La classifica dei migliori anni di questo decennio

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Certo, direte voi, è una valutazione puramente soggettiva: nello stesso anno una persona può aver coronato il suo sogno più sfrenato, oppure aver perso il suo adorato cane; aver trovato lavoro oppure averlo perso; aver avuto un figlio o essere stato lasciato dal partner. E avete ragione, ci mancherebbe: però gli anni che vanno dal 2010 al 2019 sono stati anzitutto anni condivisi, che hanno significato qualcosa di molto preciso per tutti noi. E quindi, senza dover per forza stabilire metriche di voto e chiamare in causa notai, cerchiamo di iniziare un dibattito su quali sono stati gli anni migliori – e quali i peggiori – del decennio che volge al termine. Non potrete che trovarvi d’accordo.

Sede di Charlie Hebdo, qui prima della strage (foto: PIERRE VERDY/AFP via Getty Images)

10. Il 2015

L’anno peggiore di questo decennio coincide, casualmente oppure no, con la chiusura definitiva del social network Friendfeed, che ha riversato torme di grafomani sul mercato del lavoro intellettuale. Ma a rendere davvero drammatico il 2015 sono i due attentati parigini che ne segnano l’inizio e la fine: quello alla redazione di Charlie Hebdo in gennaio e quello al Bataclan in novembre. Propaggini europee di una startup terroristica, detta Isis, che era da poco salita agli onori delle prime pagine mondiali. Certo, sulla scala delle tragedie umane quelle di Parigi sono solamente due tra le tante — infatti, se ricordate, si è trovato il tempo di polemizzare per l’introduzione da parte di Facebook di un safety check o perché qualcuno sfoggiava la bandiera francese invece di preoccuparsi dei bambini in Africa — ma per chi viveva sotto quelle latitudini l’evento è stato indubbiamente traumatico e ha sollevato questioni ancora inevase: quanto è concreta la minaccia del terrorismo islamico e che strumenti abbiamo per proteggerci? Qual è lo spazio della libertà d’espressione in una società multiculturale? Esiste un legame tra la radicalizzazione religiosa e l’intensificarsi dei flussi migratori? Il dibattito politico dei successivi cinque anni, anche in Italia, resterà ostaggio di quella esplosione di violenza. A contribuire all’atmosfera oscura del 2015 sarà indubbiamente la colonna sonora dei Laibach, che deflorano definitivamente la sottile parete tra ironia e verità andando a suonare in Corea del Nord per Kim Jong-il.

Voto: 3

9. Il 2016

L’anno seguente non sarà molto migliore. Oltre a segnare un ritmo impressionante di attentati piccoli, medi e grandi in tutto il mondo (tranne l’Italia) e un nuovo impressionante picco negli sbarchi di migranti sulle coste italiane e di morti nel Mediterraneo, il 2016 verrà ricordato per l’incredibile doppietta dell’internazionale populista: aprono le danze a giugno gli inglesi votando per lasciare l’Unione europea e seguono a ruota in novembre gli americani scegliendo Donald Trump come presidente. Difficile invece stabilire se la sconfitta di Matteo Renzi al referendum per la riforma costituzionale un mese sia da ascrivere alla medesima ondata populista oppure, al contrario, al fallimento di un proto-populismo in salsa toscana, quella del celebre crostino ai fegatini di pollo. Da parte sua il nuovo populismo che si delinea nel 2016 ha caratteri tutto sommato chiari e coerenti: abile nel sfruttare le nuove tecnologie e i nuovi registri linguistici (i meme e l’ironia, appunto), alimentato da sentimenti xenofobi e articolato attorno a simpatie protezioniste. Resterà inascoltato il monito di Denis Villeneuve nel suo Arrival: dobbiamo trovare una lingua per comunicare, altrimenti sarà guerra.

