La storia di Luisa: “Mio figlio in affido da otto anni, per Ctu io border line. Ma mai fatto test”
- Silvia Mari
- 13/07/2020
- Donne Speciale
- s.mari@agenziadire.com
SPECIALE MAMME CORAGGIO | L'attivista: "Si tratta di un'adozione mascherata" Share on facebook Share on twitter Share on whatsapp Share on email Share on print
ROMA – “Vedo mio figlio ogni 15 giorni per due ore in uno spazio neutro. La settimana che non lo incontro posso chiamarlo, ma in viva voce per 15 minuti al massimo. Ho fatto richiesta per potergli dare la buonanotte, ma mi è stato negato e posso chiamarlo solo alle sei di pomeriggio”. Luisa (nome di fantasia) è una mamma di Trento di 30 anni, che ha promesso a suo figlio – che oggi ha 11 anni e “vive da 8 anni e mezzo con una famiglia affidataria che 3 anni fa si è proposta nel procedimento e ne ha richiesto l’adozione, che poi non è stata accettata” – che lo riporterà a casa. Ricordiamo che l’istituto dell’affido, di norma, è di 24 mesi con possibile proroga. Luisa ha avuto questo figlio a 18 anni e una Ctu “fatta senza test che l’ha considerata border line” le ha strappato suo figlio a 6 mesi. Diagnosi “che tutti gli specialisti successivi hanno sconfessato”, ha ricordato l’avvocata Donatella Bussolati, del Foro di Milano, esperta di diritto minorile e di famiglia e mediatrice familiare che questo caso, come altri simili, ha segnalato alla redazione DireDonne.
“Luisa è una ragazza madre– ha raccontato l’avvocata- partorisce un bimbo che sta benissimo e all’ottavo giorno del ricovero chiede di essere dimessa. Questa richiesta, insieme alla domanda che la giovane mamma fa ‘se si potessero noleggiare le lenzuola per i primi mesi di vita’ e al suo passato, con una mamma fragile e un padre assente, portano a un’indagine da parte del Tribunale dei minorenni e la Ctu- ha spiegato Bussolati- mira a dimostrare che questa mamma sia border line e arriva a sostenerlo senza eseguire gli appositi test. Viene emanato un decreto per inviare Luisa e suo figlio in una comunità mamma-bambino. Qui- ha continuato l’avvocata che ora ha preso la difesa di questa mamma- non si trova bene, ci sono anche mamme tossicodipendenti. E’ preoccupata di questa situazione. Tutte le relazioni dei servizi sociali di Trento sono buone. A Natale vanno a casa dai nonni e tutto procede bene, ma dopo 1 mese- ha raccontato ancora l’avvocata- esce un decreto che la riporta in comunità in attesa dell’affidamento del bambino”.
L’avvocata Bussolati nel parlare del caso di Luisa ha segnalato alcuni ‘conflitti di interesse’ che aleggiano su questa storia: “Il giudice onorario di questo primo decreto è il vicedirettore dello spazio neutro dove Luisa oggi incontra suo figlio, mentre un altro giudice è dirigente in una cooperativa che collabora con l’Ente dove è impiegato il ‘padre affidatario’”. Si arriva così “al secondo decreto che stabilisce l’affido eterofamiliare e gli incontri protetti con la madre che sono gestiti appunto- ha segnalato l’avvocata- da quella cooperativa di cui il giudice onorario è vice direttore e che continua ad oggi a relazionare sul caso”. Luisa ha un compagno da 9 anni, lavora come cameriera eppure la Ctu “ha stabilito che non sa mantenere relazioni stabili. Il bambino è felicissimo con la mamma, le ha dedicato canzoni, vuole bene anche alla famiglia che lo ha in affidamento da anni, ma durante l’ascolto del giudice- ha ricordato l’avvocata- ha detto di voler stare di più con la mamma. Gli è stata persino posta una domanda induttiva: ‘Se gli piacesse di più il cognome che ha, quello della mamma, o quello degli affidatari’. Il bimbo ha risposto: ‘A me piace questo perché è della mia mamma, forse sì anche l’altro, ma non ci avevo mai pensato’”. Ha denunciato l’avvocata: “La famiglia affidataria si comporta come fosse adottiva, non è stato nemmeno comunicato il battesimo alla madre. A ottobre scade l’affido e ancora prima hanno regalato al bimbo un cane di taglia medio grande, creando quindi un legame e ancora una volta senza coinvolgere Luisa. Qualsiasi proposta della mamma viene rifiutata dagli affidatari e non può partecipare alla vita di suo figlio. Abbiamo fatto un’interrogazione parlamentare e un reclamo in Corte d’Appello, ridepositato sia in Appello che in primo grado dal momento che i servizi sociali ancora chiedono il prolungamento dell’affido”.
L’ultima canzone del piccolo per la sua mamma
La canzone di un bambino in affido per la sua mamma from Agenzia DIRE on Vimeo.
Parliamo di una mamma che durante il covid non ha potuto abbracciare suo figlio, perché di 2 nuclei familiari diversi. “E’ stato sgridato- ha raccontato Luisa- perché mi dava la mano”. Questa mamma si è sottoposta ad altre perizie: “Sette specialisti dicono che quella Ctu – che le ha tolto la responsabilità genitoriale – è allucinante, eppure nessuno ha contestato la perizia di 12 anni fa, fatta con pochi incontri e senza test. Uno di questi specialisti- ha puntualizzato l’avvocata- è Ctu del Tribunale”.
