Giornalismo, il rapporto sulle ‘periferie’: restano invisibili

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Il rapporto 'Illuminare le periferie' curato dall'Osservatorio di Pavia e promosso da Cospe, Usigrai e Fnsi, con il contributo dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo Sviluppo (Aics) e dell'Impresa sociale con i bambini e in collaborazione con la Comunita' di Sant'Egidio

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Di Tommaso Meo

ROMA – “I contesti che non sono visibili nell’informazione rischiano di non essere presi in considerazione nelle politiche. Sulla mediazione giornalistica si gioca il nostro futuro, ma nei contesti periferici ci deve andare chi ha le competenze per raccontarli“: lo ha detto Paola Barretta dell’Osservatorio di Pavia, durante la presentazione del terzo rapporto ‘Illuminare le periferie’, oggi a Tor Bella Monaca, a Roma.

Il rapporto di ricerca e’ stato curato dall’Osservatorio di Pavia e promosso da Cospe, Usigrai e Fnsi, con il contributo dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo Sviluppo (Aics) e dell’Impresa sociale con i bambini e in collaborazione con la Comunita’ di Sant’Egidio. I focus dell’analsi sono stati il contesto italiano dell’informazione – nazionale e regionale – e quello estero, con uno sguardo ai Paesi e alle questioni ‘marginali’ che sono state analizzate nei social oltre che sui mezzi di informazione tradizionali.

Il rapporto ha anche monitorato l’impatto della pandemia sulle agende mediatiche. L’indagine individua ogni anno le periferie umane e geografiche dei media e anche in questo caso e’ emerso che le periferie sono sempre poco presenti, ha spiegato Antonio Nizzoli, uno dei curatori. I contesti “marginali” degli esteri, in particolare, occupano poco meno dell’1 per cento dell’agenda. Gli esteri in generale sono poco raccontati, a meno di eventi di grande presa come le proteste in America, a Hong Kong oppure il terremoto in Albania, ha continuato Nizzoli.

Rispetto agli anni precedenti, nel 2020 e’ salita la copertura del volontariato, mentre la marginalita’ nella scuola e’ un tema completamente sparito e non risulta dall’analisi. “Il tema si e’ appiattito solo sul come e quando riaprire le scuole, quest’anno”, ha spiegato Nizzoli.

Marco Rossi Doria, vicepresidente dell’Impresa sociale con i bambini, ha sottolineato l’importanza di parlare della poverta’ educativa e del rischio di dispersione scolastica legata alla pandemia. Sull’asse che lega i ragazzi e la crisi del Covid, Emilio Ciarlo, responsabile della comunicazione di Aics, ha denunciato: “In questo periodo abbiamo criminalizzato i ragazzi, abbiamo detto che sono loro i responsabili e che andare a scuola non e’ importante ma pericoloso; invito tutti a maneggiare con cura questi aspetti”.

Parlando del ruolo del giornalismo in situazioni di marginalita’ e di crisi Marco Impagliazzo, presidente di Sant’Egidio, ha ricordato l’importanza di “una comunicazione che parte dalla periferia, perche’ in questo modo tocca i problemi e tocca la realta’”. Dichiarazioni di impegno in questo senso sono arrivate da Giovanni Parapini, direttore di Rai per il sociale che ha detto: “Siamo qui per tentare di far cambiare il paradigma dell’informazione e portare le telecamere a riprendere una realta’ scomoda in tutti i sensi, da vedere come da vivere. Ci impegniamo a illuminare luoghi come Tor Bella Monaca”.

A Parapini ha fatto eco Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi). “Illuminare le periferie – ha detto – non e’ una scelta di bonta’, raccontare bene e’ lavorare per la sicurezza di tutti“. Secondo Vittorio Di Trapani, segretario di Usigrai, “questo rapporto pero’ non e’ una pagella, e’ uno strumento di lavoro, per fare il punto della situazione e vedere cosa migliorare”.

SANT’EGIDIO: L’INFORMAZIONE ILLUMINI LE PERIFERIE

Con la pandemia di Covid-19 abbiamo scoperto che non regge piu’ la distinzione tra centro e periferie. Tutti possiamo essere vulnerabili sia al centro che in periferia”. Lo ha detto Marco Impagliazzo, presidente della Comunita’ di Sant’Egidio, durante il convegno dal titolo ‘I non luoghi dell’informazione. Periferie geografiche e umane nei media’.

“C’e’ anche tanta luce a Tor Bella Monaca” ha detto Impagliazzo. “Tante persone vogliono trovare la luce per illuminare la citta’ partendo dalle periferie”. Il presidente della Comunita’ di Sant’Egidio ha anche sottolineato che durante questa crisi “o si va avanti insieme o non si va avanti” e che “o ci si salva insieme o non si salva nessuno, come direbbe Papa Francesco”.

Parlando del ruolo del giornalismo, Impagliazzo ha detto ricordato l’importanza di “una comunicazione che parte dalla periferia, perche’ tocca i problemi e tocca la realta’“.

CIARLO (AICS): RACCONTARE ANCHE L’AFRICA CHE FA BENE

“Anche quando le periferie si comportano meglio del centro, come e’ successo con la pandemia, non hanno avuto spazio nei media; e‘ successo con l’Africa dove, rispetto all’Europa, ora non c’e’ una situazione tragica“. A dirlo oggi Emilio Ciarlo, responsabile per le relazioni esterne e la comunicazione dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics).

Secondo Ciarlo, “l’Africa si e’ comportata bene perche’ ha anticipato le misure, perche’ e’ abituata e perche’ e’ stata brava a cooperare”. Il dirigente di Aics ha aggiunto: “Gli Stati africani hanno creato per primi una piattaforma per condividere i dispositivi sanitari necessari”.

In Senegal per esempio, ha ricordato Ciarlo, “e’ stato trovato un test per pochi dollari, mentre in Kenya sono stati ideati metodi per sanificare i mercati”. Il dirigente di Aics ha allargato lo sguardo al di la’ della pandemia, riflettendo su vizi e distorsioni diffuse del fare informazione. “A noi dell’Africa piace vedere solo le cose negative” ha concluso Ciarlo. “Quando ci insegnano qualcosa noi non lo vogliamo sentire; mentre invece l’Africa ha dimostrato quella resilienza e capacita’ di vedere il futuro che a noi manca”.

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