Voto: 3

Per fortuna ci ha pensato Terrence Malick, col suo The Tree of Life

8. Il 2011

Ma di anni terribili ce ne sono stati anche all’inizio del decennio. Certo, con qualche ingenuità si poteva credere che l’accoppiata Anonymous-WikiLeaks sarebbe davvero stata la forza emancipatrice che prometteva di essere e che non fu mai. Ma il 2011 è dominato dall’ombra oscura di un solo uomo: il norvegese Anders Behring Breivik. Ovvero la cosa più simile al terrorista pazzo di un thriller di Hollywood, un tizio che si allena per anni fingendo di stare a casa coi videogiochi, scrive un lunghissimo manifesto sulla fine della civiltà occidentale e va a uccidere 83 ragazzi su un’isola. Lupo solitario? Magari. Nei mesi successivi si sarebbero sentiti alcuni intellettuali di estrema destra sussurrare a mezza voce che in fondo Breivik non aveva poi torto, e in meno di un decennio sarebbero poi apparsi dei suoi emulatori. Come potete immaginare, viste le premesse uno stava già depresso, vuole andare al cinema e nelle sale cosa trova? The Tree of Life di Terence Mallick, un’estenuante riflessione filosofica della durata di quattordici ore, noto perché a una proiezione venne montato in disordine dai proiezionisti e nessuno in sala se n’era accorto. Non ci aiuta a cambiare registro il disco dell’anno per Pitchfork, che all’epoca era la stella polare della critica musicale: il nuovo disco di Bon Iver. Allegria.

Voto: 4

7. Il 2019

Ma smettiamo di rifugiarci nel passato: tra gli anni di merda possiamo sicuramente annoverare quello appena trascorso, che segna l’ascesa del terrorismo identitario bianco. Ma oramai la nostra attenzione si è già spostata altrove, grazie a una bambina svedese allegra come il pastore Tomas Ericsson in Luci d’Inverno di Ingmar Bergman: Greta Thunberg. Quando l’uomo con la pistola incontra il fottuto cambiamento climatico, l’uomo con la pistola è un uomo morto assieme a, beh, tutti gli altri uomini. Vedere tanti giovani in piazza dovrebbe forse riempirci il cuore di speranza, ma non è chiaro quale sia il piano. Davvero, qual è il piano? Qualcuno ha un piano? AIUTO. Nel frattempo si è concluso il grande affresco cinematografico che ha segnato il decennio, ovvero la Infinity Saga del Marvel Cinematic Universe: un film il cui cattivo aveva effettivamente trovato una soluzione impopolare al problema della scarsità delle risorse. Quando sentirete parlare di neo-malthusianesimo pensate a Thanos: il vero dibattito del prossimo decennio (con annesse teorie cospirazioniste) sarà tutto qui.

Voto: 4

6. Il 2018

Il definitivo tracollo del centrosinistra e la formazione del governo del cambiamento in Italia potrebbe essere una buona notizia per qualcuno, ma visto che ad ogni modo nei suoi dodici mesi di attività non sembra avere realizzato molte cose (i leghisti ora dicono perché avevamo le mani legate, l’Europa, il Deep State: ci manca solo che Salvini denunci che gli hanno messo la droga del mojito) possiamo permetterci di situare l’anno del cambiamento a metà di questa classifica. Anche perché è l’anno del crollo del ponte Morandi, più che un simbolo un sintomo del fatto che sta cadendo tutto a pezzi. È vero che negli anni del boom si è costruito tanto e si è costruito male, ma nessuno immaginava all’epoca che non avremmo più potuto permetterci la manutenzione e che non saremmo riusciti a costruire altre infrastrutture.

Voto: 4,5

5. Il 2017

In un mondo scosso da più parti — la vittoria di Emmanuel Macron in Francia, l’attentato razzista di Charlottesville negli Usa, i primi exploit di Trump, l’incendio della Grenfell Tower a Londra, il movimento #MeToo — nel 2017 l’Italia sembra come protetta da una bolla. È l’aura dell’ineffabile premier Paolo Gentiloni, posizionato come un silenzioso segnaposto ai vertici dello stato, nel trono vuoto da cui esercita un potere invisibile. Sondaggi di gradimento mai così alti avrebbero dovuto insegnarci che forse il paese sta meglio quando dimentica la politica, e lascia fare ai discendenti di nobili dinastie: e invece niente, a un certo punto l’incanto si è interrotto e abbiamo comunque dovuto andare a votare.