“I servizi sociali- ha raccontato invece Luisa- mi dicono che non sono ancora pronta per riavere mio figlio, ma non c’è nessun progetto. Gli affidatari si fanno chiamare mamma e papà e mi hanno estromesso da tutto. Mio figlio mi chiama mamma, è molto legato a me e l’affidataria gli ha detto che quando è con loro deve chiamare mamma lei”. Da mamma, Luisa non vorrebbe mai procurare traumi o dolori a suo figlio: “Lui ha chiesto di voler tornare da me, è stato sentito dal Tribunale ed è stato audito durante l’anno e mezzo in cui hanno sospeso le visite perché avevo deciso di andarlo a vedere alla recita di Natale a scuola e sono dovuta andar via perché avrebbero chiamato i Carabinieri. Gli ho detto che se torna da me certamente vedrebbe la famiglia affidataria, sono una mamma, un’adulta e so che vengono prima le esigenze dei bambini”.
Come spiega che le sia stato tolto suo figlio per 8 anni? “Ancora adesso non riesco a capire- ha ammesso amareggiata- dicevano che non ero in grado di crescerlo e invece la pediatra e il servizio sociale allora dicevano che andava bene. Poi tutto è cambiato con quella Ctu”.
“L’ultima udienza è stata il 9 giugno. Chiedo di far tornare gradualmente il bambino a casa- ha detto sua mamma- per non creare ulteriore trauma e non posso farlo dall’oggi al domani. Mio figlio porta il mio cognome, se non è passata l’adozione perché del resto non l’ho mai abbandonato, come mai siamo messi ancora così dopo anni? Mio figlio è un bambino che trasmette molto amore, ma difficilmente può scrivere lettere perché gli affidatari, che non hanno altri figli, sono gelosi”. Però una lettera per un Natale Luisa ce l’ha, la custodisce con cura e l’ha mostrata alla redazione, così come l’ultima canzone che le ha dedicato (video sopra).
“Ho saputo della storia di Luisa circa 7 anni fa quando ero in Consiglio comunale di Trento” racconta poi a DireDonne Gabriella Maffioletti, attivista, da sempre dedita al sociale e delegata regionale di Adiantum. Durissimo il giudizio che ha maturato nel suo operato sui servizi sociali: “Sono anche presidente dell’associazione degli utenti inquilini edilizia sociale e so che quando si passa attraverso il vaglio del servizio sociale inizia un calvario, un meccanismo diabolico da cui non si esce più. Se chiedi una risorsa sociale e hai figli vieni strettamente monitorato con pregiudizio anche se non ci sono pregressi di alcun tipo”.
Nel caso di Luisa il pregiudizio secondo Maffioletti è stato “essere una ragazza madre giovane e l’hanno classificata border line perché ha voluto tenacemente diventare mamma, quando l’hanno dimessa hanno parlato di ‘dimissioni precoci’ dopo 8 giorni e da lì in poi si è arrivati ad una Ctu molto pesante. E’ stata vista da altri professionisti che hanno smontato questa tesi, ha un compagno fisso da 9 anni, un appartamento di proprietà, ha il lavoro”. Ma Gabriella Maffioletti, a partire da questo caso, ha denunciato: “E’ in atto un disegno di disgregazione della famiglia, e il mondo dei servizi sociali invece di dare supporto alle famiglie spesso amplifica le fragilità, giudicando i genitori non idonei”. E sul caso specifico di Luisa ha precisato: “C’era un disegno sulla famiglia affidataria. Vede il figlio due volte al mese per quattro ore totali e mettono le visite negli orari di lavoro. Basta pensare- ha spiegato- che il ’rapimento’ del piccolo è avvenuto con il ‘gioco del nascondino’ che un’assistente sociale aveva suggerito alla giovane mamma lasciando un trauma al bambino e alla stessa Luisa un rimorso di coscienza. Siamo di fronte a una mamma procreatrice di un bambino sano che è stato di fatto adottato da questo nucleo senza figli, dove i due si sono fatti chiamare papà e mamma e prendono 700 euro al mese come affidatari”.
L’impegno di Maffioletti andrà avanti su questo fronte anche in vista della prossima candidatura alle comunali: “Il servizio sociale deve essere riformato perché rappresenta gli occhi dei magistrati, pertanto è essenziale garantire trasparenza, competenza e imparzialità. Ritengo necessario inserire una supervisione costante e protocolli con i Tribunali che obblighino i servizi sociali a presentare ai giudici progetti strutturati con azioni, strumenti e obiettivi chiari e partecipati con i genitori. In questa storia abbiamo di fronte un’adozione mascherata in cui manca un progetto sociale su Luisa. Come mai i servizi sociali non hanno mai relazionato sulla canzone scritta dal piccolo? Luisa sotto il Covid è stata condannata a pagare le spese in giudizio per aver chiesto di vedere figlio e- ha aggiunto Maffioletti- ho fatto una raccolta fondi per arrivare a 1.800 euro. Tengo a precisare che l’avvocato della cooperativa che gestisce lo spazio neutro è anche il procuratore del bambino”. E’ una “mamma con il cuore crepato” così l’ha definita l’attivista Maffioletti pensando alle tante che sono nelle sue stesse condizioni.
“Vogliono sostituirsi a me, pensavano mi sarei arresa- ha detto infine Luisa che non ha nella voce nemmeno la lontana inflessione di chi perderà la speranza- ma io sono sua madre, gli ho promesso che farò il possibile per riportarlo a casa e loro si devono arrendere. Una famiglia affidataria è una famiglia che accompagna i genitori biologici, loro invece si fanno chiamare mamma e papà”.
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