La cacca di gabbiani e uccelli marini è oro: potrebbe valere fino a 1 miliardo di euro all’anno
Occhio a considerare la cacca solo cacca: quella degli uccelli marini può valere fino a 1 miliardo di euro all’anno. Una cifra importante che i ricercatori della Federal University of Goiás (Brasile) sperano faccia impensierire chi continua a minacciare queste bellissime e fondamentali specie, la cui popolazione sta pericolosamente diminuendo.
Fertilizzante nonché elemento chiave per gli ecosistemi, le feci degli uccelli marini, note industrialmente come guano, sono una risorsa così come altri nutrienti da loro prodotti attraverso gli escrementi e dunque, minacciando la loro sopravvivenza, stiamo distruggendo un’altra immensa ricchezza.
Specie come gabbiani e pellicani sono spesso trascurate quando si tratta di conservazione e devono “lottare” per attirare l’attenzione. Ecco perché un gruppo di ricerca brasiliano ha calcolato il valore della loro “produzione primaria” dimostrando che non interessandoci della loro vita, stiamo facendo (ancora una volta) un danno a noi stessi, rischiando di dire addio a quasi fino a 1 miliardo di euro all’anno.
Per dimostrare questa cifra, i ricercatori hanno raccolto dati sulle popolazioni globali di uccelli marini che producono guano commercializzabile e ne hanno poi quantificato il valore commerciale tramite stime del loro prezzo di mercato, arrivando a circa 400 milioni di euro all’anno.
“La produzione di guano è un servizio ecosistemico fornito dagli uccelli marini senza alcun costo per noi – spiega Marcus V. Cianciaruso, che ha guidato la ricerca – Posso andare su un’isola, raccogliere il guano e venderlo a prezzo di mercato come fertilizzante”.
E laddove gli uccelli non producano guano commercializzabile, possiamo comunque ricavare gratis altri nutrienti, fondamentali per ecosistemi come le barriere coralline, dove la loro presenza può aumentare la biomassa dei pesci di barriera fino al 48%.
Per quantificare anche tutto questo i ricercatori hanno stimato il valore dell’azoto e del fosforo depositati ogni anno nelle loro colonie, calcolando il costo per sostituirli con versioni inorganiche e hanno ipotizzato in modo molto cautelativo che il 10% degli stock ittici della barriera corallina dipendesse dai nutrienti degli uccelli marini.
“Secondo le Nazioni Unite e il governo australiano, il rendimento economico annuale della pesca commerciale sulle barriere coralline è di oltre 6 miliardi di dollari (più di 5 miliardi di euro all’anno N.d.R – spiega Daniel Plazas-Jiménez, coautore del lavoro – Quindi, il 10% di questo valore è di circa 600 milioni di dollari all’anno (più di 500 milioni di euro all’anno, N.d.R.)”.
In totale, dunque, il valore delle risorse che gli uccelli marini ci offrono gratis è di quasi 1 miliardo di euro all’anno. E, molto tristemente, gran parte di questo valore proviene da specie minacciate o in via di estinzione.
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“L’esempio delle barriere coralline è solo per un piccolo gruppo di uccelli marini – continua Plazas-Jiménez – Un’enorme quantità di deposizione di nutrienti avviene negli ecosistemi antartici: i pinguini contribuiscono per la metà dell’azoto e del fosforo depositati dagli uccelli marini ogni anno. Tuttavia, il 60% di questo contributo è dato da specie di pinguini con popolazioni in declino e questi contributi diminuiranno in futuro se non viene intrapresa alcuna attività di conservazione”.
Che le feci di pinguini e foche favorissero la biodiversità in Antartide era stato dimostrato anche da uno studio della Vrije Universiteit di Amsterdam secondo cui la fredde terre dell’Antartide sono inospitali ma non completamente sterili proprio a causa degli escrementi di queste preziose specie.
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Ma niente, non lo vogliamo capire (o facciamo finta di non capirlo). I ricercatori sperano ora che questo documento faccia luce sul valore di queste specie su scala globale.
“Gli uccelli marini sono importantissimi per le persone – tuona Plazas-Jiménez – Essere in grado di calcolare un valore monetario di una funzione ecologica fatta da una particolare specie è solo un altro strumento nella cassetta degli attrezzi di conservazione”.
Che, tra l’altro, è una stima particolarmente a ribasso. Infatti solo una frazione del valore degli uccelli marini per gli ecosistemi e per le persone è rappresentata in questa ricerca, che non include vaste industrie del birdwatching e del turismo in tutto il mondo, né l’importanza locale degli uccelli.
Per molte comunità costiere, i vantaggi diretti e indiretti della convivenza con loro sono essenziali: in alcune zone, infatti, i pescatori seguono gli uccelli marini per trovare posti dove pescare. E quindi quegli uccelli rappresentano una risorsa difficilmente calcolabile per la sua enormità.
©Trends in Ecology & Evolution
“Se iniziamo a esaminare ogni funzione che hanno gli uccelli marini e cerchiamo di monetizzarla, il valore sarà molto, molto più alto” conclude Cianciaruso.
Ammesso e non concesso che la monetizzazione sia l’unico strumento utile per capire che danni stiamo facendo al pianeta, i numeri parlano chiaro: ci stiamo distruggendo.
Il lavoro è stato pubblicato su Trends in Ecology & Evolution.
Fonti di riferimento: ScienceDaily / Trends in Ecology & Evolution
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