Voto: 5

Il restauro riuscito

4. Il 2012

Si comincia ad arrivare alle posizioni alte, e non certo per via dell’austerità montiana (tormentone dell’anno persino al festival di Sanremo) che ci ha regalato come contrappasso un decennio di pulsioni sovraniste. Neanche per via del documentario Kony 2012, che ha attirato l’attenzione del mondo intero per dieci secondi su un problema gravissimo che ci siamo già dimenticati (ma comunque è bastato a far impazzire il suo regista, filmato per strada mentre si masturbava). Ok, un po’ per questo sì. Ma soprattutto perché il 2012 coincide con l’ultima volta in cui la nazionale italiana di calcio ci ha fatti emozionare arrivando alla finale dell’Europeo mettendo in fila un pugno di splendide partite per poi schiantarsi contro la Spagna. A quella sequenza dobbiamo anche il primo grande meme nazionalpopolare, ovvero l’immagine di Balotelli in posa da Conan il Barbaro. Ma la Spagna quell’anno aveva battuto l’Italia anche sul campo dei meme, regalandoci una delle immagini più forti del decennio: quel Cristo di Borja restaurato a spatolate da un’anziana signora per assomigliare a una specie di sofferente orsetto.

Voto: 6,5

I Daft Punk festeggiano il loro Grammy (foto: FREDERIC J. BROWN/AFP via Getty Images)

3. Il 2013

La chiusura di Google Reader ha cambiato le vite di molti di noi, aprendo gli occhi di tanti sulle brutture di un capitalismo che manda in pensione il formato Rss per spingere un progetto fallimentare come l’ormai defunto Google Plus. Ma nell’anno di Random Access Memories e del suo singolo Get Lucky, nulla può davvero guastarci l’umore: i suoni ovattati e nostalgici del disco dei Daft Punk bastano a spingere l’intero anno nella top tre del decennio. E chissenefrega dello scandalo della Nsa con cui gli Stati Uniti avevano messo in piedi un sistema di sorveglianza globale, chissenefrega delle elezioni in cui il Movimento 5 stelle fa la sua dirompente entrata in parlamento come primo partito, chissenefrega degli streaming e di Vito Crimi. We’re up all night to get lucky.

Voto: 7,5

2. Il 2014

Che all’epoca si fosse fan o meno di Matteo Renzi, oppure semplicemente che lo si ritenesse il male minore, il primo anno del suo mandato di premier è stato caratterizzato da un ritrovato ottimismo, anzi di un iper-ottimismo, oddio ora che ci penso da un turbo-ottimismo pure un po’ pesantino, anche faticoso se vogliamo, che infatti in un paio di anni ha fatto letteralmente schiantare la sua parabola. Cascava bene Renzi: perché il 2014 era anche l’anno di Expo, una specie di costosissimo luna park che inspiegabilmente aveva insufflato un’energia vitale nel paese a partire dal suo centro di irradiamento: Milano, la grande e irreprensibile Milano. Dopo gli anni dell’austerità montiana, il paese si era convinto che fosse tempo di alzare la testa. Per un po’ ci abbiamo creduto. Di quell’anno ora ci resta soprattutto un’immagine: il culo di Nicki Minaj nel video di Anaconda, coreografia ideale della parentesi expottimista.

Voto: 8

Il simpatico vulcano Eyjafjallajokull erutta in Islanda (foto: Signy Asta Gudmundsdottir / NordicPhotos/Getty Images)

1. Il 2010

L’anno migliore di questo decennio non può che essere l’ultimo anno intero che abbiamo passato assieme a Silvio Berlusconi. Non a caso il primo anno del decennio, che potrebbe in fondo essere soprattutto l’ultimo del precedente. L’anno del bunga bunga, o per dirla altrimenti: l’anno in cui per l’opinione pubblica sembrava che non ci fossero problemi più gravi dei festini del premier. L’anno in cui la più grande minaccia alla nostra serenità era la vuvuzela, il fastidioso strumento sonoro reso popolare durante il Mondiale di calcio in Sudafrica. L’anno in cui l’esplosione di un vulcano in Islanda aveva ricoperto l’intero globo di fumo, e sarebbe stato bello se ci avesse avvolti interamente per impedirci di vedere quello che sarebbe venuto dopo.

Voto: 8,5

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