Ericino, il formaggio siciliano che un tempo era riservato agli dei
Un tempo era considerato ‘magico’: storia del formaggio Ericino.
- Facciamo tappa nel Trapanese, per parlare di un tipico formaggio siciliano, molto particolare.
- Anticamente, infatti, non soltanto si riteneva che potesse aumentare la virilità, ma era un bene da sacrificare alle divinità.
- Oggi è un delizioso formaggio da tavola.
La tradizione gastronomica siciliana è ricca di storie che ci portano indietro nel tempo. Storie che affondano le radici nel passato di un’isola che ha fatto dei prodotti genuini uno dei suoi motivi di orgoglio. Ci fermiamo a Erice, splendido borgo in provincia di Trapani, per parlare dell’Ericino. Si tratta di un formaggio siciliano che si produce in particolare dei comuni di Erice, Valderice, Custonaci, San Vito Lo Capo, Castellammare del Golfo e Calatafimi. Anticamente era considerato un cibo in grado di aumentare la virilità maschile. Veniva anche utilizzato come bene da sacrificare alla dea Venere Ericina. È nato nel Medioevo, quando le pecore erano il fulcro della pastorizia locale insieme a pochi capi bovini.
Caratteristiche e produzione
L’Ericino ha una crosta dura, liscia, di colore paglierino o marrone. La pasta è abbastanza dura, elastica nel fresco, con un colore bianco o paglierino con la stagionatura. L’occhiatura è irregolare. Si tratta di un formaggio da tavola, che si accompagna a vini rossi di corpo. Le forme sono cilindriche, con facce piane con un diametro che varia dai 15 ai 30 centimetri e un’altezza che va dai 10 ai 18 centimetri. Il peso va da 1 a 7 chili.
Per produrre l’Ericino, il latte crudo viene addizionato con caglio in pasta di agnello. La cagliata subisce una rottura alle dimensioni di una lenticchia. Nel frattempo si aggiunge in caldaia acqua calda a 50° e, dopo un’agitazione, la pasta si lascia depositare sul fondo della caldaia. L’estrazione avviene a mano e la pasta trova posto in fuscelle di giunco o di plastica, per la pressatura a mano. Le forme rimangono immerse nella scotta per circa 4 ore e la salatura è in salamoia.
Foto di Giovanni Dall’Orto – Credits
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