Le borracce di alluminio e acciaio rilasciano tracce di metalli e ftalati. Il nuovo studio

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Stiamo cercando di limitare il più possibile l’utilizzo di bottigliette in plastica sostituendole con borracce, realizzate il più delle volte in alluminio o acciaio. Ora un nuovo studio de La Sapienza di Roma, però, fa sapere che questi strumenti rilasciano metalli, bisfenolo A e ftalati ai limiti di legge.

La nuova ricerca, opera del Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dell’Università La Sapienza di Roma e commissionata da Fondazione Acqua, è stata effettuata con l’intento di valutare la possibile cessione di metalli, semimetalli, non metalli, ftalati e Bisfenolo A da borracce commerciali utilizzate per la conservazione di acqua destinata al consumo umano durante una simulazione di condizioni d’uso.

E’ il primo studio del suo genere. Fino ad ora, infatti, gli studi avevano prevalentemente esaminato il rischio biologico associato all’uso delle borracce ma non la cessione di sostanze da parte delle stesse.

Ad essere prese a campione sono state 20 tipologie di borracce differenti presenti nei negozi o acquistabili online. Le borracce da sottoporre alle prove di cessione sono state identificate mediante un’indagine di mercato condotta a settembre 2019 a Roma nei principali negozi di materiale per la casa, di materiale sportivo e nei maggiori centri commerciali oltre che sul mercato elettronico.

Sono stati così individuati prodotti di differente capienza (da 350 a 1000 mL), realizzati in differenti materiali (acciaio inox, alluminio anche riciclato, materiali plastici e silicone) e destinati alla popolazione adulta o ai bambini.

Dopo aver scelto e acquistato le borracce (2 per ogni tipologia al fine di effettuare tutte le prove analitiche in duplicato) è stata valutata la cessione di 40 elementi inorganici: metalli, semimetalli, non metalli e di 7 composti organici (6 ftalati e Bisfenolo A).

Non vengono segnalate però le marche acquistate per lo studio.

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© La Sapienza

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© La Sapienza

Grazie agli oltre 24mila risultati analitici ottenuti e alla simulazione d’uso che ha previsto l’utilizzo di un’acqua demineralizzata, gli esperti sono riusciti a valutare la cessione di sostanze di ogni singola borraccia. Come si legge nello studio:

“La valutazione delle cessioni è stata effettuata simulando un utilizzo reale della durata complessiva di 28 giorni; per la simulazione è stata utilizzata acqua demineralizzata per osmosi inversa (acqua test) al fine di ottenere risultati riproducibili anche in altri laboratori ed evitare le possibili interferenze dovute all’utilizzo di acqua ‘di rubinetto’, diversa da zona a zona e con un livello di contenuto minerale molto variabile”.

L’analisi è stata effettuata riproducendo le più comuni modalità di utilizzo delle borracce per acqua. In particolare, sono state considerate sia la fase di risciacquo che quella di riempimento e consumo durante le prime ore dal riempimento, dopo 5 ore (mattina a scuola), dopo 8 ore (giornata lavorativa) e quindi per utilizzi successivi.

Inoltre, prima dell’inizio delle prove, ciascuna delle due borracce di ogni tipologia è stata risciacquata 5 volte con acqua test, sgocciolata e quindi riempita nuovamente. In questo modo si evitava la potenziale interferenza di elementi e composti chimici comunemente presenti nelle acque potabili (in concentrazione variabile anche tra un giorno e il successivo) e le differenze dovute ai diversi livelli di elementi e composti chimici presenti nelle acque potabili di differenti aree geografiche.

Si è visto così che, le borracce in plastica non rilasciavano composti organici ma tutte le borracce testate cedevano invece elementi inorganici, quindi metalli, in modo variabile a seconda della tipologia.

Spesso sono state notate cessioni multielemento di alluminio, cromo, piombo, nichel, manganese, rame, cobalto, ecc. ma, precisano gli studiosi, sempre entro i limiti di legge. Il problema, però, esiste lo stesso in quanto questi metalli potrebbero essere presenti anche nell’acqua che beviamo o in alcuni cibi e dunque si andrebbero a sommare tra loro oltrepassando i livelli considerati sicuri per la salute.

