Il calcio come lezione di vita, parola di una giovane calciatrice
Che spesso in campo occupi il ruolo di attaccante, si intuisce fin da subito, dalla voce scattante e grintosa. Giulia Del Nero ha soli sedici anni e una passione antica per il calcio, nata nel campetto di Albaredo per San Marco, il paesino di sole quattrocento anime dove vive, in provincia di Sondrio. “Lì gioco da quando ho sei anni con i miei amici d’infanzia e non ho mai smesso”, racconta.
Per entrare in campo con altre ragazze però, ha dovuto attendere di averne 14 di anni: “Ho cominciato con una squadra di calcio a 7, l’‘Enjoy’ e poi una breve esperienza in Eccellenza con il ‘Tabiago’, in questo caso, calcio a 11. È stato impegnativo perché Veduggio, dove mi allenavo, dista un’ora e un quarto da casa e non di rado erano previsti tre allenamenti a settimana, in aggiunta alla partita del sabato o della domenica” .Per Giulia però la fatica non ha mai rappresentato un ostacolo: pazienza per i pomeriggi da pendolare o per le notti sveglia nel tentativo di concludere i compiti che oggi racconta ridendo.
Ha un sorriso diverso, caldo e avvolgente, quando parla delle sue compagne: “La prima squadra mi ha accolto benissimo. Sono diventate una famiglia, e siamo rimaste in contatto anche se non ci vediamo più da molto. Stessa cosa vale per il team del ‘Tabiago’: malgrado la lontananza cerchiamo di organizzarci in estate e venirci incontro. Alla Solaris, la squadra dove gioco ora, siamo tutte ragazze della stessa età, ridiamo e scherziamo spesso”. Momenti d’urto? Giulia non nega che ce ne siano ma “si risolvono subito per fortuna e poi – ammette – a me non capitano mai, non sono una persona scontrosa”.
Due mesi fa lo stop al campionato a causa del Covid, nonostante i controlli settimanali e i tamponi pre-partita. Poi dal nulla, la telefonata che non ti aspetti: “Era la presidente della ‘Solaris’, calcio a 5, che ha detto a me e una mia compagna che le avrebbe fatto piacere averci in squadra in vista del campionato nazionale under 19”.
Giulia ha il cuore rossonero come tutta la sua famiglia ma è stato Kaká, il suo idolo, a farla appassionare al Milan. Segue il calcio femminile come il maschile, entrambi in modo molto accanito e quando le si domanda se trovi una differenza nella percezione dei due sport risponde spedita che “L’unica che non si può dire non ci sia è quella fisica e non ci si può far nulla. Ma sono felice – aggiunge – perché ora il calcio femminile si sta facendo vedere e così deve essere, in questo come in altri sport e in tutto il resto d’altronde”.
Non sono mancati quelli che hanno criticato la sua scelta sportiva ma “non sono da tener in conto”, soprattutto se molti altri fanno il tifo per te: “Nel mio paese sono tutti felici, anzi, mi fanno i complimenti”, racconta. La scuola non è da meno: “In un periodo dell’anno si tengono dei tornei sportivi, anche di calcio, ne abbiamo vinto uno alle superiori e siamo passati alle regionali”.
“Il calcio ti ha aiutato anche fuori dal campo?”, chiediamo. Giulia non esita nemmeno un secondo a rispondere: “Il calcio mi aiuta sempre e mi insegna un sacco di cose, la grinta dentro e fuori dal campo, la determinazione e la convinzione che non bisogna mollare mai. Per non dimenticare – continua – lo spirito di squadra. Grazie al calcio ho potuto stringere molte amicizie importantissime. Il calcio insegna come stare insieme e questo aiuta molto”.
E di episodi trascorsi insieme Giulia ne ricorda tanti: dai momenti pre-partita passati ad ascoltare canzoni di calcio come “La dura legge del goal” degli 883 agli aneddoti più divertenti, da pendolari “un po’ sbadate”, lei e la sua amica di squadra, al tal punto da prendere un treno che non portava a Veduggio per l’allenamento consueto ma a Bergamo: “Abbiamo avvisato l’allenatore e ai nostri genitori – ovviamente – non abbiamo detto nulla”.
Ma ai genitori di Giulia “piace il fatto che giochi a calcio perché – ribadisce – hanno fatto tanti sacrifici, basti pensare ai turni per accompagnarci alle partite o venirci a guardare: loro mi supportano sempre”.
Passato, presente ma anche futuro al centro delle parole della giovane calciatrice: “Naturalmente il sogno nel cassetto è quello di diventare una calciatrice, ma se non dovessi riuscirci vorrei fare qualcosa che fosse legato al calcio, studiare per fare l’allenatrice o cose simili”.
Non la preoccupa la lontananza dall’università a Milano – due ore da dove vive – o gli ostacoli che potrebbero frapporsi al suo successo calcistico. Quando si fa ciò che si ama la distanza dei traguardi è importante solo per correre più forte durante la ricorsa.
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