L’eterna battaglia per impedire a Nestlé di prosciugare i fiumi americani per vendere acqua in bottiglie di plastica
L’attività estrattiva di Nestlé sta impoverendo i fiumi e gli ecosistemi per prelevare acqua da rivendere in bottiglie di plastica
In California, in una foresta nazionale a due ore a est di Los Angeles, una rete di limpidi corsi d’acqua corre lungo il fianco di una ripida montagna rocciosa.
Tra questi, il letto del torrente Strawberry Creek è asciutto, e le sorgenti da cui un tempo sgorgava acqua ora sono ridotte a piccoli rivoli. Strawberry Creek è l’emblema delle intense e complesse lotte che si svolgono in America tra Nestlé, ambientalisti e funzionari governativi in un’eterna battaglia sul controllo dell’acqua.
L’anno scorso infatti Nestlé ha sottratto 45 milioni di litri di acqua dalle sorgenti incontaminate di questo torrente, per imbottigliarla e rivenderla con l’etichetta Arrowhead Water, ricavando profitti per oltre 7 miliardi di dollari.
Sembra che la multinazionale svizzera abbia pagato il servizio forestale statunitense per non dover dichiarare le proprie attività, che oggi hanno alterato lo stato del torrente: l’estrazione di acqua sta infatti prosciugando le risorse idriche di superficie e sta pesantemente alterando l’ecosistema.
Lo stato sta indagando per determinare se l’attività di estrazione di Nestlè sia avvenuta in modo legale o meno e già nel 2017 ha intimato alla multinazionale di “cessare immediatamente qualsiasi diversione non autorizzata”.
Nonostante questo, l’anno successivo il servizio forestale ha approvato un nuovo permesso valido per altri cinque anni che consente a Nestlé di continuare a utilizzare i terreni federali per estrarre acqua.
Nestlé, che possiede 51 marchi tra cui Ice Mountain, Poland Spring e Zephyrhills, afferma di lavorare responsabilmente, preservando le risorse idriche americane da cui attinge in modo sostenibile.
La multinazionale inoltre insiste sul fatto che l’azienda abbia ottenuto in modo regolare le autorizzazioni per estrarre acqua da Strawberry Creek quando ha acquistato Arrowhead.
Chi si oppone alle attività estrattive di Nestlè vede una realtà ben diversa: la società è vista infatti come una compagnia predatoria che si rivolge a comunità in difficoltà promettendo lavoro e altri benefici per conquistare i funzionari delle piccole città. In questo modo ottiene i permessi per estrarre acqua da sorgenti preziose, come è accaduto per il torrente Strawberry Creek.
La battaglia con Nestlé non è recente e non riguarda solo il caso del torrente Strawberry Creek.
Secondo la Food and Water Watch, Nestlé ha donato ben 634.000 dollari ai politici del Maine tra il 2001 e il 2012, e ha inoltre effettuato donazioni ai boy scout, acquistato attrezzature per la squadra di sci e sponsorizzato fiere ed eventi. In una recente sfida legale che ha coinvolto la multinazionale, i giudici del Maine hanno confermato un accordo che consente a Nestlé di prelevare 75 milioni di galloni all’anno da un pozzo di Fryeburg per 45 anni.
Nel Michigan, dove l’azienda pompa 1.100 galloni di acqua al minuto attraverso diversi pozzi, Nestlé ha donato nuove ambulanze e fuochi d’artificio per le comunità in difficoltà economiche.
Tornando al caso del torrente Strawberry Creek, la decisione di rinnovare i permessi di estrazione a Nestlé fa riferimento a un ordine esecutivo di Trump del 2017 che richiede alle agenzie federali di “garantire che i diritti di proprietà privata degli utenti dell’acqua non siano gravati quando tentano di ottenere permessi per operare su terreni pubblici”.
Gary Earney, ex leader del Servizio Forestale, si è occupato dei permessi per l’acqua rilasciati a Nestlé tra il 1984 e il 2007 e oggi è uno dei maggiori critici a tali autorizzazioni.
Durante quel periodo, Earney fu testimone di tagli devastanti al budget del Servizio Forestale che rese impossibile il monitoraggio delle attività di Nestlé o la corretta gestione della foresta.
Nestlè ha dunque fondato un’associazione senza scopo di lucro con la quale finanziava progetti per il Servizio Forestale, ufficialmente per aiutare i funzionari in difficoltà economiche.
Earney ha dichiarato di essere stato interrogato una volta dall’FBI sui possibili casi di corruzione che avrebbero riguardato Nestlè. La multinazionale, infatti, estraeva acqua pagando cifre irrisorie per i permessi e secondo Earney non ci sono dubbi sul fatto che Nestlé avesse un accordo informale con il servizio forestale.
Il portavoce di Nestlé Alix Dunn ha difeso l’azienda dicendo che la generosità di Nestlé è stata travisata.
Nel frattempo le vendite di acqua negli Stati Uniti continuano a crescere: l’anno scorso in Nord America Nestlé ha venduto acqua in bottiglia per 4,5 miliardi di dollari. Dalla California al Maine, insieme alle vendite crescono anche le preoccupazioni di residenti e ambientalisti riguardo all’impatto ambientale di Nestlé.
Lungo il torrente Strawberry Creek, dove sorgono i pozzi estrattivi di Nestlé, la vegetazione, gli insetti e gli animali selvatici sono diminuti e l’ecosistema di sta impoverendo. Il servizio forestale ha richiesto uno studio di tre anni sull’impatto di Nestlé sulle acque di questo torrente e sull’ambiente circostante, ma è la stessa Nestlè a condurre lo studio, i cui risultati non saranno resi pubblici.
A Fryeburg, le attività dell’azienda hanno prosciugato i pozzi e esaurito la falda acquifera.
Nestlé ha intenzione di estrarre 1,1 milioni di galloni al giorno dalle sorgenti che alimentano il fiume Santa Fe, nella Florida centrale, quattro volte di più rispetto al passato: di conseguenza, la falda acquifera già impoverita si esaurirà.
Nel 2003 un tribunale del Michigan ha stabilito che Nestlé era l’unica responsabile della diminuzione dell’acqua del fiume Dead da cui estreva 400 galloni al minuto. La battaglia legale dopo nove anni, quando Nestlé ha accettato di ridurre drasticamente la quantità di acqua prelevata.
Il caso Dead River ha rappresentato una grande vittoria per gli ambientalisti. Jim Olson, un avvocato che ha combattuto a fianco ai residenti di Evart, ha sottolineato l’importanza delle leggi sull’acqua, che ha definito come “il cardine sull’opportunità o meno di privatizzare l’acqua pubblica”.
Perché oltre all’impatto ambientale, nella battaglia sull’acqua i dibattiti riconducono a una domanda fondamentale: è giusto che l’acqua sia mercificata e venduta dall’industria privata o è un diritto umano fondamentale?
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Tatiana Maselli
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