I supermercati australiani minacciano di togliere la Nutella dagli scaffali dopo il report sullo sfruttamento dei bambini in Turchia
Un nuovo report che riguarda la situazione delle piantagioni di nocciole in Turchia riaccende l’attenzione sul possibile sfruttamento minorile di cui sono accusate aziende come la Ferrero che si serve di questa frutta secca per produrre la famosa Nutella e altri prodotti. I supermercati australiani chiedono chiarimenti in merito.
Che le nocciole impiegate per produrre Nutella e altri prodotti Ferrero provengano dalla Turchia (in questo paese vi sono oltre 400.000 frutteti di nocciole a conduzione familiare) è un fatto ormai noto. Tristemente noto è anche che, in queste piantagioni, molto probabilmente sono spesso impiegati anche bambini (ve ne avevamo già parlato in un altro articolo).
Ora un recente report della BBC riaccende l’attenzione su questa questione confermando che per raccogliere le nocciole in Turchia vengono impiegati bambini di 10 anni che lavorano fino a 10 ore al giorno per pochissimi soldi (95 lire locali ossia circa 15 euro). La Ferrero acquista un terzo di tutte le nocciole turche e quindi è considerata la principale responsabile nel favorire questo tipo di sfruttamento. Ecco perché alcuni supermercati australiani hanno chiesto chiarimenti all’azienda e fatto intendere di voler ritirare la Nutella e gli altri prodotti come Ferrero Rocher dai loro scaffali.
Si tratta delle catene Coles, Woolworths e IGA che però, secondo il Sydney Morning Herald, non hanno specificato se, nel caso la risposta dell’azienda non sia soddisfacente, prenderanno in considerazione la possibilità di eliminare completamente dalla vendita i prodotti Ferrero.
I principali negozi di alimentari in Australia aderiscono ciascuno alle proprie politiche di approvvigionamento responsabile, che richiedono livelli variabili di impegno nei confronti di pratiche etiche e sostenibili da parte dei propri fornitori. E questa volta sotto i riflettori si trova appunto la Ferrero.
L’azienda è dunque nuovamente costretta ad affrontare l’accusa e le relative domande sull’effettivo utilizzo di lavoro minorile nella sua catena di approvvigionamento delle nocciole.
Come risponde la Ferrero
L’azienda dal canto suo sta cercando di migliorare la tracciabilità della filiera delle nocciole e ha in programma un piano di rintracciabilità per il 100% delle nocciole entro il 2020 (fino ad ora ha però raggiunto solo il 39%)
“Essendo un grande utilizzatore di nocciole, Ferrero si impegna a contribuire a influenzare e guidare cambiamenti sostenibili nel settore della produzione di nocciole. Ciò include la lotta al lavoro minorile con un approccio multilaterale che prevede una combinazione di misure diverse, come nel nostro programma di valori agricoli Ferrero (FFV)” ha dichiarato in una nota.
In realtà alcuni commercianti di nocciole turchi che vendono direttamente a Ferrero hanno dichiarato che la società non si informa sulle condizioni di lavoro di chi raccoglie le nocciole.
Dal 2012, poi, l’azienda ha lanciato in Turchia il programma di punta “Farming Values” che offre formazione gratuita ai coltivatori di nocciole e gli insegna tecniche di coltivazione più efficienti, per aiutarli ad aumentare i loro redditi, sebbene rimangano poi liberi di vendere le loro nocciole a chi vogliono.
Lavorando in parte con le ONG e altre organizzazioni locali, Ferrero forma anche coltivatori, braccianti agricoli, imprenditori, commercianti, broker e altri membri della comunità e fa formazione sui diritti dei lavoratori, in particolare per evitare il lavoro minorile. L’azienda si impegna anche a coinvolgere le donne nei suoi programmi di formazione.
Tutto bello se non fosse che, come Ferrero stessa afferma, il programma ha finora raggiunto 42.000 agricoltori. Questo è circa un decimo dei 400.000 presenti in Turchia. Quindi quanto l’azienda può essere davvero sicura che le nocciole non vengano raccolte dai bambini?
Ed è lo stesso Bamsi Akin, direttore generale della Ferrero Hazelnut Company in Turchia a confermare questa situazione “nebulosa!:
“Se determinassimo un prodotto fabbricato con pratiche non etiche, non lo toccheremmo. Stiamo facendo il nostro ruolo per migliorare le pratiche sociali con la formazione … Ma il sistema è completamente pulito? Penso che nessuno possa dirlo in questo momento”.
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Francesca Biagioli
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