FOTO | RomaNascosta: la fontana dell’antichità per i cani vagabondi
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Redazione
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18/09/2020
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Prima gli 11 acquedotti, poi le fontane dei rioni e da ornamento, e infine i nasoni per il popolo, ma con un occhio di riguardo per i randagi
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di Martina Fallace
ROMA – Uno degli aspetti per cui Roma da sempre affascina è la sua abbondanza d’acqua di ottima qualità tanto da guadagnarsi l’epiteto di “regina acquarum”. La città di Roma nacque sulla riva del sacro Tevere, fiume che per molti secoli venne venerato come divinità dallo stesso Romolo in quanto dissetava la popolazione. Ma di rilevante importanza furono soprattutto le caratteristiche idro-geologiche del territorio collinare e montano attorno alla città. Tali condizioni permisero infatti agli ingegneri romani di condurre la “bulicante acqua” attraverso ponti e acquedotti che ancora oggi rappresentano le più imponenti testimonianze della grandiosità della Roma Antica.
Nel corso dei secoli la realizzazione di ben undici acquedotti portò una grande disponibilità di acqua che veniva distribuita non solo tra le poche privilegiate case private, ma anche alle piscine, alle terme e soprattutto alle fontane. Le fontane, che in origine erano semplici vasche in pietra chiamate “fontes”, si diffusero inizialmente con una precisa funzione urbanistica in relazione al progressivo arrivo delle acque nei vari rioni. Oltre alle mostre monumentali che esaltavano l’opera dell’acquedotto, nacquero le fontane ornamentali posizionate al centro delle piazze ad altre ancora più funzionali sistemate all’angolo delle strade.
Con la fine dell’Ottocento entrarono a far parte dell’arredo urbano capitolino le prime fontanelle a colonnina di ghisa, che distribuivano acqua potabile gratuita e che furono rinominate da noi romani “nasoni”, per via del rubinetto la cui forma ricorda un grande naso.
A Roma però esistono anche alcune fontane curiose. Ad esempio la Fontana del Cane, unico esemplare al mondo di fonte dedicata ai cani di antica data situata in piazza di San Salvatore in Lauro. La piazza che deve il suo nome alla chiesa di San Salvatore in Lauro, fondata nel XII secolo, ospita la preziosa fontanella appoggiata ed incassata alla parete del Palazzo dei Piceni. Fortemente voluta dal Pontefice Gregorio XIII a beneficio di tutti i cani vagabondi della città, venne realizzata a trenta centimetri da terra in una nicchia circoscritta da due pilastri, al centro della quale si trova una testa di leone dalla quale sgorga l’acqua. Al di sopra della fontana si trova un’antica lapide in latino che recita: “Come in Campo Marzio un lupo più mite dell’agnello versa dalle fauci le Vergini Acque per il popolo, così anche qui un mite leone più mite di un capretto versa dalla sua bocca la limpida acqua cui presiede la Vergine. Nessuna meraviglia: il pio drago che impera sul mondo intero ha reso col suo esempio ambedue mansueti”. Un omaggio all’Acquedotto Vergine, fatto costruire per rifornire di acqua la zona del Campo Marzio.
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