FOTO | VIDEO | Coronavirus, da solo a Ponte Vecchio nella Firenze storica vuota

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La zona della Firenze storica, solitamente capace di 'inghiottire' migliaia di turisti ogni giorno, oggi è completamente deserta Condividi su facebook Condividi su twitter Condividi su whatsapp Condividi su email Condividi su print

FIRENZE – “Sono solo, solo il suono del mio passo“. Se non fosse una maledetta tragedia, la strofa disegnata dalla PFM per ‘Impressioni di settembre’ calzerebbe quasi perfetta. Invece è una maledetta tragedia e Ponte Vecchio così vuoto è un pugno nello stomaco. In quello che per Firenze è una sorta di triangolo delle Bermuda, capace di ‘inghiottire’ migliaia di turisti ogni giorno, in bassa o in alta stagione, nell’epoca della pandemia globale il paesaggio è necessariamente lunare. A far rumore ci sono solo i mezzi del cantiere sul lungarno degli Acciaiuoli. L’unico segnale di vita, poi solo il silenzio del lockdown salva vite.

Meta obbligatoria per chi raggiunge la città di Dante, per quel ‘romanticismo’ vacanziero un po’ confezionato, quel pezzo di città così celebre nel mondo progettato da Taddeo Gaddi o da Neri di Fioravante (si dibatte ancora sull’attribuzione) nel ‘400 divenne la casa dei ‘beccai’, i macellai, che così potevano gettare in Arno gli scarti della carne. Poi nel ‘500 Giorgio Vasari costruì il suo Corridoio e arrivarono gli orafi: dalla carne all’oro, sempre come vollero i Medici. Dall’oro al vuoto.

“Mai vista una cosa del genere”, confessa Marco Degl’Innocenti, storico edicolante, “il quinto ‘giornalaio’ in famiglia”. E se lo dice Marco c’è da credergli: “Sono qui da 33 anni, dall’ottobre dell’87. Non c’ero per l’alluvione, ma mi dicono che così fu solo nei primissimi giorni, quelli immediatamente successivi alla catastrofe. Poi, come fosse finita la guerra, ripartì la ricostruzione. Ma ora è diverso”.

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E i giornali si vendono? “Va male. Qui manca la residenza, ci vivono in pochi. Avevo una buona distribuzione tra i commercianti, ma ora è tutto chiuso. Qualcosa si vende, ma molto meno. Io però resto aperto, l’ho presa come una missione”.

Vuoto e silenzio, ancora. Basta spostarsi di poco e la ‘scena’ non muta. Da lì a piazza della Signoria non passa un’anima. Davanti a Palazzo Vecchio, a mezzogiorno esatto così come in tutta Italia, c’è il minuto di raccoglimento per i morti e per il dolore patito da un Paese ferito. C’è il sindaco Dario Nardella con la fascia tricolore indosso, ma anche qui solo (e doveroso) silenzio. In un vicolo che dà sulla piazza, in via Calimaruzza, l’unico bandone tirato su è quello di uno storico alimentari. Sulla soglia l’uomo della bottega: “Siamo al 20% del fatturato” pre-coronavirus, “ci salviamo con le spese che portiamo a casa dei nostri clienti”.

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Il copione non cambia risalendo verso la stazione di Santa Maria Novella. In via dei Calzaiuoli la serrata commerciale è imponente. Una spianata di saracinesche chiuse, pochissimi passanti, e alcune pattuglie delle forze dell’ordine. In poco più di un chilometro di selciati e pietre, nel cuore del quadrilatero delle meraviglie, non ci sono più di venti persone. Diciotto contate quelle in stazione, perla del razionalismo italiano firmata da Giovanni Michelucci, e, fino a metà febbraio, ‘cattedrale’ del via vai. E’ aperto il tabaccaio, anche la farmacia: “E’ un deserto- raccontano da dietro il bancone- e oggi, anzi, sembra di vedere qualche persona di passaggio in più”.

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