“La porta dell’inferno” è sempre più grande: scienziati lanciano allarme per il cratere di Batagaika in Siberia

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Le popolazioni indigene lo chiamano la “porta dell’inferno” per via dei rumori che proverrebbero dal sottosuolo. In realtà il cratere di Batagaika, in Siberia, è un ”cratere termocarsico” che, secondo gli scienziati, sta diventando sempre più grande e profondo, a causa di un ulteriore scongelamento del permafrost e rilevando carcasse di animali e di foreste antiche. Tutto a causa dei cambiamenti climatici.

Situato vicino al bacino del fiume Yana a circa 660 chilometri a nord-est della città di Yakutsk, il cratere Batagaika o è il più grande del suo genere e, ad oggi, misura già 1 km di lunghezza e 50 m di profondità.

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Si sta di fatto rapidamente scongelando, il che significa che il già ampio spazio sta divenendo sempre più grande a un ritmo allarmante e potrebbe inghiottire letteralmente gli insediamenti vicini.

La tundra siberiana ospita molti di quelli che vengono definiti “megaslump” (ne sono stati individuati parecchi negli ultimi decenni), ma il cratere Batagaika è tra i più preoccupanti.

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I sensori che monitorano la crescita del cratere, infatti, avvertono che si sta allargando di circa 20-30 metri all’anno, mentre il suo ghiaccio si scioglie e si dissolve nell’acqua che scorre via. Sotto la superficie, gas e depositi minerali intrappolati sotto il ghiaccio per migliaia di anni vengono improvvisamente esposti di nuovo.

Perché tutto ciò? I cambiamenti climatici, manco a dirlo, stanno accelerando questo processo, esponendo gas e depositi minerali che erano stati intrappolati sotto il ghiaccio per migliaia di anni e rilasciandoli nell’atmosfera.

Kseniia Ashastina, del Max Planck Institute scientifico tedesco, ha detto alla BBC: “Il ghiaccio si trasforma in acqua, che evapora o si scioglie e scorre via, mentre i sedimenti residui non sono più tenuti insieme dal ghiaccio. Ciò si traduce in una superficie irregolare del paesaggio, a causa del contenuto di ghiaccio variabile dei sedimenti”.

cratere siberia

©NASA

Secondo il professore di geologia Julian Murton, dell’Università del Sussex, il problema è iniziato negli anni ’50 e ’60.

Il problema con Batagaika – dice – è che nonostante sia sopravvissuto a episodi multipli di riscaldamento in passato, dove il riscaldamento è stato naturale – negli ultimi 50 o 60 anni i disturbi umani hanno destabilizzato questo antico permafrost”.

Gli scienziati continuano a monitorare il sito, alla ricerca di segnali di pericolo e allo stesso tempo esplorando il permafrost in dissoluzione per capire di più sul passato, con ogni strato che rivela in pratica una diversa istantanea nel tempo.

Secondo Murton, seguendo le indagini sull’età degli strati inferiori del permafrost, il cratere potrebbe avere circa 650mila anni, rendendolo il più antico del suo genere in Eurasia e il secondo più antico al mondo.

Tuttavia, tutto ciò è davvero allarmante. Gli incendi boschivi delle ultime tre estati hanno distrutto milioni di ettari in tutta la Siberia, coprendo la terra di fuliggine scura e carbone che assorbono il calore e accelerano lo scioglimento.

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L’intensificazione degli incendi di quest’anno è stata una vera e propria ondata di calore che ha infuocato la Siberia. Per dirne una, il 20 giugno scorso, la città di Verkhoyansk, a soli 75 chilometri dal Batagaika e uno dei luoghi abitati più freddi della Terra, ha raggiunto i 38° C, la temperatura più calda mai registrata nell’Artico.

Lo stesso Artico, secondo quanto si legge su Sciencemag, potrebbe aver già raggiunto un punto di non ritorno: sulla base delle osservazioni condotte in 100 aree, il permafrost settentrionale ha rilasciato in media circa 600 milioni di tonnellate di carbonio in più rispetto alla vegetazione assorbita ogni anno dal 2003 al 2017.

Il caldo da record “sarebbe effettivamente impossibile senza i cambiamenti climatici provocati dall’uomo”, chiosano gli scienziati. E c’è bisogno di tenerlo ben presente una volta per tutte.

Fonti: BBC / Sciencemag

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