DISSALATORI, MINAMBIENTE “VIA E VIS GIÀ IN SALVA-MARE”
Una dissalazione sostenibile. È questo l’obiettivo che si sono posti i partecipanti al convegno «Aree marine protette ed ecosistemi marini: patrimonio da tutelare», che si è tenuto presso la sala Isma del Senato, organizzato dalla Fondazione UniVerde e Marevivo, in collaborazione con IdroAmbiente e con la media partnership di Italpress e TeleAmbiente. Nel corso del dibattito si è discusso sui miglioramenti applicabili all’“osmosi inversa”, ovvero la tecnologia maggiormente adoperata per la produzione di acqua potabile con impianti di dissalazione. Con tale processo, l’acqua di mare viene desalinizzata tramite membrane che filtrano i volumi idrici, lasciando da una parte un’acqua molto povera di sali e dall’altra un’acqua di scarto, definita “salamoia”, che contiene una considerevole concentrazione di sali doppia rispetto a quella originaria del mare. Secondo gli organizzatori, sul tema dei dissalatori, che interessa da vicino l’approvvigionamento idrico delle isole minori, vi è una carenza normativa. Un primo passo potrebbe essere rappresentato dall’inserimento della valutazione dell’impatto ambientale e sanitario per i dissalatori e l’indicazione di procedere a una preventiva analisi del rapporto costi-benefici.
Alfonso Pecorario Scanio, presidente della Fondazione UniVerde e già ministro dell’Ambiente, ha tracciato la linea sul tema: «L’obiettivo è costruire una politica di attenzione ai nostri mari. Dobbiamo ripristinare una serie di interventi, incentivando un’azione a costo zero come imporre la valutazione d’impatto ambientale». Ha poi sostenuto il decalogo per il «problema dell’approvvigionamento idrico mediante dissalazione», stilato e presentato dal professor Francesco Aliberti del dipartimento di biologia dell’Università Federico II di Napoli. Nel corso della propria presentazione, Aliberti ha sottoposto l’esempio di isole come Lipari e Ustica, ammonendo sulle alterazioni del sistema endocrino rilevate e sui cambiamenti nella struttura della comunità, oltre agli shock osmotici riscontrati nei punti di scarico. Salvatore Micillo, sottosegretario all'Ambiente, nel corso del convegno ha annunciato di voler «inserire la valutazione d’impatto ambientale e sanitaria per i dissalatori già nel decreto Salva Mare» e dunque, compatibilmente con l’iter parlamentare, in tempi brevi.
«Porre rimedio alle lacune normative sull’impatto ambientale dei reflui derivanti dalla dissalazione delle acque è senza dubbio una delle urgenze, da affrontare con l'introduzione di eventuali limiti e con la definizione dei criteri della valutazione degli effetti sull’ecosistema», ha aggiunto Micillo. Per Alberto Pierobon, assessore all’energia e ai servizi di pubblica utilità della Regione Siciliana, una soluzione mobile sarebbe benvenuta: «Ci sono diversi impianti e certamente l'ipotesi di una nave, quindi di un impianto mobile, non avrebbe alcun impatto ambientale e registrerebbe grande consenso sociale, oltre a non aver rischi per l’ecosistema». Rosalba Giugni, presidente di Marevivo, ha sottolineato l’impotenza del decalogo: sono «dieci punti che prevedono di definire i requisiti di qualità dell’acqua dissalata, di monitorare lo stato degli ecosistemi marini, separare e sversare la salamoia lontano dalla costa, in aree meno sensibili, e di inserire nella normativa la Via, Vis e Vas (valutazione ambientale strategica, ndr) per i dissalatori».