimentare qualsiasi. Ma il risultato della trasformazione di un frutto della terra, il cereale, Foto: Fausto Nieddu
L’obiettivo di Longoni è, appunto, quello di dare una dimensione agricola alla panificazione e per fare ciò è necessario, spiega «avere dei terreni da gestire. E nessuno mi venga a dire che non si tratta di terreni sani perché le analisi effettuate ne hanno accertato la salubrità». Dopo Milano toccherà all’Abruzzo ospitare, in quel di Loreto Aprutino, un’altra coltivazione per realizzare l’utopia di produrre pane con farina autoprodotta. Ciò di cui Longoni, invece, non vuole sentire parlare è la «pasta madre». «Ho tolto dal lessico la parola pasta madre – sottolinea – perché è talmente inflazionata da aver perso il suo significato». Per lo stesso motivo il suo pane è solo pane. «Mi piace chiamarlo così e comunicarlo attraverso gli ingredienti», continua Longoni che invita ad avvicinarsi al mondo del pane. Magari diventando un Maestro dell’arte bianca. «Non è una cosa difficile. Le uniche cose da capire sono il ciclo biologico del lievito e i punti di maturazione dell’impasto. Compresi questi due punti in un anno si può camminare da soli», dice rammaricandosi dei tanti no che è costretto a opporre alle richieste di stage. «Purtroppo non posso accettare tutti, ma sono soddisfatto di condividere il mio lavoro sulle filiere dei cereali, sulle farine e sulla pasta madre con generazione di nuovi panettieri. Almeno 5 o 6 degli altri premiati del Gambero Rosso con i tre pani – conclude – sono passati in formazione da me».