La lezione, vera, dei ragazzi fuori dalle scuole

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C'è chi sfascia e chi porta libri e pc davanti alle scuole: qual è la vera sfida lanciata alla politica e al mondo degli adulti?

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BOLOGNA – C’è chi protesta contro le regole (mascherina, distanziamento, coprifuoco…), e fa molto rumore; e c’è chi protesta perchè vorrebbe il rispetto della ‘regola’: ad una certa età, si va a scuola, ma di rumore non ne quasi per nulla. In questi ultimi giorni, in cui il Covid inizia a far la voce grossa facendo capire che lui no, non sta scherzando (mentre noi, abituati, viziati da alcuni automatismi della nostra società, stiamo scherzando col fuoco), colpisce il modo in cui alcuni studenti delle superiori hanno cercato di mandare segnali al mondo dei ‘grandi’.

A Bologna, il giorno dopo l”ordine’ di ritorno alla didattica a distanza si sono seduti sotto le finestre della Regione e non per additarla di colpe, ingiustizie o mancanze, ma perchè -parole loro- “ci pare l’ente più vicino allo Stato centrale e un possibile alleato nella lotta per un’educazione funzionale alle esigenze degli studenti”. Interessante, in epoca di sfiducia nelle istituzioni… Hanno tirato fuori i libri dagli zaini alzandoli al cielo dicendo: “Scuola, aule, studenti, professori, non possono essere sostituiti da schermi”. Quando abbiamo scritto che il loro era un ‘composto, sincero e fermo dissenso’, chi ha letto ha risposto con un sorriso pietoso. Poi, il bis: ecco una classe di un liceo classico che porta libri e computer e crea un’aula a cielo aperto dove ognuno segue la lezione in Dad. È curioso che avvenga davanti all’ingresso delle aule ora ‘negate’, quelle della Fiera di Bologna allestite a tempo di record in estate per dare nuove classi e garantire le lezioni in sicurezza e ora fruibili solo un giorno (1) a settimana dalle varie classi. Eppure, erano un modello della risposta all’altezza della sfida educativa ai tempi del Covid.

E così mentre i docenti postano sui social le immagini delle aule vuote da cui fanno lezione con il pc sulla cattedra, i ragazzi sono lì fuori a… studiare. Interessante anche questo. Sono i nativi digitali, ma si battono per una relazione vera, vitale si direbbe. Perfino con i loro prof. “Una volta si protestava per non andare a scuola, oggi per andarci”, diceva un politico osservando questi ragazzi. Ma c’è di più. C’è anche il modo in cui lo stanno facendo. D’autunno di solito era un fiorire di cortei e occupazioni studentesche spesso general-generiche, ora i ragazzi manifestano ‘stando al punto’. Non serve sfasciare vetrine, fanno vedere cosa è essenziale: avere una scuola, avere un prof che gli sta davanti, dal vivo e dal vero. Perchè, forse, sanno troppo bene che a casa sarebbe fin troppo facile ‘barare’, per usare un eufemismo. E’ troppo perfino per loro. E allora, grazie per un composto, sincero e fermo dissenso. Pochi, ma buoni.

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