Geraci Siculo, una perla delle Madonie: cosa vedere nel borgo siciliano

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Geraci Siculo (Palermo) è una finestra aperta sul passato, con una fresca aria di montagna. Quando il grano rende dorate le spighe, sui pianori delle Madonie, tutto sembra accendersi di luce, e, nelle giornate più belle, dalla splendida posizione si riesce a guardare giù, fino alle Isole Eolie. Facciamo tappa in questo splendido borgo siciliano, per scoprirne la storia e le attrattive. Il nome dell’abitato è di origine greca, da “jerax”, cioè avvoltoio, e allude alla sua antica origine come luogo fortificato: una rocca impervia sorvolata da uccelli rapaci. L’arrivo dei greci a Geraci risale al 550 a.C., ma già nel 241 a.C. è documentato con un borgo fiorente. Si susseguono la dominazione bizantina e la conquista musulmana, ma è con l’arrivo dei Normanni che il borgo diventa capitale dell’omonima contea. Nel 1252 perviene ai Ventimiglia, famiglia cui lega indissolubilmente il suo destino. Tra il 1338 e il 1254 è confiscata ai Ventimiglia e assegnata ai rivali Chiaramonte, per una presunta disobbedienza di Francesco I al sovrano aragonese. Nel 1419 con Giovanni I Ventimiglia la contea diviene marchesato e la capitale è trasferita a Castelbuono. Giovanni diventa nel 1422 Vicerè di Napoli e di Sicilia, mentre nel 1430 Alfonso d’Aragona dà ai Ventimiglia il diritto di piena giurisdizione penale nella sua contea.

Cosa vedere a Geraci Siculo

La struttura urbanistica di Geraci Siculo è fatta di strade strette e tortuose, vicoli e cortili dove si vede un’evidente impronta medievale. Si può iniziare dal bevaio della Santissima Trinità e, percorrendo la via Biscucco, si arriva al castello. La chiesa di Sant’Anna domina sulle rovine, mentre subito più in basso c’è la chiesa di San Giacomo. Continuando a percorrere le viuzze medievali si giunge alla Falconiera in largo Greco e a piazza del Popolo, sui cui affacciano la chiesa del Collegio di Maria e la Chiesa Madre di Santa Maria Maggiore. Procedendo per corso Vittorio Emanuele si incontra la chiesa di Santo Stefano: qui vi è una tela attribuita a Giuseppe Salerno, uno dei due artisti madoniti soprannominati lo Zoppo di Gangi. Se non soffrite di vertigini, passate dal suggestivo Salto dei Ventimiglia. A nord del paese, invece, troviamo la chiesa di San Bernardo. Salendo ancora ci sono la chiesa di San Giuliano, la chiesa dedicata a San Francesco e quella di San Rocco. Anche fuori dal borgo c’è molto da vedere, come la chiesa di Santa Maria della Cava e la piccola cappella dei Santi Cosma e Damiano.

Cosa mangiare

Meritano una menzione la pittrina ca fasola (castrato al sugo con la “fagiola” verde locale), i piatti di carne e di formaggio (dalla tuma con le acciughe alla tuma con lo zucchero). Il ragù di castrato condisce i maccarruna di casa. Tra i dolci, sono imperdibili i serafineddi (a base di miele e mandorle), i bocconcini e la cassatina antica. Tra i prodotti tipici, si consigliano i formaggi, le olive, i pomodori essiccati al sole e un tipo di fagiolo verde molto usato in cucina.

Foto di Davide Mauro – Credits

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Da Sicilia Fan

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