Di Renzo: “La pandemia non determinerà necessariamente un trauma”
- Rachele Bombace
- 09/06/2020
- Giovani, Welfare
- r.bombace@agenziadire.com
ROMA -“Al contagio biologico si è associato un fortissimo contagio psichico. È una paura che si costella quando si avverte un senso di imprevedibilità. Il contagio è un meccanismo precognitivo, preverbale, una dimensione d’ansia che gli adulti riescono a razionalizzare, mentre nei bambini arriva sotto forma di paura che non riescono ad incanalare”. A parlarne è Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), al convegno scientifico e telematico ‘Il bambino ai tempi del Covid-19’ promosso dal Sindacato italiano specialisti pediatri (Sispe).
La domanda ricorrente è “Cosa ricorderanno i bambini? Necessariamente svilupperanno dei problemi da questa pandemia? No- risponde Di Renzo- penso che dobbiamo attenzionare quei bambini in cui ci rendiamo conto che la fragilità della famiglia potrebbe creare delle conseguenze. Altrimenti, credo che ai bimbi molto piccoli non succederà quasi nulla se sono stati adeguatamente contenuti, ai bambini più grandicelli resterà il ricordo di un momento speciale in cui si sono divertiti meno e in alcuni casi sono stati anche contenti di non andare a scuola. Nei ragazzi, invece, la situazione sarà difficile laddove la reclusione ha significato un aumento della conflittualità all’interno della famiglia”.
LE MANIFESTAZIONI DEL DISAGIO NEI BAMBINI
Nel dettaglio, le prime manifestazioni di disagio nei più piccoli durante il lockdown hanno visto soprattutto “un’alterazione della regolazione nelle condotte di base, della regolazione emotiva emotiva, delle condotte del sonno e di quelle alimentari, nonché un’alterazione delle condotte motorie con fenomeni di iperattività o con momenti di grande inibizione”, chiarisce la psicoterapeuta dell’età evolutiva. Sono aumentati anche i rituali. “Non necessariamente un rituale assume una caratteristica patologica- precisa l’esperta- e per molti di questi bambini ha significato proprio una difesa temporanea alla situazione d’emergenza”. In realtà Di Renzo tiene a sottolineare che “la regolazione dei bambini è dipendente dalla capacità degli adulti di regolare loro stessi e quindi i propri figli, allievi o pazienti. Nelle situazioni dove i genitori sono riusciti a contenere la loro ansia, e quindi a contenere quella dei bambini, non abbiamo visto nessun segno particolarmente negativo. Dunque- assicura Di Renzo- questa situazione non necessariamente determinerà una dimensione traumatica negli attuali bambini, perché affinché si strutturi un disturbo post traumatico non è necessario solo l’evento acuto, ma anche che ci sia un’atmosfera traumatica che renda l’evento traumatico”.
I TRAUMI ‘NATURALI’ NON CREANO FENOMENI DISSOCIATIVI
La letteratura scientifica documenta che laddove “il trauma dipenda da condizioni naturali, come nei terremoti, generalmente non si osservano nel tempo fenomeni di dissociazione, che invece si verificano quando il trauma avviene per mano umana. L’evento che arriva dalla natura in qualche modo costella nel collettivo anche una sorta di collaborazione e delle modalità di risposta, mentre il trauma che viene da mano umana, come per gli abusi, fa perdere totalmente al bambino l’affidabilità nel genere umano”. Questa volta, prosegue Di Renzo, “ci troviamo di fronte a una situazione che molto probabilmente non creerà elementi dissociativi”.
ECCO COME HANNO REAGITO I BAMBINI CON AUTISMO
Andando ad esaminare le situazioni in cui erano presenti disturbi come l’autismo, “nei bambini seguiti durante tutto il periodo della reclusione non solo non abbiamo trovato un aumento o l’emergere di nuove stereotipie e rituali, ma in alcune situazioni abbiamo addirittura notato dei miglioramenti. Questo fenomeno è legato al fatto che essendoci meno stimoli nel sociale- spiega la terapeuta- laddove le famiglie hanno potuto rispondere ai bisogni del bambino, questo ha creato una maggiore tranquillità. Ci ha stupito che, benché molti dei piccoli appartenenti allo spettro autistico abbiano una selettività alimentare, grazie a una maggiore presenza dei genitori, i figli hanno cominciato ad assaggiare cose nuove. La dimensione alimentare- aggiunge la psicoanalista- è profondamente condizionata, soprattutto nella prima infanzia, dall’ambiente. Sappiamo benissimo che l’alimentazione è il primo importante nutrimento affettivo, oltre che biologico, e che molte situazioni di ansia del genitore vengono comunicate proprio attraverso le fasi dell’alimentazione. Non è infrequente vedere bambini che se invitati a casa di amici, se mangiano a mensa o condividono i pasti con altre persone, sbloccano le loro difficoltà alimentari”.
NUOVI RITMI ALLA PROVA DELLA RIPRESA
Con lo scoppio della pandemia tutta la popolazione ha perso i ritmi e i paradigmi spazio temporali. “Questo fenomeno ora è molto evidente- chiosa la psicoterapeuta- perché nella fase di ripresa è proprio difficile rientrare in quei ritmi che non sono più quelli che avevamo lasciato prima del Covid, non sono più quelli che abbiamo vissuto durante il Covid, ma ora sono qualcosa di nuovo che ci fa ancora confrontare con un imprevedibile che non sappiamo quando cambierà. Abbiamo tutti dovuto imparare qualcosa di nuovo e qualche volta la nostra ansia di rispondere con efficienza alle prestazioni ci ha fatto dimenticare che la cosa importante, anche nelle lezioni a distanza, era sostenere i ragazzi e chiedere come stavano”. Di Renzo conclude con un consiglio ai genitori: “Non preoccupatevi troppo se i vostri figli hanno avuto condotte regressive, perché non dobbiamo dimenticare che l’ansia che noi adulti riusciamo a gestire, il bambino non ha strade per risolverla. In assenza di contatto con i coetanei, al confronto con una paura che sentono fortemente ma non riescono a gestire, hanno avuto bisogno, per esempio, di tornare nel letto dei genitori. Ritengo che questo vada contestualizzato nel presente, altrimenti patologizziamo delle situazioni che se contenute possono evolvere in maniera positiva”. Stesso discorso per gli adolescenti. “Non è vero che tutti i ragazzi sono stati incoscienti, molti sono stati attentissimi nei confronti dei genitori, alcuni meno, ma come sappiamo- rimarca la specialista- abbiamo dei modelli con i quali i ragazzi si identificano, e sono tanti gli adulti che si sono comportati in maniera non responsabile. Non credo che vadano demonizzati solo i ragazzi di alcuni comportamenti”.
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Giornale radio sociale, edizione del 9 giugno 2020
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