Nelle seguenti tabelle sono riportati i dati riassuntivi per ciascun elemento ricercato, ottenuti complessivamente sulle 20 tipologie di borracce.

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© La Sapienza

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© La Sapienza

Il LOD, limite di determinazione, rappresenta il valore al di sotto del quale non è possibile esprimere un risultato numerico. Per il parametro Alluminio ben il 91% delle analisi ha dato complessivamente livelli misurabili di questo elemento per le borracce in metallo.

Nelle seguenti tabelle potete vedere i livelli medi di alcuni elementi inorganici testati per ciascuna tipologia di borraccia in relazione al LOD, rappresentato dalla retta rossa.

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© La Sapienza

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© La Sapienza

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© La Sapienza

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© La Sapienza

Come scrivono i ricercatori:

“In sintesi, Alluminio è ceduto da tutte le borracce metalliche; Antimonio, Bario, Boro, Cadmio, Cobalto, Gallio, Molibdeno, Nichel, Rubidio, Stagno, Stronzio sono ceduti solo da alcune tipologie di borracce; Berillio, Bismuto, Calcio, Cerio, Cromo, Ferro, Fosforo, Lantanio, Litio, Magnesio, Manganese, Potassio, Rame, Silicio, Sodio, Piombo, Titanio, Vanadio e Zinco sono ceduti da pressoché tutte le tipologie di borracce; Cesio, Niobio, Tellurio, Zirconio non sono ceduti da nessuna tipologia di borraccia”.

Come potete vedere confrontando le tabelle e i numeri relativi alle differenti borracce, l’unica borraccia in acciaio presa a campione risulta rilasciare maggiormente nichel e cobalto quindi magari è sconsigliata soprattutto a chi è allergico a queste due sostanze. Può essere una buona soluzione, invece, per chi vuole evitare l’alluminio dato che non ne rilascia quasi per niente.

Da cosa dipende la cessione di queste sostanze da parte delle borracce? Come hanno fatto sapere dal Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dell’Università La Sapienza di Roma:

“la variabilità riscontrata nella cessione di elementi chimici è con tutta probabilità da attribuire sia alla qualità del materiale di fabbricazione che alle modalità di lavorazione. La presenza di metalli estranei quali Cromo, Bismuto, Manganese, Bario, Rame, Zinco, ecc. nelle cessioni di borracce in Alluminio fanno supporre che il materiale di fabbricazione possa derivare anche da processi di recupero/riciclo, elementi critici se condotti senza le dovute attenzioni necessarie per garantire la conformità a quanto previsto dalla normativa vigente sui materiali destinati al contatto con alimenti (cosiddetti MOCA)”.

Nella seguente tabella sono riportati invece i risultati ottenuti per i composti organici ricercati.

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© La Sapienza

Come già detto, le borracce in materiale plastico e in silicone non hanno mostrato cessione di ftalati e Bisfenolo A.

Lo studio fa emergere poi un altro problema, il fatto che alcune borracce analizzate non sono pienamente conformi ai Regolamenti CE e alle norme nazionali sui MOCA (Materiali e Oggetti a Contatto con Alimenti). L’acqua infatti è considerata un alimento a tutti gli effetti, e dunque gli strumenti per la sua conservazione devono rispettare alcune caratteristiche in modo da non fargli perdere le caratteristiche organolettiche, mantenendo allo stesso tempo il massimo della sicurezza igienico-sanitaria.

Alcune borracce prese a campione non avevano il simbolo previsto, le indicazioni di impiego e altri elementi che, per legge, devono invece esserci per poterle immettere sul mercato.

Della possibile pericolosità delle borracce in alluminio (e di altri oggetti realizzati con questo materiale) si è già parlato e non ci stupisce più di tanto, diverso il discorso per quelle in acciaio. Aspettiamo nuovi studi che confermino, magari con un più ampio campione di borracce di questo materiale, il rilascio di metalli e altre sostanze.

E pensare che, proprio La Sapienza, ha vietato la plastica distribuendo agli studenti borracce fatte di metallo.

La Sapienza vieta la plastica: distribuite borracce di metallo agli studenti

Fonti di riferimento: Studio Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive La Sapienza / Adnkronos

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