Il caso Suarez e la rabbia dei cittadini stranieri: “La cittadinanza non si regala”
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Redazione
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18/09/2020
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redazioneweb@agenziadire.com
Antonio Garcia, presidente dell’Unione di solidarietà degli ecuadoriani in Italia (Usei), intervistato dall'agenzia Dire
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ROMA – “Acquisire la cittadinanza è una questione di responsabilità profonda verso il Paese che la concede. In questo senso, è sacra. Non si può vendere, barattare o regalare”. Così Antonio Garcia, presidente dell’Unione di solidarietà degli ecuadoriani in Italia (Usei), intervistato dall’agenzia Dire sul caso del calciatore uruguaiano Luis Suarez.
Secondo numerose indiscrezioni, il campione potrebbe trasferirsi dal Barcellona alla Juventus. A Torino serve però che Suarez diventi cittadino comunitario, visto che al momento il numero di giocatori extra-Ue tesserabili è esaurito. Il calciatore ha ottenuto ieri il certificato di italiano livello B1 richiesto e ora, in virtù della doppia cittadinanza della moglie, potrebbe riuscire a diventare italiano entro il 5 ottobre. In genere, nelle sue stesse condizioni, i tempi previsti dai cosiddetti decreti Salvini promulgati nel dicembre 2019 sono di quattro anni.
Usei è un’organizzazione di base in Liguria ma ormai punto di riferimento per la comunità ecuadoriana in tutta Italia.
“Siamo sbigottiti” dice Garcia. “Sembra che la cittadinanza la si conceda solo per determinati tipi di cose, ma per noi è una questione di valori e soprattutto di rispetto della Costituzione. La prima cosa che mi verrà chiesto da cittadino italiano è di rispettarla”. Una cosa molto seria, secondo il presidente, “che non si può svendere e che implica un impegno”. Per questo Garcia dice di “arrabbiarsi” anche con i suoi connazionali che ottengono la cittadinanza e che “ancora non parlano italiano dopo anni passati qui”.
Il presidente di Usei ricorda che ai cittadini stranieri “vengono chiesti dieci anni di residenza regolare continuativa, più altri requisiti” per ottenere la cittadinanza in assenza di un consorte italiano. Ci sono poi problematiche che si presentano spesso nella comunità ecuadoriana, dove si registra un’alta percentuale di lavoratori impiegati nell’assistenza domestica. “Una persona può avere per anni la residenza in una casa dove lavora e poi perdere l’impiego per qualche ragione” sottolinea il presidente di Usei: “A quel punto il conto per la cittadinanza si azzera e si riparte”.
Dal caso Suarez starebbe arrivando un brutto segnale anche per quei ragazzi che al compiere dei 18 anni, dopo aver completato tutti gli studi in Italia, “diventano oggi sostanzialmente clandestini” per via dell’attuale legge sulla cittadinanza. Garcia si chiede: “Forse dovremmo dirgli che più che studiare avrebbero dovuto imparare a giocare a pallone?”.
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