La mamma coraggio Sveva: “Io sola davanti al giudice. Così ho riavuto mio figlio”
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Silvia Mari
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06/10/2020
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s.mari@agenziadire.com
Sveva ha appena accompagnato suo figlio a scuola la mattina in cui alla Dire racconta la fine dell’incubo
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ROMA – “Oggi è il primo giorno di terza elementare”. Sveva ha appena accompagnato suo figlio a scuola la mattina in cui alla Dire racconta la fine dell’incubo. E’ presa dalle incombenze domestiche, dal pranzo e dalla cena che dovrà preparare. E’ una festa da quando suo figlio è tornato a casa da San Nicolò, la casa famiglia dove è stato 3 anni.
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“Vostro onore io non sono qui per minacciare o intimidire, la mia battaglia è per avere mio figlio a casa”. Queste le parole che Sveva ha rivolto al presidente del Tribunale per i minorenni di Bolzano, Benno Baumgartner, perché si è presentata da sola, senza avvocato, davanti al giudice, nell’ultima udienza del 18 agosto.
Sveva suo figlio l’aveva “perduto nel 2017, dopo essere andata al pronto soccorso di Bolzano a chiedere aiuto”. E’ l’unico genitore vivente del minore, “verrà ricoverata per scompenso psicologico” e ancora oggi: “Ho il 75% di invalidità per la depressione” racconta, ma “ho imparato a gestirla”. Sveva infatti ha fatto un percorso personale, senza uso di antidepressivi. I servizi sociali hanno sempre relazionato positivamente sull’impegno di questa madre.
“La Corte d’appello ci aveva rimandato al Tribunale per i minorenni per un mancato rientro del bambino in casa famiglia che venne considerato ingiustificato”. La sera contestata Sveva la racconta così: “Quel pomeriggio mio figlio si era confidato con me su un incidente molto grave che l’aveva visto coinvolto in casa famiglia e nessuno lo aveva difeso, né gli aveva creduto. Io sono sua madre, dovevo accudirlo, proteggerlo. Ho fatto il mio dovere di madre, rispettare la legge non vuol dire essere sottomessa e mancare al richiamo d’aiuto dopo un’esternazione così delicata. Si addormentò dopo aver pianto molto. La mattina seguente non c’era scuola, avrei dovuto svegliarlo per prendere un treno. Ho avvisato tutti, avvocato e servizi sociali, anche di San Nicolò”.
E da madre, che non rinnega i suoi problemi, Sveva anche quella mattina ha parlato al giudice, ricordando il suo impegno e ribadendo che non si era pentita di aver chiesto aiuto. “Anche se 3 anni in casa famiglia sono stati troppi”, e nonostante “quel 24 marzo 2020 in cui Sveva e suo figlio vengono separati senza che siano informati di nulla: il bambino ha la febbre, l’avvocata che segue la mamma chiede che il piccolo resti con lei, ma Sveva- aveva raccontato l’avvocato- riceve una telefonata dalla giudice, viene convocata per un’audizione del bambino. Così le viene detto. La signora accetta con fiducia, è collaborativa e invece le portano via il figlio, senza nemmeno interloquire con i servizi sociali e viene portato in comunità, dove peraltro il piccolo sarà sottoposto alla quarantena e messo in isolamento”.
Sveva e’ in un gruppo di mamme che si aiutano, fa la baby sitter gratuitamente, viene sostenuta dagli assistenti sociali. “Ora posso dire- ammette con una felicita’ che arriva immediata a chi l’ascolta- che ce l’ho fatta, ho 50 anni e ho raggiunto un equilibrio dopo un percorso individuale. Io ho la responsabilita’ della mia vita: ‘vi prego di darmi fiducia, come io l’ho data a voi in questi anni‘: questo e’ cio’ che ho detto al giudice facendomi coraggio, con dignita’ ed emotivita’. Penso che lui abbia visto la mia sincerita’. Ho detto ‘controllatemi, mettetemi alla prova’”.
L’assistente sociale che l’ha seguita per Sveva e’ un riferimento fisso, importantissimo. Alle mamme che vivono lo strazio di essere allontanate dai figli, anche per altre ragioni, Sveva lancia un appello: “Una madre deve essere presente, non arrendetevi, sormontate le difficolta’“. Per Sveva, i suoi dolori passati, l’arrivo di suo figlio “e’ stata la possibilita’ di rimediare e salvare me stessa e l’infanzia del mio bambino” ha spiegato. Ma non tralascia le sventure subite nel calvario di questi tre anni: “E’ importante trovare gli interlocutori giusti e onesti. Alle mamme che si mobilitano in ogni parte d’Italia dico di rivolgersi alla stampa, non vergognarsi, rendere pubbliche le proprie storie. Dovremmo un giorno vederci tutte, magari a Palazzo Chigi”. Non perde di vista il problema generale infatti questa mamma, ma intanto si riprende la sua vita: la sveglia la mattina presto, le biciclette per andare a scuola, i due cani e suo figlio finalmente a casa. Vederlo dormire nel suo letto e’ la vita che Sveva e’ riuscita a riprendersi. E’ la vittoria di un figlio e di una madre.
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