Egitto, disposto il rilascio della giornalista Basma Mostafa

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Svelò alle cronache italiane i tentativi di depistaggio sull'inchiesta Regeni

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ROMA – Accuse decadute per “insufficienza di prove” e disposto il rilascio per la giornalista egiziana Basma Mostafa: lo ha comunicato la Procura del Cairo e lo ha confermato l’avvocato e marito della cronista Karim Abdel Rady. Alla testata egiziana Daarb.com Abdel Rady ha riferito che Mostafa si trova ancora in carcere e che dovrebbe lasciare la prigione di Al-Qanater “entro le prossime 24 ore”. Quindi ha spiegato di aver dovuto comunque versare una cauzione di 2.000 sterline egiziane (l’equivalente di quasi 110 euro). Mostafa era stata arrestata nel fine settimana mentre svolgeva un’inchiesta a Luxor sulla presunta uccisione da parte di agenti di polizia di un dissidente mercoledì scorso. La donna, hanno ricostruito i colleghi del suo giornale Al-Manassa, sarebbe stata seguita da uomini dell’Agenzia nazionale per la sicurezza (Nsa), allertati da un informatore che Mostafa aveva contattato sul posto per poter incontrare i familiari della vittima. Dopo ore in cui la donna era risultata irraggiungibile telefonicamente, il marito e avvocato Abdel Rady, insieme agli altri due legali della reporter, aveva scoperto che la moglie si trovava in custodia cautelare nella prigione di Al-Qanater, al Cairo. Solo dopo l’interrogatorio col giudice e la conferma della detenzione di 15 giorni gli avvocati hanno scoperto i capi d’accusa contestati alla giornalista: diffusione di fake news, uso dei social network per destabilizzare la sicurezza dello Stato e affiliazione a un movimento terrorista.

Nel comunicato diffuso nella notte, la Procura generale del Cairo ha fatto sapere però che tutte le accuse a carico di Mostafa sono decadute “per insufficienza di prove“. Dalla nota si apprende che Mostafa ha respinto ogni accusa, motivando le sue azioni e i contenuti pubblicati come attività in linea con la professione giornalistica, “volta a documentare temi di attualità tra cui la recente epidemia di coronavirus”. Mostafa era già nota alle cronache italiane per aver svelato i tentativi di depistaggio messi in atto nel 2016, nell’ambito dell’inchiesta su Giulio Regeni, il ricercatore friulano assassinato nel 2016. A Luxor, era intenzionata a documentare anche gli scontri tra forze dell’ordine e cittadini, nel quadro di movimenti di protesta nati da fine settembre per denunciare le difficoltà economiche emerse dopo la pandemia.

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