Giornata dello spreco alimentare: buttiamo meno cibo nella spazzatura, ma non è ancora abbastanza!
Gli sprechi alimentari in Italia si stanno riducendo! Nella settima Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, che si celebra oggi 5 febbraio, la buona notizia è che gettiamo via sempre meno cibo: per la prima volta, infatti, i dati monitorati nelle case degli italiani registrano un calo di circa il 25%.
Ad annunciarlo è il Waste Watcher, il primo Osservatorio nazionale sugli sprechi, attivo per iniziativa di Last Minute Market, secondo cui sì gettiamo 4,9 € a settimana nella spazzatura, ma nel 2019 erano ben 6,6: in poco più di un anno l’Italia ha “risparmiato” 1 miliardo e mezzo, invertendo così la tendenza spreco.
La Giornata di oggi, promossa dalla campagna Spreco Zero con il patrocinio dei Ministeri dell’Ambiente, della Salute e degli Affari Esteri, mira a sensibilizzare e responsabilizzare i cittadini–consumatori. Ridurre lo spreco è una necessità anche per raggiungere, entro il 2030, l’obiettivo fissato dalle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile del pianeta.
Quest’anno la Giornata è focalizzata sul binomio cibo-salute e quindi sulla prevenzione dello spreco anche come un presidio per la salute dell’ambiente e della persona: in Italia, il 66% della popolazione ritiene che lo spreco alimentare sia connesso direttamente alla salute dell’ambiente e dell’uomo, ponendo quindi particolare attenzione al momento dell’acquisto.
I dati Waste Watcher 2020
Secondo il rapporto, 7 italiani su 10 sposano in pieno il “green new deal” e il 40% degli intervistati ( 4 italiani su 10) dichiara di sentirsi sensibile rispetto alle esigenze dell’ambiente, anche senza le sollecitazioni di movimenti come i “Fridays for future” (ma un italiano su 3 si sente “raggiunto” dalla sensibilizzazione di questo movimento, che lo ha portato ad aumentare l’attenzione verso la sostenibilità nel quotidiano).
Ma attenzione: c’è anche chi non ritiene ci siano particolari urgenze in tema ambientale: il 9%, in pratica 1 italiano su 10 si dichiara scettico sul tema.
In soldoni, lo spreco settimanale medio costa 4,9 € a nucleo familiare per un totale di circa 6,5 miliardi di euro e un costo complessivo di circa 10 miliardi di euro che include gli sprechi di filiera produzione/distribuzione 2020. Il Rapporto Waste Watcher del 2019 si era attestato invece su un valore medio di 6,6 € settimanali per nucleo familiare (il costo di 600 grammi circa di spreco settimanale), per un totale di circa 8,4 miliardi di euro. La tendenza 2020 è quindi di circa il 25% in meno in termini di spreco alimentare nelle case degli italiani.
Quanto al binomio cibo e salute, quasi 7 italiani su 10 (il 66%) hanno ben presente una connessione precisa fra spreco alimentare, salute dell’ambiente e dell’uomo e per questo, al momento dell’acquisto, prevale l’attenzione agli aspetti caratterizzanti della salubrità del cibo e del suo valore per l’impatto sulla salute – così come agli elementi di sicurezza alimentare. Mentre per un’identica percentuale di italiani (36%) questo aspetto incide in una certa misura non determinante; il 13% degli italiani ritiene di poter dare per scontato questi aspetti rispetto al cibo in vendita e una residua percentuale non ci fa caso (6%) o non ha elementi specifici di valutazione (9%).
Le informazioni sulla salubrità e sul valore del cibo non possono prescindere dalle etichette: il 64% dichiara di consultarle al momento dell’acquisto come garanzia di sicurezza dei prodotti, garanzia che per 1 italiano su 2 (51%) è da attribuire anche alla stagionalità dei prodotti. Quanto al biologico, 1 italiano su 5 (19%) si sente più sicuro a sceglierlo; di contro, resta una percentuale di consumatori che non dà attenzione particolare alla tipologia del cibo in rapporto all’impatto sulla salute (complessivamente 1 cittadino su 4). Anche per loro, se volessero avere maggiori informazioni circa il cibo acquistato, l’etichetta resta riferimento primario (40%), insieme alla stagionalità dei prodotti (35%) e alle informazioni preventive (20%). Meno significativa, per questa fascia di cittadini, l’attenzione ai prodotti bio (14%).
Si può fare di più
I numeri, quindi, parlano di una concreta tendenza a non sprecare o, quanto meno, a cercare di non farlo preferendo acquisti mirati. Un impegno che non solo dobbiamo avere noi consumatori, ma anche chi è dall’altra parte, chi produce e distribuisce.
Non è un caso che ad esempio Coop, impresa della grande distribuzione in Italia e al tempo stesso organizzazione di consumatori, è impegnata in prima linea nella lotta allo spreco: con il progetto “Buon Fine” nel 2019 infatti ha recuperato più di 6mila tonnellate di cibo destinate a quasi 1000 associazioni di volontariato italiane.
Nello specifico, nel 2019 le cooperative di consumatori hanno donato 6190 tonnellate di derrate alimentari – in grado di generare non meno di 7,5 milioni di pasti – per un valore pari a oltre 30 milioni di euro. Il 70% delle donazioni interessa prodotti freschi e freschissimi, dando vita quindi a un modello di donazione a chilometro zero, dal momento che immediatamente dai 661 punti vendita coinvolti si raggiunge attraverso la rete capillare delle associazioni e grazie al lavoro congiunto di dipendenti e soci la destinazione individuata..
Inoltre, a fianco delle donazioni, Coop ha sviluppato anche “Mangiami subito”, l’altra misura di contrasto allo spreco alimentare attraverso la vendita di prodotti prossimi alla scadenza a prezzi scontati dal 50 al 60% a fine giornata.
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