Inchiesta camici Lombardia, Fontana: “Non tollero si dubiti della mia integrità”

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In aula il governatore rivendica il bonifico al cognato: "Avevo spontaneamente considerato di partecipare a una parte dello sforzo" Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print

MILANO -“Ho chiesto a mio cognato di rinunciare al pagamento e di considerare quel mancato introito come un’ulteriore gesto di generosità”. Attilio Fontana prende il toro per le corna, e affronta subito nel primo dei tre giorni di consiglio regionale il caso dei camici, che da sabato lo vede iscritto nel registro degli indagati della Procura di Milano sull’ipotesi di frode in pubbliche forniture.

Il governatore ricalca in sostanza la linea difensiva già trapelata nel fine settimana, rispetto alla contestazione dei pm sul bonifico con cui avrebbe cercato di rifondere il cognato dopo la donazione. “Avevo spontaneamente considerato di partecipare a una parte dello sforzo” del parente, perchè “la mia attività” gli aveva recato “uno svantaggio”, ma “quel gesto”, il rimborso ai famigliari, “era diventato sospetto”.

Sulla fornitura dei camici a Regione Lombardia, acquistati da cinque aziende diverse- sottolinea Fontana nel “rispetto delle procedure d’emergenza” validate dal governo- si è scatenata la “più faziosa informazione” ma la vicenda è “semplice e banale”.

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Della disponibilità di Dama spa Fontana ha detto di essere al corrente dal 12 maggio scorso. Le prime domande di Report, precisa il governatore, risalgono al primo giugno.

Resto convinto si sia trattato di un negozio corretto. Le critiche al mio operato sono doverose e legittime, ma non posso tollerare che si dubiti della mia integrità e di quella dei miei famigliari– conclude sul punto Fontana tra gli applausi della maggioranza- e resta il fatto che la Regione non ha speso un euro per quei 50 mila camici”.

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