Il coronavirus ferma il calcio? Esticazzi…

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Se il virus ha tolto i tifosi dagli stadi, la Juve e' riuscita a togliere anche gli avversari

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ROMA – Quando nel 1973 il Mediterraneo fu percorso per un paio di mesi dal vibrione del colera, il calcio si segnalo’ per essere un esempio di confusione. Quarantasette anni dopo le cose non sono cambiate.

Parliamo di fatti diversi, e’ vero. All’epoca ci furono ‘solo’ 277 contagiati e 24 morti. Eppure la ridotta consistenza del fenomeno non impedi’ che una vera e propria psicosi contagiasse istituzioni, societa’, calciatori. Giova ricordare, en passant, che prima il Napoli calcio si vide rifiutare una partita a Genova per l’opposizione della Regione Liguria. E che dopo subi’ addirittura l’ammutinamento dei calciatori genoani, timorosi di infettarsi nel capoluogo partenopeo. Per sanare l’affronto, il Genoa organizzo’ successivamente un’amichevole col Napoli, da cui nacque il gemellaggio tra le due tifoserie. Scordiamoci il passato. Commozione.

Nessuna psicosi, ma altrettanto confusa e’ parsa la situazione domenica sera quando i calciatori della Juve e la terna arbitrale sono scesi in campo allo stadio di Torino, ben sapendo di non dover giocare nessuna partita, degnamente spronati dai social amici che riversavano in rete formazioni e precedenti. Un’allucinazione collettiva. Mentre era in procinto di salire sull’aereo per Torino, la squadra del Napoli era stata bloccata da una decisione dell’Asl. Due calciatori, Zielinski ed Elmas, piu’ un dirigente, erano risultati positivi al coronavirus. L’intera squadra era stata sottoposta al controllo coi tamponi. Ora per tutti veniva disposto l’isolamento fiduciario, oltre alla quarantena di 14 giorni. “Prevalenza dei motivi igienico-sanitari”, recitava l’ordinanza dell’Asl. Come a dire: la salute prima di tutto.

Non l’avesse mai fatto. La Lega Calcio, la Juve, oltre a un pout pourri di commentatori (sui quali grava il legittimo sospetto che siano inclini ad assecondare i pareri della famiglia Agnelli) si sono variamente discettati nell’intimare che la gara si tenesse lo stesso, e che l’obbedienza del Napoli alle regole sanitarie venisse punita con la sconfitta a tavolino.

Senza scomodare il bilanciamento dei valori costituzionali (la salute viene prima dello sport, lo sa anche Buffon), si potrebbe ricordare che la Lega Calcio deve attenersi alle norme sanitarie che vigono nel Paese (tutto il Paese, non solo Torino e cintura). Si potrebbe rammentare che la circolare del ministero della Salute del 18 giugno scorso stabilisce che a decidere in ogni caso e’ l’Asl, non Pirlo. Oppure si potrebbe osservare, come ha fatto il ministro della salute Roberto Speranza, che prima di dannarsi l’anima per il pallone, conviene farlo per la scuola. Ma sarebbero parole vane.

L’immagine dei calciatori della Juve in campo per giocare la partita che non ci sarebbe mai stata, e’ solo l’emblema di un calcio triste e grottesco. Se il virus ha tolto i tifosi dagli stadi, la Juve e’ riuscita a togliere anche gli avversari. Ma il coronavirus ha contagiato in Italia 327.586 persone e ne ha uccise 36mila. Davvero sticazzi del pallone.

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