L’aria aperta come alleata per un diverso ritorno in classe
Lezioni nei parchi, strade pedonali o cortili. Il protocollo spagnolo stilato da pedagogisti ed epidemiologi per un ritorno a scuola in sicurezza (che ci auguriamo che il comitato tecnico scientifico e il ministero dell’Istruzione leggano)
Anche in Spagna, dopo l’emergenza Covid-19, si sta pensando e lavorando ad un modello di scuola diverso. Un tipo di istruzione che molti educatori, ma anche tanti genitori, sognano da tempo: una scuola all’aria aperta e nel verde in cui bambini e ragazzi possano imparare e crescere anche grazie al contatto con la natura.
La diffusione del coronavirus ha costretto, un po’ in tutta Europa e nel mondo, a chiudere le scuole ma ora che è tempo di riaprire (c’è chi l’ha già fatto mentre la scuola italiana riprenderà, salvo imprevisti, a settembre) è anche l’occasione giusta di cambiare, un po’ perché lo richiede la situazione (bisogna garantire il massimo della sicurezza) un po’ perché è da tempo che il modello educativo delle nostre scuole andrebbe un po’ “svecchiato”.
Quello sta emergendo in diversi paesi è la voglia di riaprire sfruttando maggiormente gli spazi esterni, che siano cortili, giardini o meglio ancora prati e boschi. In Italia già abbiamo il bellissimo esempio dell’asilo nel bosco, che da qualche tempo è diventato anche un esperienza di “outdoor education” per bambini di elementari e medie.
In Spagna, un’associazione per l’educazione nel verde, la Asociación Nacional de Educación en la Naturaleza (EDNA) ha ideato un protocollo che di fatto è una proposta concreta per adattare i centri educativi convenzionali alla nuova realtà post-covid.
La proposta dell’associazione spagnola ha ottenuto in pochi giorni oltre 3.000 riconoscimenti, tra cui quello del pedagogo italiano Francesco Tonucci, dell’educatore ambientale Richard Louve, dell’organizzazione ambientale Greenpeace e dell’Associazione spagnola per l’educazione ambientale.
Il protocollo che ha progettato l’EDNA si basa su 3 punti fondamentali: è stato preparato sulla base di prove scientifiche, si serve di una conoscenza approfondita del settore “outdoor education” e delle raccomandazioni ufficiali delle autorità competenti sulla limitazione dei contagi da coronavirus.
Cosa propone in pratica? Si suggerisce di convertire gli spazi esterni in alleati del processo educativo. Per realizzare la sua proposta sarebbe necessario creare gruppi di circa 15 studenti con uno o due adulti di riferimento in base all’età. Devono essere sempre gli stessi insegnanti e gli stessi studenti, che interagiscono normalmente, ma senza interazione fisica con altri gruppi.
“In caso di contagio, non devi chiudere l’intera scuola, ma rimarrà a casa solo quel gruppo; in ogni gruppo non è necessario mantenere una distanza di sicurezza, è come se vivessero insieme” ha spiegato spiega Bibiana Marful, membro del consiglio dell’associazione EDNA a El Paìs.
Gli epidemiologi approvano questa proposta, avvertono dei rischi che presentano gli spazi chiusi ed evidenziano i molteplici benefici per la salute e lo sviluppo cognitivo che deriva dal contatto con la natura. Jordi Sunyer, capo del gruppo infanzia e ambiente presso l’Istituto di salute globale di Barcellona, ritiene che le lezioni all’esterno e la natura possano essere la chiave per la ripresa della scuola.
“La trasmissione del virus diminuisce all’aperto, ci sono fino a 19 volte in meno possibilità di contagio all’aperto. La proposta dei gruppi è eccellente, e ci sono molte prove che i bambini che trascorrono più tempo all’aperto hanno un migliore sviluppo cognitivo e una migliore salute mentale”
La proposta sostanzialmente vuol combinare insieme formazione in aula, strumenti digitali e lezioni all’aperto, trasformando l’ambiente o la città in un alleato educativo.
“Invece di cercare spazi all’interno dell’edificio stesso o di abilitare le classi anche negli scabuzzini, possiamo far ricorso alla campagna, al parco, ecc … Lo spazio esiste già, devi solo adattarlo come hanno fatto nei Paesi Bassi o in Danimarca. L’aria aperta consente anche opportunità di apprendimento attraverso sperimentazione, esplorazione ed esperienza diretta”, spiega Katia Hueso, una delle pioniere delle scuole forestali in Spagna e fondatrice della scuola Saltamontes quasi un decennio fa.
Sarebbe necessario progettare un programma in modo che ogni gruppo abbia il suo spazio, evitando che si incontri con altri e questo si può fare utilizzando biblioteche, musei, giardini, parchi, strade pedonali o cortili di edifici istituzionali.
Naturalmente il protocollo segnala anche una serie di norme igieniche utili ad evitare i contagi, come la buona abitudine di lavarsi frequentemente le mani ma, vista l’attività all’aperto, non è necessario né per studenti né per gli educatori indossare la mascherina. Vi sono però tutta una serie di buone regole che dovrebbero rispettare gli educatori, gli studenti e i genitori. Potete leggere tutto il protocollo qui.
Siamo molto lontani dall’immagine dei bambini in Francia che giocano confinati nei loro spazi e di altre proposte simili che, purtroppo, iniziano a circolare anche nel nostro paese.
In Italia, ci auguriamo che la direzione che prenderà la scuola sia quella di dare la possibilità sempre più spesso a bambini e ragazzi di vivere, fare esperienze ed imparare all’aria aperta.
Fonti di riferimento: Associazione EDNA / El Paìs
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